venerdì 1 luglio 2016

Spiritualità per il Giubileo



UN CUORE RICCO DI MISERICORDIA /3
Un cuore che "sente"





"SENTIRE" 

Nella lingua spagnola, per dire che si prova un sentimento verso una persona si può usare il verbo sentir (siento que te amo), così come, per esprimere dispiacere per qualcosa, compassione per qualcuno, l'espressione da usare è lo siento mucho. Il sentir spagnolo non ha nulla  a che vedere con il senso dell'udito (a differenza del sentire italiano). Si tratta di un verbo esclusivamente legato alle emozioni e ai sentimenti.
In realtà, per quanto il verbo abbia - per noi italiani - anche significati diversi (sentire con le orecchie, o finanche con il tatto, o con il gusto!), anche nella nostra lingua sentire è sinonimo di provare un sentimento. L'uomo sente amore, amicizia, antipatia (e purtroppo, finanche odio) per qualcuno, e anche la compassione, tema che si ricollega all'argomento centrale del Giubileo della Misericordia, prevede - oltre al verbo provare - anche quello del sentire. A ben vedere, la stessa parola sentimento contiene la radice di sentire, e rimanda quindi a una connessione non solo con il cuore - sede dei sentimenti -, ma anche con i sensi, con ciò che l'uomo sente nel senso di ascoltare - gustare - toccare.
«Nella radice della parola sentimento - le cui origini risalgono al latino del Medioevo - è ancora riconoscibile il significato di sentire, che anticamente aveva un valore differente da quello odierno.
Per Leonardo da Vinci i muscoli ricevevano il sentimento dai nervi, e ancora all’inizio dell’Ottocento, Leopardi chiamava sentimenti principali la facoltà del vedere e dell’udire: erano quindi considerati sentimenti quelli che noi definiamo sensi, o la capacità di percepire sensazioni fisiche.
Questo antico valore della parola sentimento è rimasto in alcune locuzioni, come perdere i sentimenti cioè svenire, o come uscire di sentimenti ovvero perdere la pazienza» [1].

Cristo "sente" compassione

«Sento compassione per la folla. Ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non vengano meno lungo il cammino», dice Gesù in Mt 15,32. E non si tratta dell'unico caso in cui la Scrittura esprime il fatto che Egli provi-senta tali sentimenti: «Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore» (Mt 9,36); «Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati» (Mt 14,4).
La compassione - cioè il com-patire - di Gesù è l'espressione tangibile della compassione di Dio Padre, già riconosciuta nell'Antico Testamento: 
«Benedetto Dio che vive in eterno,
benedetto il suo regno;
egli castiga e ha compassione,
fa scendere agli inferi, nelle profondità della terra,
e fa risalire dalla grande perdizione:
nessuno sfugge alla sua mano.
Vi castiga per le vostre iniquità,
ma avrà compassione di tutti voi
e vi radunerà da tutte le nazioni,
fra le quali siete stati dispersi»  (Tb 13, 2; 5).
Ma la compassione di Cristo diventa anche l'espressione del suo legame inscindibile con l'umanità, come ricorda san Paolo: «Egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell'ignoranza e nell'errore, essendo anche lui rivestito di debolezza» (Eb 5,2). 
Questa compassione diventa un sentire capace di cogliere tutti i bisogni umani: la fame e la sete di cibo e d'acqua, ma anche di Parola; il desiderio di sanità fisica. In sintesi, si potrebbe dire che realmente, quando Gesù sente, sente a 360 gradi, coniugando il Cuore con la mente.

SENTIRE COL CUORE

Gesù dimostra concretamente di essere il Dio che - come scriveva J. Ratzinger - è occhio, è vista. Ma svela anche il volto e il cuore di quel Dio così diverso dagli idoli pagani, idoli che 
«Hanno bocca e non parlano,
hanno occhi e non vedono,
hanno orecchi e non odono,
hanno narici e non odorano.
Le loro mani non palpano,
i loro piedi non camminano;
dalla loro gola non escono suoni»! (Sal 115, 5-7).
Gesù è capace di sentire (cioè di provare sentimenti, la cui sede è il cuore) vedendo, ascoltando, toccando gli altri e le loro debolezze, le loro mancanze, le loro aspettative più profonde.
Si può anche dire - rigirando il concetto - che Cristo ha un Cuore che ascolta, che vede, che tocca la miseria dell'uomo, e agisce di conseguenza, venendo incontro a ogni creatura nel bisogno.
Il cuore umano è capace - dunque - di avere occhi per vedere, orecchie per ascoltare, mani per toccare. Il cuore è la sede in cui si può forse vedere meglio, sentire meglio, toccare meglio. Come scriveva ne Il piccolo principe Saint Antoine Exupery, «Non si vede bene che col cuore, l'essenziale è invisibile agli occhi». 
Se il cuore è duro (e Gesù lo sottolinea più volte nel Vangelo) gli occhi diventano incapaci di vedere, le orecchie non possono sentire. Solo la docilità e la bontà di un cuore puro permettono di vedere l'altro senza cattiveria, senza orgoglio, senza egoismo.
Se è vero che sono «beati i puri di cuore, perché vedranno Dio» (Mt 5,8), è vero anche l'esatto contrario: solo i puri di cuore possono vedere l'uomo nel suo essere immagine e somiglianza di Dio.
Dove il cuore si annebbia, l'uomo non è più in grado di vedere e sentire il proprio fratello. L'altro diventa l'ostacolo, il nemico, il "nessuno", lo "zero", l'invisibile.
Il Cuore di Gesù rivolge l'invito ai discepoli di tutti i tempi a purificare i loro cuori, affinché nella trasparenza di cuori miti e umili come quelli del Maestro, anche l'apparente fatica del vivere misericordiando gli altri, rinnegando se stessi e prendendo la propria croce, diventi un peso leggero, quel peso che Gesù stesso ha portato e porta, continuando a guardare e ascoltare con il Suo Cuore l'umanità che grida fame e sete di amore, di salute, di salvezza.





NOTE

[1] Lemma sentimento, Sito Internet Educational Rai

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