domenica 28 giugno 2015

SOTTO LO SGUARDO AMOREVOLE DI DIO. Riflessioni a margine del Vangelo di oggi



Howard Lyon, Thread of Faith


"Una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.
E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male»".


(Mc 5,25-34)


La Parola di oggi ci porta in modo sottile ad analizzare il mistero dell'Uomo-Dio, di un Uomo vero, con i limiti fisici propri di ogni corpo, e di un Dio vero, con le infinità proprie della divinità. E ci porta anche dinanzi all'altro grande mistero (per noi uomini) di un Dio che ci vede "sempre".
Ritroviamo tutto questo nel passaggio - dal sapore quasi squisitamente cinematografico - di un Gesù che sente di essere toccato sul mantello, percepisce una forza uscita da Lui e chiede: "Chi mi ha toccato?".
Il dettaglio sembra privo di messaggi particolari, apparirebbe solo una messa in scena azionata dal Maestro per portare la donna a svelarsi apertamente dinanzi a Lui e vivere la propria fede senza timore.
Certamente è anche questo l'intento di Gesù, ma possiamo scoprire qualcos'altro, degli elementi più profondi che si annidano in ciò che accade.


- GESÙ VERO UOMO
Gesù ci dimostra con grande naturalezza la Sua Umanità: come uomo non può sapere chi è stato a toccarlo, perché, al pari di ogni creatura umana, non ha che due soli occhi, capaci di vedere solo nella direzione verso cui sono proiettati.
Questa umanità di Gesù è talmente a Lui connaturale che Egli non ha vergogna di chiedere (come avrebbe fatto chiunque altro al posto Suo!) chi sia stato a toccarlo.
La domanda suscita la risposta di stupore, a metà strada tra l'ironico e il seccato, dei suoi stessi discepoli, ma il motivo che spinge Gesù a porla ci rivela un altro dettaglio...

- GESÙ VERO DIO 
Gesù ha sentito che una forza è uscita da Lui. E' una forza divina, non umana.
Così divina che ha potuto guarire all'istante l'emorroissa, una donna che aveva perdite ininterrotte di sangue da ben dodici anni e che nessun medico era stato in grado di aiutare.

In questo passaggio tra il tocco della donna e la forza che promana da Gesù ritroviamo la correlazione tra la fede e l'amore di Dio, tra la domanda dell'uomo e la risposta di Dio.


- LA FEDE E' AMORE E CHIAMA AMORE
Gesù, che opera un miracolo prima ancora di vedere, prima ancora di parlare con la donna emorroissa, vuole farci comprendere che la nostra fede è una chiamata d'amore che arriva dritta al cuore di Dio e ne ottiene risposta.
L'amore, in sostanza, chiama amore.
Dio percepisce la nostra fede come un atto fiducioso di amore e risponde con altrettanto amore, con la generosità del miracolo.
Oggi noi non possiamo guardare negli occhi il Gesù Incarnato, ma possiamo accedere, con la fede, al suo Cuore divino e in questo incontro tra i nostri cuori, tra le nostre anime (di cui gli occhi sono lo specchio!), innescare questa scintilla chiamata "amore" che genera i miracoli.
Non svalutiamo l'importanza che Dio ha voluto attribuire all'uomo: senza la fede non si ottengono miracoli! La nostra fede attrae l'amore creativo e rigenerativo di Dio, come una calamita attira il ferro. La nostra fede vera (cioè il nostro amore) diviene una forza irresistibile per il cuore innamorato del nostro Creatore. La nostra forza fiduciosa attrae la forza risanatrice.


- IL CORPO COME PONTE: GESÙ VERO DIO E VERO UOMO
La forza divina che promana da Gesù passa attraverso il Suo Corpo. Egli stesso la percepisce attraverso questa "cassa di risonanza" che è la Sua umanità.
Allo stesso modo, anche la donna arriva a Cristo Uomo-Dio attraverso il proprio corpo: con la mano che tocca il mantello di Gesù.
Dal momento in cui Dio ha deciso di prendere un corpo e di abitare in mezzo a noi l'umanità è diventata uno "strumento" capace di trasmettere l'amore e di riceverlo in modo totalmente nuovo, vincendo la concupiscenza della carne e facendo uso "santo" della nostra corporeità.
Penso al "miracolo" della tenerezza di un abbraccio a chi soffre;
di una madre che allatta il suo bambino;
di due sposi che si donano vicendevolmente nella mutua appartenenza matrimoniale;
di un medico che cura le ferite di un malato...
Noi possiamo "guardare" con occhi nuovi il nostro corpo e farne l'uso che ne ha fatto Gesù: usarlo come strumento non di peccato e di morte, ma di guarigione e di vita, con i piccoli e grandi gesti di ogni giorno.


