martedì 26 gennaio 2016

Don Bosco e le opere di misericordia - Novena 2016 / 5


INSEGNARE AGLI IGNORANTI


L'esperienza della misericordia nella vita di don Bosco è quella di una grazia ricevuta e donata, sperimentata su di sé, e dispensata agli altri. È come trovarsi dinanzi a un bene che scorre "in circolo": si riceve nel dare e si dona nel ricevere.
Non è qualcosa di semplicemente spirituale, ma anche materiale, così da poter vedere quanto realmente, il santo torinese, abbia vissuto la misericordia nella sua totalità che coinvolge l'essere umano in tutte le sue dimensioni. D'altronde, è questo il modo in cui Dio usa misericordia verso le sue creature: provvedendo al necessario per la loro esistenza corporale, ma anche - e soprattutto - per quella spirituale.


PREGHIERA A SAN GIOVANNI BOSCO

O San Giovanni Bosco, padre e maestro della gioventù,
che tanto lavorasti per la salvezza delle anime,
sii nostra guida nel cercare il bene delle anime nostre
e la salvezza dei prossimo;
aiutaci a vincere le passioni e il rispetto umano;
insegnaci ad amare
 Gesù Sacramentato,
Maria Ausiliatrice
e il Papa;
e implora da Dio per noi una buona,
affinché possiamo raggiungerti in Paradiso. 

Amen.



Don Bosco  considerava la diffusione dei buoni libri come «una missione» affidatagli dalla «Provvidenza per difendere la fede  del popolo» [1]. Per questo motivo fu scrittore, giornalista, editore… imprenditore e apostolo della buona stampa, invitando anche «i suoi salesiani a non trascurare» quella che considerava una «parte importantissima della missione, uno dei principali fini della Congregazione» [2]. 
Il santo era consapevole della necessità di “insegnare agli ignoranti” da un punto di visto culturale e spirituale, animato dal concetto dello “sviluppo integrale della persona”, per fare dei suoi destinatari «buoni cristiani, onesti cittadini e futuri abitatori del cielo». Per raggiungere lo scopo, egli - forte anche della sua primissima esperienza di predicatore e coi ragazzi - abbandonò lo stile dell’epoca, mancante «di un linguaggio comprensibile e popolare. Generalmente il linguaggio era ricercato, con domande lunghe, retoriche e fuori dal contesto. Inoltre, alla fine mancava una sintesi che mettesse in risalto i punti chiave, in modo da comprendere il nucleo della fede. Per queste ragioni don Bosco scrisse e pubblicò una Storia ecclesiastica, un libro di preghiere sotto il nome di Giovane Istruito, una Storia Sacra, un trattato sul Sistema Metrico, una Storia d’Italia e molte altre opere. In tutte si evidenzia il suo interesse e il desiderio di identificarsi con la cultura e le esigenze della gente comune. Per i giovani don Bosco scrive libri formativi del genere biografico con la vita dei suoi migliori allievi: Domenico Savio, Michele Magone, Francesco Besucco. Si contano alcuni scritti di spiritualità, letture amene e di teatro. Don Bosco non dimenticò mai le classi popolari, in generale, perché erano l’ambiente delle famiglie da cui provenivano i suoi giovani. Per gli agricoltori, ben conosciuti da don Bosco, a 31 anni scrive L’Enologo italiano, e tre anni dopo Il Sistema Metrico Decimale, ad uso degli artigiani, muratori e contadini. Sempre con un linguaggio e un’idea adeguata al suo pubblico, scrisse molti libri di contenuto religioso e profano» [3].
Don Bosco parlava così della buona stampa: «Quante anime furono salvate dai libri buoni, quante preservate dall’errore, quante incoraggiate nel bene. Chi dona un libro buono, non avesse altro merito che destare un pensiero di Dio, ha già acquistato un merito incomparabile presso Dio. Eppure quanto di meglio si ottiene. Il buon libro entra persino nelle case ove non può entrare il sacerdote, è tollerato finanche dai cattivi come memoria o come regalo. Un libro in una famiglia, se non è letto da colui a cui è destinato o donato, è letto dal figlio o dalla figlia, dall’amico o dal vicino. Iddio solo conosce il bene che produce un libro, donato come pegno di amicizia. Né bisogna temere che un libro possa essere da certuni rifiutato perché buono. Al contrario.... » [4]. In questo modo, don Bosco lasciò un monito a ciascuno dei suoi ammiratori, lettori, figli spirituali: insegnare agli ignoranti attraverso un libro!




Tanti anni prima di avviare il suo "apostolato della buona stampa", don Bosco aveva ricevuto una grande lezione di "misericordia": era stato corretto per il suo modo di esprimersi. Usava uno stile che rischiava di renderlo meno comprensibile ai più, dimezzando, così, la sua capacità di raggiungere le persone e di insegnar loro qualcosa. L'episodio avvenne ai tempi in cui il santo era ancora chierico, ma, con l'approvazione del parroco, aveva cominciato «a fare prediche e discorsi. Non so quale nutrimento spirituale ricevesse la gente dalle mie prediche - scrisse don Bosco nelle Memorie dell'oratorio - . Dappertutto mi applaudivano, e finiì per lasciarmi guidare dalla vanità. Ma un giorno ricevetti una buona lezione. Avevo appena finito di predicare sulla Natività della Madonna, e volli sentire il parere di una persona che aveva l'aspetto intelligente. Mi coprì di elogi che non finivano più: 
- La sua predica sulle anime del Purgatorio è stata splendida!
E io avevo parlato sulla grandezza della Madonna...
Ad Alfiano ho voluto sentire il parere del parroco, don Giuseppe Pelato, persona di profonda fede e di molta esperienza.
- Mi dica schiettamente cosa pensa della mia predica. 
- Molto bella, ordinata. L'ha esposta in buona lingua e con molti pensieri scelti dalla Bibbia. Continuando così, diventerà un predicatore molto ricercato. 
- Ma la gente avrà capito?
- Poco. Ha capito mio fratello prete e pochissimi altri.
- Eppure erano pensieri facili.
- Sembrano facili a lei, ma per la gente sono troppo elevati. Ragionare toccando di passaggio pensieri della Bibbia e avvenimenti della storia ecclesiastica è bello, ma la gente non segue.
- Cosa mi consiglia di fare?
- Bisogna abbandonare la lingua e lo stile dei classici, parlare in dialetto o anche in italiano se si vuole, ma in maniera popolare, popolare, popolare.
Invece di fare ragionamenti, raccontare esempi, fare paragoni semplici e pratici. Si ricordi che la gente segue poco, e che le verità della fede bisogna esporle nella maniera più facile possibile.
Quel consiglio paterno mi servì per tutta la vita.
Conservo ancora, per mia vergogna, quei primi discorsi. Quando li prendo in mano, non vedo altro che vanità e desiderio di essere "alla moda".
Dio misericordioso mi ha mandato quella preziosissima lezione, che mi servì nelle prediche, nei catechismi, nello scrivere libri» [5].

NOTE

[1] Filiberto Gonzaléz, Diffusore convinto della buona stampa, in Angel Exposito, Don Bosco oggi, 2015, LEV, p.192.

[2] Ibidem

[3] Ibidemp. 193.

[4]  Giovanni Bosco, Lettera circolare ai salesiani per la diffusione dei buoni libri, in Gigi Di Libero, Don Bosco apostolo della parola, CeMM, 1991, pp. 17-18.

[5] San Giovanni Bosco, Memorie, trascrizione in lingua corrente, Elledici, 1986, pp. 78-79.



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