mercoledì 12 aprile 2017

Pensieri per lo spirito


OPTARE PER LA VERITÀ
Meditazioni per la Settimana Santa


Il Mercoledì Santo ci porta, ancora una volta, sull'annuncio di Gesù circa il tradimento di uno dei Dodici. Ma stavolta siamo invitati a entrare nella scena attraverso gli occhi di Matteo, che usa una prospettiva diversa da quella di Giovanni, e che ci può aiutare a riflettere sulla possibilità che ogni uomo ha di vivere nella menzogna o nella verità.



Carl Bloch, Ultima Cena



IL CONFRONTO CON LA VERITÀ

Il Vangelo del Mercoledì Santo ritorna ancora sulla scena dell'Ultima Cena, e sul tradimento di Giuda, ma ci pone dinanzi all'episodio da una prospettiva leggermente differente rispetto a quella del Martedì. In un certo senso, il Mercoledì i protagonisti sono essenzialmente due: Gesù e Giuda, con un breve intermezzo sui discepoli.
Viene letto l'episodio descritto da Matteo (Mt 26, 14-25), che, a differenza di Giovanni, inquadra il proposito del traditore nell'ambito di una vera e propria compravendita: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?» (Mt 26,15). 
Siamo così messi al corrente dei "dettagli" di questo tradimento, delle sue modalità concrete di attuazione, che in Giovanni non vengono svelate. Matteo evidenzia, in tutta la sua crudezza, la motivazione modana e futile che spinge Giuda ad agire: il denaro. Il dio denaro, che Giuda doveva amare molto, se Giovanni sottolinea, nel suo Vangelo, che era un ladro, e sottraeva dalla cassa quello che vi era dentro (Gv 12,6). 
Giuda sta dunque barattando Cristo. E non si accontenta del tradimento in sé, ma vuole avere qualcosa in cambio, vuole ricavarne qualcosa. La tentazione di un bene materiale è ciò attraverso cui il male si insinua nelle sue azioni, nelle sue parole. E quando, in Matteo, vengono fissate le condizioni dello scambio (le trenta monete d'argento del v. 15), Giuda è ormai pronto a tener fede al suo patto, e cerca di cogliere ogni occasione propizia per consegnare il Cristo ai capi dei sacerdoti (v. 16).
L'atmosfera dell'Ultima Cena di Matteo si tinge di una suspence diversa rispetto a quella di Giovanni. In quest'ultimo viviamo le inquadrature del momento senza conoscere il retroscena della storia, qui invece sappiamo, e fin da subito, quello che ha fatto Giuda, e possiamo leggere l'intera scena con una consapevolezza differente, specie dinanzi all'atteggiamento che proprio il traditore assume nel corso di questo convito.
Stupisce la tracotanza di Giuda, l'uomo che ha già venduto Gesù, nel porre la sua domanda, al pari degli altri, «Sono forse io?» (v. 25). È una sfida, la sua? È solo una copertura? È una totale superficialità, l'indifferenza rispetto all'atmosfera emotiva che si è venuta a creare nella sala della cena?
Non lo sappiamo, ma notiamo quanto sia disarmante la verità di Gesù, che semplicemente risponde: «Tu l'hai detto» (v. 25). 

Un messaggio per l’uomo: mostrarsi per come si è

La parola di Gesù è un richiamo alla coscienza, alla responsabilità personale di ciascuno, alla necessità di non assumere atteggiamenti ipocriti.
Quante volte le nostre parole contraddicono la nostra natura più intima? 
Quante volte pretendiamo di nasconderci davanti a Dio, incuranti del fatto che Egli legga non solo le nostre azioni, ma anche i nostri pensieri e i segreti del cuore (cfr. Sal 44,22)? Quante volte nascondiamo il fatto di barattare Dio per tante cose, coprendoci di una patinatura di religiosità rituale solo esteriore, o costruendoci un Gesù diverso da quello dei Vangeli?
E quante volte anche noi, come Giuda, indossiamo una maschera davanti ai nostri simili, tentando di nasconderci anche ai loro occhi?
La verità si impone, necessaria, nel rapporto con Dio e in quello col prossimo. Svelarsi ci apre ovviamente al rischio di essere contraddetti, criticati e incompresi, ma ci apre anche alla possibilità della correzione, ci offre l'opzione della guarigione dalla nostra cecità. Gesù, con Giuda, fino alla fine assumerà l'atteggiamento disponibile al perdono, dimostrando di essere colui che attende l'uomo con pazienza. E proprio sul luogo del suo arresto rivolgerà al traditore una parola piena di affetto, che manifesterà il desiderio di lasciare aperta la porta della speranza e del perdono anche per lui, se vorrà accogliere questo invito (anche se poi  non lo farà): è la parola amico (Mt 26,30).
Quando Gesù richiama l'uomo alla verità non è per denigrarlo, ma per spingerlo alla conversione; il suo è un gesto d'amore, il gesto di un amico che è stato capace di donare la vita per noi, affinché noi sappiamo fare tesoro di questo dono, per impostare su nuove regole la nostra vita, alla luce della Verità. Il Vangelo è chiaro: possiamo scegliere di essere veri, oppure rimanere nella menzogna, apparentemente più comoda, ma con un potere distruttivo (di noi stessi) senza pari. Solo la Verità, infatti, è vita. Solo Colui che è verità e vita è anche via (Gv 14,6). Seguire Gesù è optare per la verità.

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