- LA COMUNIONE COME PONTE ALLA DIVINITÀ DI GESÙ
Nel nostro personale rapporto con Gesù siamo chiamati, come l'emorroissa, a compiere il gesto di avvicinarci a Lui. L'Eucaristia è il nostro "ponte" alla Divinità di Gesù.
La Sua Umanità che si cela sotto le Specie del Pane ci conduce alla Sua Divinità.
Il momento eucaristico dovrebbe essere per noi quello di maggiore intimità con il Signore, momento in cui ci presentiamo dinanzi a Lui, come l'emorroissa, e con fede, anche senza dirgli nulla, gli offriamo i nostri bisogni, le nostre miserie, perché Egli le converta in qualcosa di positivo, arricchendoci della sua ricchezza.



- DIO VEDE SEMPRE
Gli occhi di Dio sono umani e divini.
Quando è vissuto sulla terra come Vero Uomo, gli occhi di Gesù hanno visto con i limiti propri di ogni vista umana, ma la sua "visione" in quanto Dio era da sempre illimitata.
La guarigione dell'emorroissa ci fa comprendere questo: Dio ci vede sempre, è sempre chinato su di noi, come i Salmi spesso ci ricordano.
Da quando Gesù è risorto, Egli ci vede con occhi umani "glorificati": neppure umanamente, oggi gli sfugge nulla, se così potessimo dire.
«Dio è Occhio, Dio è Vista» – scriveva J. Ratzinger -. «Qui si cela anche una sensazione originaria dell’uomo, quella del sentirsi conosciuto .
Egli sa che una segretezza assoluta non esiste, che la sua vita è sempre esposta allo sguardo di Qualcuno, che il suo vivere è un esser-visto. Questa sensazione di esser-visti può suscitare nell'uomo due reazioni opposte. Questo essere-esposto può turbarlo, farlo sentire in pericolo, un essere limitato nel suo stesso ambito vitale. Sensazione che può tramutarsi in irritazione e intensificarsi fino al punto da ingaggiare una lotta appassionata contro il testimone invidioso della sua libertà, della capacità illimitata del suo volere e agire. Ma può anche dare origine a un atteggiamento contrario: l'uomo che si apre all'amore, in questa presenza che continuamente lo circonda può scorgere il mistero cui aspira tutto il suo essere. Qui egli potrà cogliere il superamento della propria solitudine, che nessuna creatura umana riuscirà mai a eliminare e che costituisce comunque una vera e propria contraddizione per l'essere che tende al Tu, a essere con l'altro. In questa presenza misteriosa egli può trovare il fondamento di quella fiducia che gli consente di vivere. E' questo il luogo in cui trovare risposta al problema di Dio. Essa dipende dal modo in cui l'uomo considera originariamente la propria vita: se vuole rimanere non-visto, se preferisce restare da solo, oppure se egli, nonostante le sue inadeguatezze, anzi proprio perché essere inadeguato, è invece riconoscente a Colui che riempie e sostiene tutte le sue solitudini. Dipende dalle esperienze di fondo che si fanno con il Tu: se in esso si scorge l'amore o, invece, una minaccia. E dipende anche dalla figura in cui Dio incontra l'uomo: se nelle vesti di un terribile sorvegliante che medita il momento della condanna, o come l'amore creatore che ci aspetta».


(Benedetto XVI – J. Ratzinger, Il Dio di Gesù Cristo, Queriniana, 2011, pp.11-13)


martedì 16 giugno 2015

LA "POLITICA" DI DIO: le pari opportunità


«In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
"Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo 

e odierai il tuo nemico. 
Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, 
e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.
Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? 

E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, 
che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?
Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste"».

(Mc 5,43-48)

