martedì 28 giugno 2016

Pensieri per lo spirito


LA SPERANZA NON DELUDE
Quale vita ci attende?



«Credo che chi non riesce a immaginare il paradiso rischia di perire di noia 
per incapacità di immaginare, ogni giorno la propria vita».
(Andrea Caterini, La preghiera della letteratura. Sulla misericordia, il bene e la fede, 
Fazi Editore, 2016, p. 17)



LA CONCRETEZZA CHE SCONFIGGE LA NOIA

Per un cristiano il Paradiso non è una fantasia utopica, ma una realtà concreta. Esiste, è reale e, seppure dalla terra non è visibile con gli occhi del corpo, la verità della fede ce lo presenta come quella dimensione in cui le anime sante precedono gli uomini ancora peregrinanti in questo mondo.
Il Paradiso - in una visione coerente con il Vangelo, con la dottrina e la speranza cristiana - non è l'utopia in cui riporre delle attese terrenistiche, non è un luogo in senso (o semplicemente in senso) materiale. Innanzitutto esso è lo stato di grazia permanente in cui santi e beati si ritrovano e si ritroveranno per l'eternità, nella contemplazione amorosa del Dio Uno e Trino e nella comunione reciproca, nell'abbraccio eterno di Dio alle sue creature; è la felicità senza fine e senza limite, la realizzazione completa dell'essere umano sia sul piano corporale che - e soprattutto - su quello spirituale, nella perfetta integrazione armonica di corpo e anima.
Il Paradiso è la meta del credente, una meta che conduce a vivere hic et nunc orientando la propria esistenza verso di esso, l'obiettivo finale, sapendo che raggiungere il Paradiso - raggiungere il Regno dei Cieli - è raggiungere la pienezza in Cristo, il Risorto.
Allora la realtà ultima cui l'uomo è destinato diventa mezzo per sconfiggere la noia, dove per noia si può intendere l'insoddisfazione, la monotonia, l'apparente inutilità della vita. 
Alla luce del Paradiso quale traguardo finale tutto acquista un senso e tutto ottiene una direzione, se ciascuno sceglie nel proprio cuore - e con vera convinzione -  di agire per raggiungere questo "oltre". Nessun tassello dell'esistenza terrena è senza importanza: attraverso ogni singolo momento di essa, attraverso ogni gesto, pensiero, parola, azione, la vita dell'al di qua si connette alla vita dell'aldilà.

Immaginare non è "sognare"

Immaginare la propria vita non è - in termini molto semplicistici -  il semplice "sognare a occhi aperti". Immaginare la vita è pianificare, costruire, affidandosi a Colui che prima di noi ha progettato qualcosa per noi. Non è sostituirsi a Lui, ma accettare la sfida di realizzare, giorno dopo giorno, questo progetto sicuramente più elevato, più bello e più adatto (per ciascuna creatura) di ogni progetto umano.
Tutto questo diventa possibile se l'uomo fa riferimento non a un paradiso qualunque (quello della ricchezza o quello della rivincita, per es.),ma al Paradiso, quale dimensione di amore, comunione, realizzazione piena. E anche in questo caso si può dire che immaginare non è fantasticare, ma raggiungere, avvicinarsi, costruire.
La vita di oggi, costruita passo dopo passo nella ferma speranza di un'esistenza giusta e senza fine, è ciò che permette di avvicinarsi sempre di più, di raggiungere sempre più da vicino il Paradiso, e di costruirlo: la capacità odierna di ciascuno di vivere secondo i precetti evangelici corrisponde alla progettazione del proprio grado di santità, del proprio essere nuove creature, quella che nel Paradiso sarà la condizione eterna per ogni santo.

SPERARE CONTRO OGNI SPERANZA 

La speranza ferma nel Paradiso è l'antidoto all'abbattimento umano dinanzi al dolore e alla morte, è l'alternativa "possibile" e "concreta" ai tanti perché delle vicende umane che non trovano risposta razionale, coerente, o "giusta" in termini puramente materiali. Esperienze quali la malattia, la sofferenza, la povertà, i soprusi subiti, pongono l'essere umano dinanzi alla prospettiva di un non-senso che può trovare invece il senso soltanto abbandonandosi a una visione della vita più alta, non solo legata alla dimensione causa-effetto, ma che rimandi alla Provvidenza divina, alla permissione (e non determinazione) del male da parte di Dio, sapendo che «tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno» (Rm 8,28) e che  «la speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5).
L'incontro definitivo con la persona di Cristo, l'Uomo-Dio, il Dio con noi, è ciò che può dare all'uomo la certezza della bontà delle proprie aspirazioni al bene, al bello, alla felicità, all'amore. E proprio Gesù, con la sua vita, morte e risurrezione, ha preparato per l'uomo il dono dello Spirito Santo, quello Spirito che rende percepibile l'amore del Padre, e comprensibile la donazione totale del Figlio, venuto sulla terra per riscattare l'umanità, per preparaci un posto (cfr. Gv 14,2) nel Regno dei Cieli.
Se volessimo dare un nome diverso, esaustivo, cristianamente inteso al termine "immaginare", si potrebbe dunque usare proprio il verbo "sperare". Sperare contro ogni speranza, come fece Abramo (cfr. Rm 4,18), è infatti un modus vivendi che coinvolge l'uomo passivamente e attivamente, che lo rende capace di recepire il progetto di Dio sulla propria vita, e di impegnarsi per realizzarlo, per cominciare a costruire già sulla terra il proprio Paradiso, per vivere in quel Regno di Dio che è già in mezzo a noi (cfr. Lc 17,21).
La speranza non paralizza l'uomo, al contrario, lo muove. La speranza non acceca, anzi, illumina, dischiudendo nuovi orizzonti. La speranza non ammutolisce la creatura, ma la fa entrare in un dialogo più concreto - nella vita - con il Signore della Vita. La speranza cristiana permette di attuare, già fin d'ora, «la buona vita del Vangelo» (cfr. Orientamenti Pastorali 2010 CEI)

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