mercoledì 4 ottobre 2017

Aspirare alla santità

SAN FRANCESCO, UOMO DI PACE

Ritratto di Francesco (XIII sec.) presso il Sacro Speco, Subiaco

Pace, creato, creatore. Sono parole legate da un unico filo rosso nella vita di Francesco d'Assisi. Ma è un filo rosso che sembra svolgersi tra le contraddizioni dell'esperienza di questo frate, chiamato a parlare di pace, ma destinato a fare la rivoluzione, prima in famiglia e poi nella Chiesa; chiamato a vivere semplicemente tra le intemperie della natura e nel rigore dell'ascesi, eppure destinato a essere cantore della bellezza e potenza del creato; nato tra le ricchezze, ma deciso a sposare Madonna Povertà.
In tutta la sua esistenza Francesco sperimenta con forza le parole del Cristo vergate dall'evangelista Luca: «Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione» (Lc 12, 51). Parole che in Francesco diventano carne e sangue. Parole reali, vissute intensamente. La risposta alla chiamata divina si fa, nel piccolo mondo del giovane santo, una spada che recide legami e aspirazioni, che capovolge le aspettative degli altri su di lui, ma anche i suoi stessi desideri, convertendoli in bisogni più profondi, attraverso gli eventi della vita.

I SOGNI DI FRANCESCO

Francesco sogna un futuro da uomo d'armi, ma viene catturato nella battaglia di Collestrada (1202) – primo passo verso la conversione saranno le precarie condizioni di salute in cui ritornerà a casa – e poi, qualche anno dopo, proprio mentre è a Spoleto, pronto a diventare crociato, un sogno lo turba, lo inquieta, invitandolo a «servire il padrone invece che il servo». Torna a casa, tra lo sconcerto e il disappunto di chi lo vede rientrare con le pive nel sacco, come si suol dire.
Francesco sogna poi un mondo migliore, più equo, più giusto verso i meno fortunati. Una volta va a Roma per seguire gli affari del padre, Pietro di Bernardone, e invece di riportare a casa il guadagno, dona tutto ai poveri e fa a cambio di vesti con un mendicante... e si mette a chiedere l'elemosina. Il padre non capisce i sogni di questo ragazzo, che mosso dall'amore per il Signore comincia a guardare tutto da altre prospettive. Quando il figlio si mette a riparare con le proprie mani (e i fondi paterni) la chiesetta di San Damiano, Pietro lo denuncia al Vescovo di Assisi quale dilapidatore dei beni di famiglia. Allora ha luogo la ben conosciuta scena della svestizione di Francesco, che consegna tutti i propri vestiti e la propria biancheria al padre, sottolineando la filiazione primaria con Dio e la necessità di avere, quali uniche ricchezze, quelle del Padre celeste. 
Francesco sogna una Chiesa che badi all'essenziale, a ciò che è veramente importante. Per questo sposa Madonna Povertà, per essere ripieno solo delle ricchezze di Dio. Nella visione di Francesco è importante condurre le anime a Dio, condividendo l'esperienza del Cristo che per amore si fece povero. Francesco, nato ricco, cerca di riportare l'essenza della povertà evangelica in un mondo in cui il divario tra ricchi e poveri è immenso e non di rado si percepisce anche nella stessa Chiesa. Francesco si fa mano tesa verso quegli ultimi a cui nessuno pensa più e che sono diventati lo scarto della società, come accade ai lebbrosi. La sua stessa vita diventa una testimonianza che scatena opinioni diverse, ma che costringe a interrogarsi, nel profondo su ciò che vuol dire essere cristiano.
«Francesco apparve in un momento particolarmente difficile per la vita della Chiesa, travagliata da continue crisi provocate dal sorgere di movimenti di riforma ereticali e lotte di natura politica, in cui il papato era allora uno dei massimi protagonisti. In un ambiente corrotto da ecclesiastici indegni e dalle violenze della società feudale, egli non prese alcuna posizione critica, né aspirò al ruolo di riformatore dei costumi morali della Chiesa, ma ad essa si rivolse sempre con animo di figlio devoto e obbediente. Rendendosi interprete di sentimenti diffusi nel suo tempo, prese a predicare la pace, l'uguaglianza fra gli uomini, il distacco dalle ricchezze e la dignità della povertà, l'amore per tutte le creature di Dio e al disopra di ogni cosa, la venuta del regno di Dio» [1]. 
L'impegno per la pace diventa anche ecumenismo, ma non l'ecumenismo delle armi, conosciuto a quei tempi, ma l'ecumenismo dell'amore, dell'annuncio del Vangelo. I francescani diventano missionari, alcuni perdono subito la vita; lo stesso Francesco varcherà i confini dell'Italia.
I sogni di Francesco mettono a soqquadro le basi di partenza della sua vita: cavaliere, figlio di buona famiglia. Egli diventerà sì un grande personaggio, ma non secondo le logiche della storia umana.