Tra i "ministeri" del Regno dei Cieli c'è sicuramente quello delle "pari opportunità", ministero fondamentale, direi, considerando che Gesù Cristo è morto per tutti, per dare a ciascuno la possibilità di riscattarsi dalla propria condotta malvagia e seguire la via che conduce al Padre.
Il problema è che noi uomini, nonostante questa opportunità ci sia stata elargita "gratuitamente", dimentichiamo spesso quella parolina dal nome...misericordia e ragioniamo come "gente arrivata" che non ha più nulla da dare agli altri, ma - ed è la cosa più pericolosa e dannosa - cataloghiamo tutto il resto del genere umano, o semplicemente quella parte che riteniamo "zizzania", come persone a cui finanche Dio non debba dare più nulla.
 Il fatto che Gesù parli di far sorgere il sole sui buoni e sui cattivi o di far scendere la pioggia sui giusti e sugli ingiusti ci sprona alla riflessione ed all'autocritica.
Va però sottolineato che le parole del Maestro non significano che dobbiamo semplicemente fare del buonismo materiale. Sarebbe fin troppo facile.
Se Dio ragionasse a questo modo si limiterebbe a dare ad ogni creatura solamente e semplicemente i mezzi necessari alla sussistenza fisica (l'acqua, l'aria, il cibo), invece lo scopo primario della giustizia e della misericordia divina è un altro; quello a cui mira il "ministero divino delle pari opportunità" è che a tutti, fino all'ultimo istante della propria vita vengano elargite quelle grazie particolari capaci di suscitare nell'uomo il desiderio della conversione, porta d'accesso alla salvezza, perché convertirsi significa credere in Cristo e nella Sua Parola di Vita.
Il Vangelo di oggi lo possiamo rileggere nell'ottica dell'invito ad essere misericordiosi come il Padre (cfr. Lc 6,36) e a non condannare nessuno prima del tempo.
Dio non lo fa. Dio aspetta che giunga il tempo della mietitura, e fino ad allora prova a coltivare ogni pianta con amore, con il sole e con l'acqua, elementi vitali affinché possano portare frutto.
Questa è la perfezione dell'amore: amare oltre ogni ricompensa immediata, amare nella speranza "temeraria" fino all'ultimo istante; amare donandosi finché c'è possibilità.
E lo sappiamo bene, perché ce lo dice anche un proverbio: finché c'è vita c'è speranza.

domenica 14 giugno 2015

ANNO DELLA VITA CONSACRATA: "Ci vediamo in Paradiso" - la storia di Giovanni e Lutgarda, consacrati, sposi e martiri


"Ci sono tre forme della virtù della castità: 
quella degli sposi, quella vedovanza, 
infine quella della verginità. 
Non lodiamo l'una escludendo le altre. 
Sotto questo aspetto, la disciplina della Chiesa è ricca".
(Sant'Ireneo, al n. 2349 del Catechismo della Chiesa Cattolica)

...così ricca, che qualcuno è stato capace di coniugare la dimensione della verginità consacrata a quella del matrimonio.
La storia della Chiesa, da Maria e Giuseppe in poi, non è sguarnita di simili esempi.
Oggi voglio raccontarvi la vicenda di Giovanni Yu Jung Cheol e Lutgarda Yi Sun - I.
Sposi, vergini e martiri.
La loro storia si svolge in Corea, tra la fine del diciottesimo e l'inizio del diciannovesimo secolo. Il periodo è esattamente quello degli inizi della Chiesa coreana, fortemente legata all'apostolato dei laici, che diedero testimonianza di fede fino al martirio.
Vale la pena conoscere questa coppia nell'anno dedicato alla Vita Consacrata. 

Nb. Le citazioni in virgolettato sono tratte dal contributo di Mons. You Heung-Sil Lazzaro in  "Sposi e Santi", a cura di Ludmila e Stanislaw Grygiel, edizioni Cantagalli, 2012.


Lutgarda nacque nel 1782 e venne introdotta alla fede cristiana dal padre, che nel credo cattolico educò tutta la famiglia, tanto che anche due fratelli della giovane morirono poi martiri.
Battezzata in tenera età e fortificata anche "dal buon esempio della fede profonda di sua madre", la giovane rimase orfana di padre all'età di dodici anni.



Lutgarda venne così descritta da Charles Dallet, missionario in Corea: "ragazza assai intelligente, di carattere mite e fedele, con il cuore dedito alla fede. Sin dalla giovinezza si era concentrata con tutto il proprio essere sulla salvezza dell'anima. Ciò che desiderava non era altro che offrire il suo cuore al Signore Gesù Cristo rinunciando completamente ai piaceri e alla gloria della vita mondana".
Dal 1975, anno in cui, a tredici anni, ricevette la Prima Comunione durante una santa Messa celebrata da don Ju Mun-Mo, Lutgarda coltivò nel proprio cuore il desiderio di consacrarsi al Signore, rimanendo per sempre vergine.

