venerdì 30 gennaio 2015

NOVENA A SAN GIOVANNI BOSCO - L'amicizia - nono giorno


NOVENA A SAN GIOVANNI BOSCO
 



O San Giovanni Bosco, padre e maestro della gioventù,
che tanto lavorasti per la salvezza delle anime,
sii nostra guida nel cercare il bene delle anime nostre
e la salvezza dei prossimo;
aiutaci a vincere le passioni e il rispetto umano;
insegnaci ad amare
 Gesù Sacramentato,
Maria Ausiliatrice
e il Papa;
e implora da Dio per noi una buona,
affinché possiamo raggiungerti in Paradiso. 

Amen.
 
 
"Benchè i miei amici muoiano, la mia amicizia non muore affatto".
(San Francesco di Sales, Opere Complete, a cura del Monastero della Visitazione di Annecy, XV,94)


L'essenza dell'amicizia spirituale è sostanzialmente una: amarsi in Dio.
E se Dio è eterno, ne va da sé che anche l'amicizia vera debba esserlo, superando l'ostacolo "naturale" della morte che prima o poi ci coglie tutti, per collocarci nell'eternità.
Essendo l'anima immortale, e poiché proprio le anime - nell'amicizia spirituale - si trovano in profonda comunicazione, può anche venire a mancare il "mezzo" umano attraverso cui gli amici comunicano (la parola, lo sguardo, e via dicendo), ma mai potrà venire meno l'essenziale per rimanere legati. Occorre però avere fede in quel Dio che ci ha fatti così...corporali e spirituali, capaci tuttavia di amare ben oltre la dimensione strettamente e solamente umana, materiale, nell'attesa della pienezza che riceveremo in Cielo.

Luigi Comollo e Giovanni Bosco ebbero proprio questa "percezione" dell'amicizia, tanto da vivere intensamente non solo i momenti di gioia, ma anche quelli di dolore, in una comunicazione continua di cose spirituali, già fin dall'approssimarsi della morte di Luigi.
Le Memorie dell'Oratorio riportano una confidenza del ragazzo al suo amico Giovanni, un presagio della prossima ed improvvisa morte che lo avrebbe preso di lì a poco, nel fiore degli anni.
Da infermo poi, Luigi non mancò di narrare sempre a Giovanni le cose più interiori che stava vivendo in quei momenti, unendo a tutto questo il lascito di una serie di raccomandazioni, una sorta di "testamento spirituale".
La cosa più sconvolgente, fu tuttavia un avvenimento che ci lascia intravedere la potenza di Dio...e quella dell'amicizia. E che ci offre tuttavia anche un monito spirituale.

Don Bosco scrisse nelle Memorie dell'Oratorio:
"La nostra amicizia era così profonda che parlavamo apertamente di tutto ciò che ci poteva accadere.
Parlammo anche della possibilità che uno di noi morisse.
Un giorno, dopo aver letto insieme un lungo brano della vita di un santo, un po' per ridere un po' sul serio, uno di noi disse:
- Sarebbe bello che il primo che muore tra noi due, venisse a portare all'altro notizie dell'al di là. -
Dopo averne parlato molte volte, abbiamo fatto un patto:
- Il primo che muore, se Dio lo permette, verrà a dire all'altro se è salvo. -
Non pensavo che questo patto fosse una cosa importante.
L'abbiamo fatto con una certa leggerezza (non consiglierò mai nessuno a fare un patto simile!).
Tuttavia, specialmente durante l'ultima malattia di Luigi, l'abbiamo confermato e rinnovato molte volte.
Anzi, posso dire che le sue ultime parole, il suo ultimo sguardo, furono una specie di firma su quel patto.
Molti compagni conoscevano la faccenda.
Luigi Comollo morì il 2 aprile 1839. 
La sera del giorno dopo fu sepolto con grande rimpianto nella Chiesa di san Filippo.
Quelli che conoscevano il nostro patto erano ansiosi di vedere ciò che sarebbe capitato.
Io ero ansiosissimo.
Speravo che la notizia che Luigi mi avrebbe fatto arrivare, avrebbe smorzato la grande pena che provavo per la sua scomparsa".
(San Giovanni Bosco, Memorie dell'Oratorio, pp.85-86, Elledicì, 1986)