Un filo rosso nella vita del santo

Qual è dunque il filo rosso che lega pace, creato, creatura, in Francesco? È l'amore, è Dio stesso, in sintesi. 
«Anche i luoghi sacri alla contemplazione di Francesco, la Verna e Greccio, spaziano su tutta la creazione, sono luoghi dai quali Francesco non guarda soltanto Dio, ma rimane legato anche a tutta l’umanità che sulle pendici del monte o nella vallata lavora. Francesco non si separa mai dagli uomini. Quale rapporto vive con loro? 
C’è una frase sola, […] nel Testamento, ma è così bella che vale la pena di leggerla. Dice il rapporto di Francesco con tutti gli uomini. Egli vive la sua risposta a Dio e nel rispondere a Dio diviene sacramento di amore per tutta quanta l’umanità, egli diviene colui che è mandato. L’intimità con Dio, l’unione con lui non lo distrae dagli uomini, ma anzi lo fa vivere sempre più intensamente in rapporto con tutti. Salutationem mihi Dominus revelavit ut diceremus: Dominus det tibi pacem […]. Dio suggerisce a san Francesco il rapporto che egli deve stabilire con gli altri uomini ed è un rapporto di umile fraternità, un rapporto di amore: il dono della pace, Pax et bonum, il dono di una concordia. La predicazione di Francesco è soprattutto in questa pace che egli porta. Camminando per le strade egli porta l’amore, egli fa presente in mezzo agli uomini il Cristo, la sua pace. Non ha bisogno di tante parole; saluta. Il saluto implica una comunione di amore, è immediatamente una relazione personale che egli stabile con gli altri […]. Che cos’è questa pace? 
Prima di tutto bisogna ricordare che cos’era la società alla quale era stato mandato Francesco, una società divisa, una società in guerra […]. In fondo la guerra è la condizione normale dell’uomo dopo il peccato […]. Non ci sarà la guerra guerreggiata con le armi, ma ci sarà una guerra economica; non ci sarà una guerra economica e ci sarà una guerra culturale; non ci sarà una guerra culturale e ci sarà una guerra religiosa; non ci sarà una guerra religiosa e ci sarà una guerra razziale […]. Ci sono ancora i peccati in questo mondo? E se ci sono i peccati, c’è la guerra […]; la pace è possibile possederla soltanto personalmente, nella misura in cui i singoli si convertono a Dio. Ed ecco perché san Francesco riceve la rivelazione di Dio. Il saluto che egli porta, ed è il saluto cristiano per eccellenza, prima di tutto non può raggiungere che i singoli, le persone. Francesco ha la rivelazione da Dio di donare la pace, di salutare e di donare agli uomini la pace. È nella sua presenza di fatto che gli uomini si convertono; è nella sua presenza che finalmente gli uomini sono richiamati a Dio e il richiamo a Dio, che è la visione di Francesco che passa, porta anche alle singole anime la pace» [2]. 
Francesco consegna ancora questo messaggio agli uomini del nostro tempo. Insegna loro che anche nel piccolo mondo del quotidiano è possibile essere portatori di pace. Con un saluto buono, sorridente, che sia espressione di benevolenza, di solidarietà, di fraternità cristiana. Con un sorriso che faccia vedere all'altro il volto di Cristo. Volto di amore, di bellezza, di pace.

NOTE

[1] Francesco, il giovane spensierato a cui Dio chiese di riparare la Chiesa, in Famiglia cristiana, 4 ottobre 2016.
[2] Divo Barsotti, San Francesco preghiera vivente, San Paolo, 2008, pp. 316-318. 

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