Yu Jung-Cheol nacque nel 1779, anche lui da famiglia cattolica. Suo padre era stato battezzato proprio dallo stesso sacerdote dalle cui mani Lutgarda aveva ricevuto per la prima volta Gesù Eucaristia.
Così come la madre di Lutgarda aveva dato alla figlia tanti buoni esempi di fede e di virtù cristiana, così il padre di Yu Jung-Cheol (battezzato col nome di Giovanni) si era speso per la diffusione della fede cristiana nella sua regione. Egli aveva inoltre offerto "la sua casa come luogo d'incontro dei fedeli cristiani quando il primo missionario don Ju Mun-Mo visitò la regione di Jeonrado. Così aveva potuto stare molto vicino a don Ju Mun-Mo, ascoltando le sue omelie e l'insegnamento del catechismo.
Giovanni, la cui fede era cresciuta in questo ambiente, nel 1975 , all'età di 16 anni ricevette la prima comunione e subito dopo confidò a don Ju Mun-Mo e a suo padre la decisione di vivere nella verginità.
La commissione per la beatificazione e la canonizzazione dei martiri coreani testimonia che Giovanni era un ragazzo ricco di conoscenze, dotato di un cuore sincero e candido, di una fede solita e di una carità ardente. Era poi fedele ai suoi doveri e conduceva una vita retta, disprezzava ogni vanità del mondo ed era molto maturo rispetto ai suoi coetanei, stimato come un galantuomo nonostante la giovane età".

E' proprio dalla comune conoscenza del sacerdote Ju Mun-Mu che prende avvio la storia di Giovanni e Lutgarda come sposi. A distanza di soli due mesi questo prete cinese, missionario in terra di Corea, aveva raccolto la confessione dei due giovani di voler offrire a Dio le loro vite.
Trascorsero due anni, tempo in cui il sacerdote volle attendere il maturare delle decisioni prese da due ragazzi, che rimasero fermi nelle loro risoluzioni. 
I genitori non si opposero, ma la situazione si presentava alquanto singolare e ...delicata, per svariate ragioni.
"Da un lato, il fatto che dei figli della classe nobile rimanessero vergini senza sposarsi, secondo la tradizione confuciana non solo era inconcebile ma anche inammissibile: sarebbe stato uno scandalo per tutta la famiglia e addirittura per tutto il paese.
Da un altro lato, la fede cattolica non era una religione conosciuta e accettata, ma piuttosto perseguitata.
In tale situazione, don Ju Mun-Mo insieme ai familiari di Lutgarda e Giovanni dovevano trovare un modo perchè i due giovani potessero proteggere se stessi e realizzare nello stesso tempo la chiamata a consacrarsi come vergini".
E' a questo punto che il missionario propose di "organizzare un matrimonio tra Lutgarda e Giovanni al fine di conservare la loro verginità, cioè sposarsi e vivere insieme come fratello e sorella.
La soluzione tuttavia comportava un ulteriore problema: il matrimonio tra persone appartenenti a famiglie di diversa classe sociale non era abitualmente accettato.
Lutgarda veniva da una famiglia reale della famiglia reale della dinastia dell'epoca, mentre Giovanni apparteneneva a una famiglia di una classe abbastanza nobile, ma considerata inferiore a quella reale
".
Nonostante le opposioni di alcuni familiari, il matrimonio venne celebrato nel 1797, grazie anche alla fede dei genitori dei due ragazzi. 


"Dal 1797 fino al loro arresto e alla loro incarcerazione nel 1801, per quattro anni, Lutgarda e Giovanni vissero la loro verginità nella vita matrimoniale, compiendo l'unione sublime dei cuori come una coppia verginale".
Lutgarda venne infatti incarcerata nel 1801, a causa della sua fede.
Anche Giovanni subì la stessa sorte, e morì prima della moglie.

