domenica 6 dicembre 2015

Novena a Maria Immacolata / 8


«RENDI I TUOI FIGLI UMILI E PURI DI CUORE»
L'Ave maris stella


Prosegue la riflessione sul mistero di Maria Immacolata attraverso le più antiche preghiere mariane, in cui la sapienza e la fede dei credenti hanno saputo coniugare Bibbia, teologia e fiducia nella Madre di Dio.
Oggetto di questo nuovo approfondimento è l'«Ave maris stella» («Ave, stella del mare»), di autore ignoto.


Ave, stella del mare,
madre gloriosa di Dio, 
vergine sempre, Maria,
porta felice del cielo.
L'Ave del messo celeste
reca l'annunzio di Dio,
muta la sorte di Eva,
dona al mondo la pace.
Spezza i legami agli oppressi,
rendi la luce ai ciechi,
scaccia da noi ogni male,
chiedi per noi ogni bene.
Mostrati Madre per tutti,
offri la nostra preghiera
Cristo l'accolga benigno,
lui che si è fatto tuo Figlio.
Vergine santa fra tutte,
dolce regina del cielo,
rendi innocenti i tuoi figli,
umili e puri di cuore.
Donaci giorni di pace,
veglia sul nostro camino,
fa' che vediamo il tuo Figlio, 
pieni di gioia nel cielo.
Lode all'altissimo Padre,
gloria al Cristo Signore,
salga allo Spirito Santo,
l'inno di fede e di amore.
Amen

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Ave, maris stella,
Dei Mater alma
Atque semper virgo
Felix caeli porta.
Sumens illud ave
Gabrielis ore
Funda nos in pace
Mutans Evae nomen.
Solve vincla reis
Profer lumen caecis
Mala nostra pelle
Bona cuncta posce.
Monstra te esse matrem
Sumat per te preces
Qui pro nobis natus
Tulit esse tuus.
Virgo singularis
Inter omnes mitis
Nos culpis solutos
Mites fac et castos.
Vitam praesta puram 
Iter para tutum
Ut videntes Jesum
Semper collaetemur.
Sit laus Deo Patri
Summo Christo decus
Spiritui sancto
Tribus honor unus.
Amen


UN CANTO DI AUTORE IGNOTO

L'«Ave maris stella» («Ave, stella del mare») risale almeno al IX secolo, come attesta la sua presenza all'interno di un codice di quel periodo, custodito nell'Abbazia svizzera di san Gallo. La preghiera è attribuita da taluni a san Venanzio Fortunato (530-609), da altri a Paolo Diacono (del secolo successivo). Altri ancora ne individuano l'autore in Roberto II il Pio (972-1031) e in san Bernardo (1090-1153), ipotesi incompatibili per l'evidente distanza temporale dei due, rispetto al manoscritto del IX secolo.
La preghiera - già in uso nell'Ufficio Divino prima della riforma liturgica per i vespri delle feste mariane - è di utilizzo attuale nel Breviario Romano.

Sintesi biblica e teologica nella fede dell'orante

L'invocazione a Maria quale «stella del mare» è legata ai tentativi di chiarire l'etimologia del nome della Vergine. Già san Girolamo e san Beda il venerabile la definivano con questo appellativo, indicando che ella è la stella che guida il credente verso il porto del Cielo, aiutandolo a navigare nel mare che è il mondo. Tuttavia, sono due le varianti di questa interpretazione etimologica.


Maestra e signora del mare

«Secondo questa interpretazione il nome di Maria deriverebbe da MOREH (ebr. Maestra-Signora) + YAM (= mare): come Maria, la sorella di Mosè, fu maestra delle donne ebree nel passaggio del Mar Rosso e Maestra nel canto di Vittoria (cf Es 15,20), così "Maria è la Maestra e la Signora del mare di questo secolo, che Ella ci fa attraversare conducendoci al cielo" (S.Ambrogio, Exhort. ad Virgines).

