venerdì 11 agosto 2017

Pensieri per lo spirito

I SEMI DA PIANTARE OGNI GIORNO
Perdere la vita per salvarla



Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; 
se invece muore, produce molto frutto. 
 Chi ama la propria vita, la perde 
e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. 
(Gv 12, 24-25)

Chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. 
Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, 
ma perderà la propria vita? 
O che cosa un uomo potrà dare in cambio 
della propria vita? (Mt 16, 25-26)




La liturgia di agosto ci invita a riflettere per due giorni consecutivi sul tema della vita: una vita che può essere persa o guadagnata; amata nel modo giusto o in quello sbagliato; barattata per beni transitori oppure cercata e invocata al posto di ciò che non dura. La parola di Gesù è chiara: non siamo chiamati a essere seme gettato nella spazzatura, scartato come inutile o lasciato seccare all'aria. No, per noi Dio ha pensato ad altro, a essere cioè seme che, nel sacrificio di se stesso una volta interrato, diventa vita, produce frutto, un frutto che sarà, a sua volta, nutrimento ed esistenza per altri. 
L'immagine della sepoltura del seme rimanda a quella della sepoltura nella morte di Cristo che per il cristiano si attua «per mezzo del battesimo», come scrive san Paolo nella sua lettera ai Romani (Rm 6,4). Una sepoltura che implica il rinnegare ogni giorno il peccato per rimanere in quella vita nuova a cui si è stati chiamati, in attesa della personale risurrezione. Ma questa risurrezione si costruisce giorno dopo giorno, attraverso una serie di sepolture nella sepoltura, sepolture feriali che danno senso, vigore al proprio essere immersi nella morte di Cristo, generatrice di vita.
La scelta radicale per il Vangelo – la scelta radicale per Gesù – si manifesta anche in queste "morti quotidiane", sepolture del seme di ogni giorno, affinché proprio ogni giorno si produca frutto, la vita stessa sia vittoriosa e il guadagno parziale del quotidiano si accumuli per un guadagno finale, definitivo, eterno. Se si riuscisse a vivere pensando in questi termini alle rinunce che la vita ci chiede, ai piccoli e grandi sacrifici, ai gesti di amore che a volte ci sottraggono qualcosa, la nostra stessa esistenza cambierebbe. Sentirsi seme che muore è infatti sentirsi seme che vive, che si tramuta in qualcosa di più bello e più utile rispetto al seme stesso, che è solo l'inizio di una lunga avventura, di una catena di generazioni, una staffetta in cui il seme dà vita a frutti, e i frutti ad altri semi, e così in un ciclo lunghissimo, è possibile che la vita continui, bella, piena e... fruttuosa. 
Ogni giorno, dunque, abbiamo tra le nostri mani semi da piantare, mille occasioni dall'aspetto forse dimesso, quasi banale, ma che non vanno sprecate. Sono i semi da interrare, con generosità, in lungo e in largo sul terreno delle nostre 24 ore, sul campo dei incontri che richiedono il nostro tempo e la nostra generosità; nel giardino degli imprevisti e degli inconvenienti che implorano la nostra pazienza; nell'orto della famiglia che invoca attenzione, premura, sensibilità, sopportazione. Non è in gioco solo la nostra vita, ma anche quella degli altri. Solo se riusciremo a intravedere la vita oltre la morte saremo in grado di donare con gioia, nella certezza che il Dio che «ama chi dona con gioia» ricompenserà largamente chi largamente avrà seminato (cfr. 2Cor 9, 6-7), come ha fatto con il Figlio Unigenito, il seme vivente che ha dato la vita per la salvezza del mondo, per la vita di ogni uomo.

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