Il periodo della prigionia ci permette di conoscere meglio la ricchezza di queste anime consacrate a Dio, ma consacrate anche l'una all'altra nel matrimonio.
Lutgarda scrisse infatti due lettere, una alla madre ed una alla sorella; sono testi che contengono materiale prezioso per addentrarci nella vita umana e spirituale dei due sposi.
Giovanni conservò invece con sè un biglietto indirizzato alla moglie e che non potè essere spedito; è uno scritto che venne ritrovato nel ricomporne il corpo, dopo il martirio.
Due sono i particolari degni di nota che vale la pena sottolineare per ciò che concerne le lettere di Lutgarda: da un lato emerge come il matrimonio fra lei e Giovanni non fosse stato soltanto una scelta di ripiego o uno stratagemma puramente umano e neanche una violazione del sacramento.
Il dito di Dio aveva operato in questa decisione.
I due giovani si erano sinceramente innamorati dopo essersi conosciuti, ma di un amore che sapeva andare ben oltre la dimensione puramente umana, per essere anticipazione di quella sponsalità che riserva il Paradiso.
"Possiamo pensare che nel vivere fedelmente la loro verginità vivessero il fine ultimo escatologico del sacramento del matrimonio anticipandolo nella loro chiamata verginale.
Non potevano, infatti, vivere in modo perfetto tutte e due le vocazioni nel senso proprio del termine, ma nella loro verginità potevano anticipare il fine del sacramento del matrimonio.
Lutgarda e Giovanni avevano cieè concepito il loro matrimonio come una cosa compiuta nel Signore: una grazia speciale concessa da Dio, di una vita nuova donata loro in modo che potessero rimanere vergini nelle condizioni particolari dell'epoca, secondo la volontà di Dio da loro colta". Lutgarda stessa si esprime usando il termine "grazia" in una delle sue lettere.
D'altro canto va anche detto che proprio perché si trattava di un matrimonio "reale", ma nella scelta verginale, il demonio non mancò di tentare i due giovani.
Lutgarda menziona, in una delle sue missive, di una decina di tentazioni, superate con l'aiuto del Signore. Anche questo è un passaggio decisivo: "Ora vedo - scrive lei - che la fiducia e l'affetto reciproco diventano sempre più profondi e luminosi come il raggio dell sole".
In sintesi, quel passaggio dall'amore umano, seppure già sublimato dalla consacrazione verginale, all'amore puramente spirituale, si era attuato anche attraverso la coabitazione e le tentazioni vinte "a prezzo del sangue di nostro Signore".
Anche la lettera scritta alla sorella, dopo la morte di Giovanni, è una profonda testimonianza di fedeltà alla sua vocazione matrimoniale e verginale: "Ora se guardo anche tutto il mondo non vedo niente che possa prendermi rubando il mio affetto o facendomi perdere la testa. Se ci sarà un pensiero nella mia testa sarà rivolto unicamente a Dio: se ci sarà un respiro nel mio cuore sarà rivolto solamente al Cielo".
Giovanni e Lutgarda ardevano dal desiderio di dare la loro vita nel martirio per poi vedere "insieme" il Padre Celeste.
Ecco il testo del biglietto che fu trovato nel vestito di Giovanni, una lettera indirizzata alla moglie che, con il linguaggio del Cantico dei Cantici, egli chiamava "sorella":
"Sorella mia, t'incoraggio e consolo. Ci vediamo in Paradiso".


"Ci vediamo in Paradiso".

"Dove possiamo trovare una dichiarazione d'amore più profonda di questa? 
Siamo consapevoli che, in senso stretto e in ossequio alla realtà dei fatti, noi non potremmo meramente esaltare la coppia Lutgarda e Giovanni come modello perfetto di coloro che sono chiamati a vivere la vocazione matrimoniale.
Ciò nonostante è anche vero che questo matrimonio considerato nella prospettiva escatologica è una testimonianza che ci invita e sollecita a contemplare quell'obiettivo ultimo della nostra vocazione cui tutti gli uomini sono chiamati in un modo o nell'altro, vale a dire la comunione con il Signore per la gloria di Dio Padre, proprio come vissero la santissima Madre Vergine Maria e il suo castissimo Sposo san Giuseppe.
Viviamo in un'epoca in cui la Chiesa e la società affrontano grandi difficoltà causate dai numerosissimi problemi dovuti alla distruzione della famiglia: le rotture troppo facili delle promesse coniugali, l'aumento dei divorzi, la confusione e i disordini in tema di morale sessuale e così via.
I nostri due vergini e sposi possono dunque senz'altro essere di grande esempio non solo per le coppie d'oggi, ma anche per noi tutti cristiani che viviamo in queste situazioni difficili.
La coppia verginale, Lutgarda e Giovanni, per amare meglio Gesù pur nelle difficoltà delle persecuzioni, realizzò l'autentico senso delle promesse del matrimonio".

venerdì 12 giugno 2015

FIGLIO MIO, DAMMI IL TUO CUORE (Prv 23,26) - Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù




Nella Nuova Vulgata il versetto 26 del capitolo 23 dei Proverbi, viene così riportato:
"Figlio mio, dammi il tuo cuore".
Alla base di tutta la vita "umana", ma anche divina di Gesù ritroviamo esattamente questo mistero, quello di un Figlio che ha donato tutto il Suo Cuore al Padre, con tutto l'amore di cui era capace. Un amore divino, sì, ma anche umano.