Altri autori antichi che suggeriscono questa interpretazione: Filone, S. Girolamo, S. Epifanio. Questo parallelo tipologico tra Maria sorella di Mosè e Maria, madre di Dio, è ripreso da S. Agostino, che chiama Maria "tympanistria nostra" (Maria sorella di Mosè e la suonatrice di timpano degli Ebrei, Maria SS. è la tympanistria nostra, cioé dei Cristiani: il cantico di Mosè del Nuovo Testamento sarebbe il Magnificat, cantato appunto da Maria: questa interpretazione è sostenuta oggi dal P. Le Deaut, uno dei più grandi conoscitori delle letteratura tergumica ed ebraica in genere: secondo questo autore, S. Luca avrebbe fatto volontariamente questo parallelismo» [1].



Illuminatrice, stella del mare


«Secondo questa interpretazione il nome di Maria deriverebbe da: prefisso nominale (o participiale) M + 'OR (ebr.= luce) + YAM (= mare): Così  S. Gregorio Taumaturgo, S. Isidoro, S. Girolamo (insieme alla precedente). Alcuni autori ritengono che S. Girolamo in realtà non abbia interpretato il nome come "stella del mare", ma come "stilla maris", cioè: goccia del mare.  La presenza della radice di "mare" nel nome di Maria, ha suggerito diverse interpretazioni e/paragoni di Maria con il "mare": Pietro di Celles (+1183) Maria = "mare di grazie": di qui Montfort riprende: "Dio Padre ha radunato tutte le acque e le ha chiamate mare, ha radunato tutte le grazie e le ha chiamate Maria" (Vera Devozione, 23). Qohelet 1,7: "tutti i fiumi entrano nel mare"; S. Bonaventura sostiene che tutte le grazie (= tutti i fiumi) che hanno avuto gli angeli, gli apostoli, i martiri, i confessori, le vergini, sono "confluite" in Maria, il mare di grazie. S.Brigida: "ecco perché il nome di Maria è soave per gli angeli e terribile per i demoni"» [2].