Si impone di interrompere per un momento la citazione del testo e inserire una prima precisazione: don Bosco, scrivendo per ordine del Papa Pio IX le sue Memorie, aveva ricevuto l'obbligo di narrare tutto ciò che, nella sua vita, avesse avuto sentore di "soprannaturale".
Ecco perché un fatto così particolare, il "patto" tra lui e Comollo - nella prima edizione della biografia di quest'ultimo solo accennato - qui venne invece raccontato in maniera più dettagliata.
Elemento per noi provvidenziale, perché ci consente di entrare ancora più in profondità nel rapporto di amicizia tra i due ragazzi.
Verissimo che don Bosco, col famoso senno di poi (e soprattutto con la maturità spirituale di  uomo e sacerdote adulto) affermò che l'accordo era stato siglato con una certa "leggerezza" e che non avrebbe più consigliato a nessuno di fare cosa simile....ma, d'altro canto, da questo emerge un dato di fondo, ossia che l'amicizia tra questi due giovani era veramente radicata "tutta in Dio", come dimostra l'intensa preoccupazione per la salvezza delle reciproche anime.
La narrazione di don Bosco lo sottolinea fortemente anche attraverso un ulteriore elemento: l' "ansia" con cui egli attendeva la "notizia" da parte di Luigi era legata al desiderio di smorzare la pena per la sua scomparsa.
Sapere l'amico "salvo", in Paradiso, alla presenza di Dio e di Maria da lui tanto amati in vita, sarebbe stata la consolazione più grande per Giovanni. A don Bosco interessava il vero bene dell'amico Luigi.

C'è poi una seconda precisazione che qui si impone. La si ricava dalla seconda edizione della Vita di Comollo, redatta da don Bosco (ed in cui il santo utilizzava il solito espediente di celare l'identità dell'amico di Luigi) :
« Nelle nostre amichevoli relazioni, seguendo ciò che avevamo letto in alcuni libri, avevamo pattuito fra di noi di pregare l'un per l'altro, e che colui, il quale primo fosse chiamato all'eternità, avrebbe portato al superstite notizie dell'altro mondo. 
Più volte abbiamo la medesima promessa confermata, mettendo sempre la condizione, se Dio avesse ciò permesso e fosse stato di suo gradimento. Simil cosa allora si fece come una puerilità, senza conoscerne l'importanza; tuttavia tra di noi si ritenne sempre sul serio quale sacra promessa e da mantenersi".

E' un dato dal peso piuttosto consistente: la promessa tra i due era in realtà un patto tra "Tre", in quanto coinvolgeva la Volontà di Dio, e ad essa era in realtà pienamente sottomessa.
Per quanto definita dunque puerile e leggera, il nocciolo era stato salvato: tutto solo e soltanto se Dio l'avesso gradito e permesso.

A questo punto, lasciamo nuovamente spazio alla narrazione fatta da Giovanni nella biografia di Luigi:

"Era la notte del 4 aprile, notte che seguiva il giorno della sua sepoltura, ed io riposava cogli alunni del corso Teologico in quel dormitorio che dà nel cortile a mezzodì. 
Ero a letto, ma non dormiva e stava pensando alla fatta promessa, e quasi presago di ciò che doveva accadere ero in preda ad una paurosa commozione. 
Quando, sullo scoccare della mezzanotte, odesi un cupo rumore in fondo al corridoio, rumore che rendevasi più sensibile, più cupo, più acuto mentre si avvicinava. 
Pareva quello di un carrettone, di un treno di ferrovia, quasi dello sparo di un cannone. 
Non saprei esprimermi se non col dire che formava un complesso di fragori così vibrati e in certo modo così violenti, da recare spavento grandissimo e togliere le parole di bocca a chi l'ascoltava. 
Ma nell'atto che si avvicinava lasciava dietro di sè rumoreggianti le pareti, la volta, il pavimento del corridoio, come se fossero costrutti di lastre di ferro scosse da potentissimo braccio. 
Il suo avvicinarsi non era sensibile in modo da potersi misurare il diminuirsi delle distanze, ma lasciava un' incertezza quale lascia una vaporiera, della quale talora non si può conoscere il punto ove si trova nella sua corsa, se si è costretti a giudicare dal solo fumo che si stende per l'aria.
I Seminaristi di quel dormitorio si svegliano, ma niuno parla. 
Io era impietrito dal timore. 
Il rumore si avanza, ma sempre più spaventoso; è presso al dormitorio; si apre da sè violentemente la porta del medesimo; continua più veemente il fragore senza che alcuna cosa si veda, eccetto una languida luce, ma di vario colore, che pareva regolatrice di quel suono. 
Ad un certo momento si fa improvviso silenzio, splende più viva quella luce, e si ode distintamente risuonare la voce del Comollo che, chiamato per nome il compagno tre volte consecutive, dice:
            - Io sono salvo!
In quel momento il dormitorio venne ancora più luminoso, il cessato rumore di bel nuovo si fa udire di gran lunga più violento, quasi tuono che sprofondasse la casa, ma tosto cessò ed ogni luce disparve".
(Aggiunge don Bosco, nelle Memorie dell'Oratorio: "Tutti i chierici udirono il rumore. 
Molti sentirono la voce, ma non capirono le parole.
Alcuni, come me, le capirono benissimo, tanto che per molto tempo furono poi tramandate di bocca in bocca". )
I compagni balzati di letto fuggirono senza saper dove; si raccolsero alcuni in qualche angolo del dormitorio, si strinsero altri intorno al prefetto di camerata, che era D. Giuseppe Fiorito da Rivoli; tutti passarono la notte, aspettando ansiosamente il sollievo della luce del giorno.
Io ho sofferto assai e fu tale il mio spavento, che in quell'istante avrei preferito di morire. Di qui incominciò una malattia, che mi portò all'orlo della tomba e mi lasciò così male andato di sanità, che non ho potuto più riacquistarla so non molti anni dopo. 

 Lascio a ciascheduno dei lettori a fare di questa apparizione quel giudizio che egli crederà, avvertendo però che dopo tanti anni sono oggigiorno ancora fra i vivi alcuni testimoni del fatto. (esistono due testimonianze scritte a conferma di questa apparizione alla camerata dei Chierici del seminario di Chieri. Entrambe conservate nell'Archivio Salesiano Centrale, sono una di don Michele Chiantore, compagno di camerata di don Bosco, e di Genoveffa Fiorito, sorella del don Giuseppe sopra citato e che testimoniò di aver ascoltato più volte il fatto, per bocca del fratello)

Io mi contento di averlo esposto nella sua interezza, ma raccomando a tutti i miei giovani di non fare tali convenzioni, perchè, trattandosi di mettere in relazione le cose naturali colle soprannaturali, la povera umanità ne soffre gravemente, specialmente in cose non necessarie alla nostra eterna salvezza".

Don Bosco è chiaro nel fornirci una massima spirituale, che la Bibbia stessa ci consegna, invitandoci a non tentare il Signore nostro Dio, pur se Egli può tutto (ed è questa la risposta che Gesù lancia al demonio, durante la tentazione nel deserto...): "Dio è onnipotentente, Dio è misericordioso. Ordinariamente non fa a caso di questi patti.
Ma qualche volta, nella Sua infinita misericordia, permette che si compiano, come avvenne per me". 

Rimane indubbio un fatto: l'amicizia tra Luigi e Giovanni fu così profonda e "vera" da continuare a "vivere" oltre la morte.
Se Dio permise che anche altri potessero vedere e sentire ciò che accadde, fu forse proprio per lasciare a loro, ed anche a noi posteri, un segno eloquente della potenza dell'amicizia spirituale ed in un certo senso, di come Dio stesso la gradisca, la favorisca e continui a disseminare nei secoli i semi di questo prezioso sentimento cristiano, che è lo stesso per il quale il Verbo Si fece Carne, fino a dare la vita...per i Suoi amici.
 
Don Bosco (e Luigi Comollo!) ci ottengano dal Signore la grazia di sperimentare, anche nelle nostre vite, la bellezza di amicizie sante, destinate a durare per sempre, in Cristo Signore, l'Amico per eccellenza!

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