Sacro Cuore di Gesù, del Rohden. La tela sovrasta l'Altare maggiore della Basilica del Sacro Cuore a Roma.
In basso, sorretta da un angelo, la scritta "Praebe, Fili mi, Cor tuum Mihi": "Figlio mio, dammi il tuo cuore".
Foto dal sito della Basilica

Pensiamo alle tentazioni molteplici che il Cuore umano di Cristo dovette patire e che vinse: esse son ben più numerose delle tre che i Vangeli ci descrivono ed è in modo particolare Luca che ce lo fa comprendere, sottolineando, nell'incipit della pericope che:
"Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo" (Lc 4,1-3).
Alla fine di questi quaranta giorni il diavolo sferrò le tre grandi tentazioni del cibo, del potere, della superbia,  ma comprendiamo dal Vangelo che tutto quel lasso di tempo fu una continua preghiera, penitenza e tentazione per Gesù.
Questi dettagli ci conducono su un altro mistero taciuto dagli evangelisti: le tentazioni durante l'intera vita di Cristo.
Satana non seppe fin da subito che Gesù era Figlio di Dio. Lo si evince dai Vangeli e vari santi e scrittori spirituali attestano che la sua nascita in umili condizioni fosse proprio stata voluta da Dio per garantire quella "vita nascosta" che Gesù condusse per ben trent'anni.
Ma se il "mestiere" del demonio è quello di tentare tutti gli uomini per indurli al male e farli cadere nel peccato, allora è naturale che abbia agito così anche con Cristo, che non solo era considerato un uomo, ma, pur essendo anche Dio, possiede realmente la natura umana.
Di più: trovandosi dinanzi ad un Uomo dalle virtù perfette, maggiori saranno state le tentazioni sferrate dal diavolo, tentazioni proporzionate a quell'incomparabile, perfetto grado di santità in cui Cristo viveva.
Gesù - non dimentichiamolo - in quanto Uomo godeva del libero arbitrio, al pari di tutto il genere umano.
Il Suo Cuore avrà vissuto come ogni cuore umano le tentazioni che il diavolo è solito scatenare all'interno delle creature, ed in sommo grado, proprio perché somma era la purezza e la bontà di Cristo.
Proprio le tre tentazioni nel deserto ne sono la conferma: il demonio - che ora sa chi è Gesù - propone delle suggestioni umanamente impossibili, suggerisce delle seduzioni estreme, perché estrema è la santità di Colui che egli tenta.
Dunque, trovandosi dinanzi ad un Uomo dalle virtù coltivate in sommo grado, dalla perfezione mai vista sulla terra...certamente le tentazioni scatenate dal demonio contro Cristo durante tutta la Sua vita saranno state le più grandi mai patite da ogni comune mortale.
Se il Cuore di Gesù è "mite ed umile" è dunque sia perché tale era la Sua perfetta natura umana, sia perché, giorno dopo giorno Egli ha rifiutato ogni suggestione diabolica, reagendo con mitezza ed umiltà all'ingratitudine umana, così come ad ogni lode e adorazione di quanti credevano in Lui, tutti aspetti che Satana voleva sfruttare per tentare Gesù ora di superbia, ora d'ira.
Se proviamo per un attimo ad immaginare la somma di tutte le tentazioni umanamente subite da Gesù (ed è ovvio che Egli le abbia subite, essendosi caricato di tutti i peccati degli uomini), possiamo dire che se Egli le vinse fu proprio perché - umanamente parlando - rimase "fedele" a quel grande amore che lo lega, in quanto Figlio, al Padre, e a quella richiesta: "Dammi il tuo cuore"!
Satana ha tentato di sviare il Cuore di Gesù dal cuore di Dio, ma Cristo è rimasto Cuore di Figlio, fedele al Padre; Cuore di Sposo fedele alla Chiesa; Cuore di Padre - perché del Padre ci mostra il cuore!- fedele ai suoi figli; Cuore di Amico fedele agli amici fino a dare la vita per loro; Cuore di creatura fedele alla fedeltà di Dio.
Gesù ha dato tutto il Suo Cuore al Padre...e così facendo lo ha donato anche a ciascuno di noi.
Lo ha fatto per amore, perché in Lui si realizzano quelle espressioni colme di senso che spesso si dicono gli innamorati: "Ti dono per sempre il mio cuore" e  "il mio cuore è nelle tue mani".