Sintesi biblica e teologica nella fede dell'orante

L'«Ave maris stella» ripercorre, fin dai primi versi, la tappa lucana dell'annuncio dell'angelo alla Vergine. La prospettiva non è, tuttavia, semplicemente storica e singolare, ma coglie la dimensione spirituale e globale in cui la vicenda di Maria tocca tutti i credenti in Cristo, attraversando così, idealmente, la Scrittura, dagli inizi genesiaci fino alla redenzione in Gesù: «muta la sorte di Eva, reca al mondo la pace». Con l'incarnazione del Verbo comincia la liberazione dell'umanità, schiacciata sotto il peso del peccato. Questo elemento viene sottolineato anche dai versi successivi, che paiono richiamare la solenne proclamazione dell'anno di grazia, annunciato da Gesù nel Tempio, attraverso un passo di Isaia:
«Lo spirito del Signore è sopra di me; 
per questo mi ha consacrato con l'unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
a proclamare l'anno di grazia del Signore» (Lc 4, 18-19).
L'orante sottolinea, attraverso le sue parole così rassomiglianti a quelle lucane, la partecipazione unica di Maria al piano salvifico di Dio; inoltre, ricollegando queste espressioni al momento dell'incarnazione, altro non fa che descrivere Maria come colei che porta nel mondo la liberazione, la luce e il bene in persona, ossia Gesù.
La Madonna è individuata nella sua duplice funzione di collaboratrice e genitrice di Dio, nulla togliendo, dunque, a Dio stesso. Tant'è che i versi successivi lo evidenziano, invocando l'esercizio della funzione materna di Maria su tutti gli uomini e descrivendo la Vergine come colei che intercede, raccogliendo le preghiere dei propri figli, nella speranza che Cristo le «accolga benigno», perché nulla potrebbe negare a colei da cui voluto nascere («lui che si è fatto tuo Figlio»). L'orante comprende bene che unico mediatore è Cristo, ma attribuisce a Maria quel ruolo che san Bernardo esprimerà poi con una bellissima espressione, definendo la Vergine quale «acquedotto di grazia». Scrive san Giovanni Paolo II:
«A Cana di Galilea viene mostrato solo un aspetto concreto dell'indigenza umana, apparentemente piccolo e di poca importanza ("Non hanno più vino"). Ma esso ha un valore simbolico: quell'andare incontro ai bisogni dell'uomo significa, al tempo stesso, introdurli nel raggio della missione messianica e della potenza salvifica di Cristo. Si ha dunque una mediazione: Maria si pone tra suo Figlio e gli uomini nella realtà delle loro privazioni, indigenze e sofferenze. Si pone "in mezzo", cioè fa da mediatrice non come un'estranea, ma nella sua posizione di madre, consapevole che come tale può - anzi "ha il diritto" - di far presente al Figlio i bisogni degli uomini. La sua mediazione, dunque, ha un carattere di intercessione: Maria "intercede" per gli uomini. Non solo: come madre desidera anche che si manifesti la potenza messianica del Figlio, ossia la sua potenza salvifica volta a soccorrere la sventura umana, a liberare l'uomo dal male che in diversa forma e misura grava sulla sua vita. Proprio come aveva predetto del Messia il profeta Isaia nel famoso testo, a cui Gesù si è richiamato davanti ai suoi compaesani di Nazareth: «Per annunciare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista..."» (Lc 4,18).
Altro elemento essenziale di questo compito materno di Maria si coglie nelle parole rivolte ai servitori: "Fate quello che egli vi dirà". La Madre di Cristo si presenta davanti agli uomini come portavoce della volontà del Figlio, indicatrice di quelle esigenze che devono essere soddisfatte, affinché la potenza salvifica del Messia possa manifestarsi. A Cana, grazie all'intercessione di Maria e all'ubbidienza dei servitori, Gesù dà inizio alla "sua ora". A Cana Maria appare come credente in Gesù: la sua fede ne provoca il primo «segno» e contribuisce a suscitare la fede dei discepoli. 
Possiamo dire, pertanto, che in questa pagina del Vangelo di Giovanni troviamo quasi un primo apparire della verità circa la materna sollecitudine di Maria. Questa verità ha trovato espressione anche nel magistero del recente Concilio, ed è importante notare come la funzione materna di Maria sia da esso illustrata nel suo rapporto con la mediazione di Cristo. Infatti, vi leggiamo: "La funzione materna di Maria verso gli uomini in nessun modo oscura o diminuisce l'unica mediazione di Cristo, ma ne mostra l'efficacia", perché "uno solo è il mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù" (1Tm 2,5). Questa funzione sgorga, secondo il beneplacito di Dio, "dalla sovrabbondanza dei meriti di Cristo, si fonda sulla mediazione di lui, da essa assolutamente dipende ed attinge tutta la sua efficacia". Proprio in questo senso l'evento di Cana di Galilea ci offre quasi un preannuncio della mediazione di Maria, tutta orientata verso il Cristo e protesa alla rivelazione della sua potenza salvifica» [3].

Immacolata  e misericordiosa

«Vergine santa fra tutte» è l'espressione con cui viene sottolineata l'immacolatezza totale (umana e spirituale) di Maria. A essa fa seguito la richiesta «rendi innocenti i tuoi figli, umili e puri di cuore». Risuona, anche in questi versi, un richiamo al ruolo della Vergine quale "mediatrice" e imitatrice di suo Figlio, che in Mt 11,29, esorta gli uomini a essere come Lui che si presenta «mite e umile di cuore».
«Fa' che vediamo il tuo Figlio, pieni di gioia nel cielo»: è l'invocazione a Maria affinché ella, nella sua bontà materna e misericordiosa, aiuti i credenti a raggiungere la meta agognata; affinché, dopo la navigazione nel tempestoso mare del mondo, i fedeli possano arrivare al sospirato porto celeste, dove eleveranno un canto eterno di gloria alla Trinità, proprio come negli ultimi versi di questa preghiera mariana.




NOTE

[1] Da "amarezza" a "stella del mare", le interpretazioni del nome di Maria, in Famiglia Cristiana on line, 12 settembre 2015.

[2] Ibidem.

[3] Giovanni Paolo II, Redemptoris Mater nn. 21-22.

BIBLIOGRAFIA 

Voce «Ave maris stella», Enciclopedia Telematica Cathopedia.


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