sabato 14 settembre 2013

ESERCIZIO DI PROSPETTIVA....: riflessioni nella Festa dell'Esaltazione della Santa Croce



O Padre, che hai voluto salvare gli uomini 

con la Croce del Cristo tuo Figlio, 

concedi a noi che abbiamo conosciuto in terra 

il suo mistero di amore, 

di godere in cielo i frutti della sua redenzione. 

(Colletta della Liturgia della Festa dell'Esaltazione della Santa Croce)




A guardare la Croce frontalmente o dall'alto, qualcosa -inevitabilmente- si perde.
Si smarrisce il senso del Suo essere "trampolino di lancio" verso il Cielo, verso la Gloria, verso la Risurrezione.
Ricorrere alla classica visuale prospettica non permette di percepire immediatamente il significato teologico, spirituale, escatologico -ed in una sua parola reale, totale- di questo Segno Santo che noi adoriamo.

Se ci poniamo "sopra" la Croce, facciamo del Cristo Crocifisso un Uomo affossato, che scende a strapiombo verso il basso, trascinato dallo stesso Legno. 
Trasformiamo Dio in un...fallito.

Se ci mettiamo "davanti" al Crocifisso scopriamo soltanto un Uomo inchiodato, attaccato a due Assi di Legno. 
Rendiamo Dio un... impotente.

San Paolo -nella lettera ai Colossesi- redige invece una mirabile sintesi di quello che la Croce "è", in quanto strumento che Dio stesso ha scelto e che il Figlio ha reso non diffusore di morte, ma di Vita:

"Con lui infatti siete stati sepolti insieme nel battesimo, in lui anche siete stati insieme risuscitati per la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti. 
Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti per i vostri peccati e per l'incirconcisione della vostra carne, perdonandoci tutti i peccati, annullando il documento scritto del nostro debito, le cui condizioni ci erano sfavorevoli. 
Egli lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce; avendo privato della loro forza i Principati e le Potestà ne ha fatto pubblico spettacolo dietro al corteo trionfale di Cristo" (Col 2,12-15)

Quello che è stato "attaccato" alla Croce perché fosse distrutto è il peccato che fa morire l'uomo, come sempre San Paolo afferma, chiamandolo "il pungiglione della morte" (1Cor 15,56) , la causa dell' "inimicizia" (Ef 2,16) tra Dio e l'uomo.
La riconciliazione ci viene da questo "lasciarsi" inchiodare di Cristo, che uccide così il peccato che aveva allontanato l'uomo dal suo Creatore.

La Croce non è neanche "affossamento" di Dio: al contrario, è quell'umiltà che, come canta Maria nel Magnificat, è la virtù che fa sì che proprio il Padre innalzi l'essere umano che se ne riveste e che, con San Paolo, consideriamo come il segno dell'amore più forte tra Padre e Figlio: l'obbedienza, da cui scaturisce l'esaltazione del Verbo, la Gloria del Figlio (cfr Lc 1, 48; 52  -  Fil 2,5-11).

Cambiamo allora prospettiva: poniamoci sotto la Croce, guardiamola dal basso!
Vedremo non più un Uomo inchiodato o affossato, bensì un Uomo con una gamba quasi accavallata sull'altra come in chi ha già dato al corpo uno slancio per SPICCARE IL VOLO e le braccia spalancate, esattamente come fa, per moto istintivo, chi sta balzando in alto.
Questa immagine richiama allora il librarsi nell'aria, verso l'ALTO e rimanda a quella Gloria che il Figlio ritrova in Paradiso, dove ora siede alla destra del Padre (cfr At 2,33).

Una Gloria che attende anche noi, se sapremo porci sempre nell'atteggiamento umile del Figlio, che ha accolto la Croce non "giudicandola" -come spesso invece fa l'uomo- dall'alto di superbia e concezioni umane della giustizia-, ma dal basso, dall'obbedienza di Figlio, dalla fiducia di chi si fida dei disegni provvidenziali nell'economia della Salvezza.

Guardare la Croce dall'Alto vorrebbe dire "giudicare" malamente l'operato di Dio, cercando di farsi "Dio" nella maniera sbagliata.
E' solo l'ottica "del basso" che ci consente di ripristinare la giusta relazione tra l'uomo e il Padre.


Scrive J. Ratzinger-Benedetto XVI in "Escatologia, pag.74":

"L'uomo vole essere uguale a Dio, vuole questo e,infine non ha torto, ma lo vuole nella maniera di Prometeo, ossia arrogandosi da sé l'uguaglianza ccn Dio e impossessandosene con la forza.

Tuttavia l'uomo non è Dio; proclamandosi Dio, egli contraddice alla Verità, per cui questo esperimento si conclude inevitabilmente nel nulla dell'illusione.

Il vero Uomo-Dio si comporta in modo esattamente opposto: egli è Figlio; il che significa che egli è interamente debitore.
In realtà, la Croce non è che l'estrema radicalizzazione del gesto filiale.

Non è dall'atteggiamento di Prometeo, bensì dall'obbedienza sulla croce che nasce la divinità dell'uomo.

L'uomo può diventare 'Dio', ma non autoproclamandosi tale, bensì soltanto facendosi 'figlio".

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