Quest'oggi, Solennità del Sacro Cuore di Gesù, meditiamo su come anche noi - ad imitazione di Cristo - siamo chiamati a dare il nostro cuore al Padre ed in questa donazione a Dio siamo chiamati anche a renderci dono per i nostri fratelli.
Cristo non ha avuto timore di amare fino in fondo, donando quel Cuore preziosissimo al Padre, e donandolo a noi, affinché ne sappiamo fare tesoro, anzi, affinché sappiamo arricchirci dei tesori inesauribili in Esso contenuti.
Possiamo fare altrettanto anche noi, vincendo le innumerevoli tentazioni che ogni giorno il demonio ci propone, ricordando che se noi siamo uomini, anche Gesù lo era quando fu tentato (e lo è ora che è stato glorificato!): "In Cristo noi contempliamo la fedeltà di Dio. Ogni gesto, ogni parola di Gesù lascia trasparire l’amore misericordioso e fedele del Padre.
E allora dinanzi a Lui ci domandiamo: com’è il mio amore per il prossimo? So essere fedele? Oppure sono volubile, seguo i miei umori e le mie simpatie? Ciascuno di noi può rispondere nella propria coscienza. Ma soprattutto possiamo dire al Signore: Signore Gesù, rendi il mio cuore sempre più simile al tuo, pieno di amore e di fedeltà."
(Papa Francesco, Omelia per la Solennità del Sacro Cuore di Gesù, 27 giugno 2014)
Se sapremo essere fedeli in questa donazione del cuore, intesseremo un dialogo d'amore con il Cuore che, più di tutti, ci ha amati e ci ama.

BUONA SOLENNITA'  A TUTTI!



PREGHIERA AL SACRO CUORE

della Beata Eugenia Ravasco



O Signore, fa' che tante anime 
sviate dal retto cammino trovino nel vostro Ss. Cuore 
quella pace e gioia 
che inutilmente cercano lontano da te.
Per i meriti della tua passione
eusaudisci speciali misericordie 
facendoci strumenti abili a moltiplicare e dilatare 
la tua gloria, 
e soprattutto infiammaci d'amore santo 
onde vivere e morire per Dio solo.

Pater, Ave, Gloria

mercoledì 10 giugno 2015

NOVENA AL SACRO CUORE- nono giorno: il Cuore di Cristo è il paradigma di Dio in terra



PREGHIERA AL SACRO CUORE
della Beata Eugenia Ravasco

O Signore, fa' che tante anime 
sviate dal retto cammino trovino nel vostro Ss. Cuore 
quella pace e gioia 
che inutilmente cercano lontano da te.
Per i meriti della tua passione
eusaudisci speciali misericordie 
facendoci strumenti abili a moltiplicare e dilatare 
la tua gloria, 
e soprattutto infiammaci d'amore santo 
onde vivere e morire per Dio solo.

Pater, Ave, Gloria
 
 
 
 
 
 
Meditiamo insieme a Giovanni Battista Montini - Paolo VI:
(da "La devozione al Sacro Cuore nei discorsi di Papa Montini, LEV, 1977, pp.39-40)
 
  
"Gesù è venuto nel mondo e il mondo non lo volle ricevere.
L'hanno condannato come un impostore, un blasfemo e come un nemico del popolo, un nemico di Cesare, un nemico di tutti. 
Questa è stata l'accoglienza che il genere umano ha fatto a Gesù.
E Gesù paziente, Gesù venendo in mezzo agli uomini ha stima degli uomini.
Sappiamo quanta confidenza sia scaturita dal suo cuore sugli uomini. Se c'è davvero conforto dopo venti secoli per te, uomo così caduco, così infelice, è perché c'è qualcuno che ti compatisce, c'è qualcuno che ti vuol bene, qualcuno che ti aspetta, che è ancora capace di sollevarti e di perdonarti.
Questo qualcuno è Gesù, è Cristo, è il Cuore del Signore.
Sappiamo di tante anime che hanno accettato di avvicinarlo, di andare a lui con la testa china, col passo trepidante, e che hanno trovato il Signore pronto ad accoglierli e a consolarli. 
Gesù è il paradigma di Dio in terra".

NOVENA AL SACRO CUORE - ottavo giorno: "Mite e umile di cuore"...



PREGHIERA AL SACRO CUORE
della Beata Eugenia Ravasco


O Signore, fa' che tante anime 

sviate dal retto cammino trovino nel vostro Ss. Cuore 

quella pace e gioia 

che inutilmente cercano lontano da te.

Per i meriti della tua passione

eusaudisci speciali misericordie 

facendoci strumenti abili a moltiplicare e dilatare 

la tua gloria, 

e soprattutto infiammaci d'amore santo 

onde vivere e morire per Dio solo.



Pater, Ave, Gloria

 

 

 

 

 
 
Meditiamo insieme a Giovanni Battista Montini - Paolo VI:
(da "La devozione al Sacro Cuore nei discorsi di Papa Montini, LEV, 1977, pp.35-36)
 
  
"Come ci raffiguriamo Cristo Gesù? Quale è l'aspetto caratteristico di lui, come risulta dal Vangelo? Come a prima vista si presenta Gesù?
Una volta ancora le sue stesse parole ci aiutano: Io sono mite e umile di cuore (Mt 11,29).
Gesù vuole essere guardato così, anche se la visione di Lui che ci dà l'Apocalisse riempie di forma e di luce la sua figura celeste (Ap 1,12).
Questo aspetto dolce, buono e soprattutto umile si impone come essenziale. Meditando si avverte che esso manifesta ed insieme nasconde un mistero fondamentale relativo a Cristo, quello della Incarnazione, quello del Dio umile, mistero che foverna tutta la vita e la missione di Cristo.
Gesù è l'uomo buono per eccellenza: ed è perciò che Egli è disceso al livello infimo anche della scala umana: si è fatto bambino, si è fatto povero, si è fatto paziente, si è fatto vittima perché nessuno dei suoi fratelli in umanità potesse sentirlo superiore o lontano. Si è messo ai piedi di tutti.
Non è da stupire se l'iconografia di Cristo abbia sempre cercato di interpretare questa mansuetudine, questa estrema bontà.
L'intelligenza mistica di lui è arrivata a contemplarlo nel cuore e a fare per noi moderni, sentimentali e psicologi sempre polarizzati verso la metafisica dell'amore, del culto al Sacro Cuore, il focolare ardente e simbolico della devozione e della attività cristiana".

martedì 9 giugno 2015

NOVENA AL SACRO CUORE- settimo giorno: Gesù ci amati con Cuore d'uomo





PREGHIERA AL SACRO CUORE
della Beata Eugenia Ravasco


O Signore, fa' che tante anime 
sviate dal retto cammino trovino nel vostro Ss. Cuore 
quella pace e gioia 
che inutilmente cercano lontano da te.
Per i meriti della tua passione
eusaudisci speciali misericordie 
facendoci strumenti abili a moltiplicare e dilatare 
la tua gloria, 
e soprattutto infiammaci d'amore santo 
onde vivere e morire per Dio solo.

Pater, Ave, Gloria
 
 
 
 
 
 
Meditiamo insieme a Giovanni Battista Montini - Paolo VI:
(da "La devozione al Sacro Cuore nei discorsi di Papa Montini, LEV, 1977, p. 34)
 
  
"Se uno capisce di essere stato amato: amato fino a un grado supremo e impensabile, fino alla morte, silenziosa, gratuita, crudele e sofferta, fino a una consumazione totale (cfr. Gv 19,30) da Chi nemmeno noi conoscevamo, e conosciutolo l'abbiamo negato e offeso, se uno, diciamo, comprende d'essere oggetto di tale amore, di tanto amore, non può più restare tranquillo. 
Questa è l'origine del culto al Sacro Cuore di Gesù, quando sappiamo che il termine cuore è simbolo, segno, sintesi della nostra redenzione vista nella divina e umana interiorità di Cristo. Gesù ci ha amati, dice il Concilio, anche con cuore d'uomo (Guadium et Spes, n.22). E come!".

lunedì 8 giugno 2015

NOVENA AL SACRO CUORE- sesto giorno: Il Cuore umano di cristo pulsa di Amore divino



PREGHIERA AL SACRO CUORE
della Beata Eugenia Ravasco


O Signore, fa' che tante anime 
sviate dal retto cammino trovino nel vostro Ss. Cuore 
quella pace e gioia 
che inutilmente cercano lontano da te.
Per i meriti della tua passione
eusaudisci speciali misericordie 
facendoci strumenti abili a moltiplicare e dilatare 
la tua gloria, 
e soprattutto infiammaci d'amore santo 
onde vivere e morire per Dio solo.

Pater, Ave, Gloria
 
 
 
 
 
 
Meditiamo insieme a Giovanni Battista Montini - Paolo VI:
(da "La devozione al Sacro Cuore nei discorsi di Papa Montini, LEV, 1977, p.29)
 
  
"L'escursione nei grandi orizzonti della storia, ci conduce ancora a questa parola tanto ripetuta, tanto abusata, la parola amore che, compresa nella sua vera e più alta espressione, è parola divina.
Dio è amore.
L'amore è al centro ideale di tutto il sistema umano concepito in funzione della sua perfezione. E non solo ideale, ma reale.
Un Cuore vivo, sanguinante e vivificante, palpita nella umanità. E' quel Cuore che davvero ha amato il mondo. E' il Cuore umano di Cristo che pulsa di Amore divino.
Ricordiamolo per capire il segreto del monto e per mettere, con la Madonna, il nostro cuore all'unisono con quello di Cristo".