venerdì 14 marzo 2014

STORIA DI CATERINA FARNESE, principessa e carmelitana - 2a parte



Carissimi amici del blog, prosegue la pubblicazione del testo sulla vita di Caterina Farnese - principessa e carmelitana scalza.




Lo scritto - curato dalle monache carmelitane scalze del monastero di Parma - è in corso di pubblicazione sulla rivista "Il Carmelo oggi".

 

 

 

 


Caterina Farnese, principessa e carmelitana


- seconda parte -



Caterina Farnese, al tempo in cui indossava già l'abito carmelitano


 

Con la mamma sono scintille…


La prima persona che ebbe a sperimentare, non senza grande sofferenza, le stranezze e l'impertinenza della bambina fu la buona e saggia duchessa Margherita, per la quale questa figlia bizzarra rappresentò una spina nel fianco fino a quando entrò in monastero. Di fronte alle bizze di Caterina, la Serenissima Duchessa perdeva facilmente e comprensibilmente la pazienza: e spesso, non contemplato dall'etichetta di corte, volava qualche schiaffo.

Cosa che, anziché correggere la bambina, le offriva un’occasione per estrarre dal suo repertorio qualche battuta impertinente.

Una volta in cui, nel tentativo di percuoterla, la duches­sa si fece male ad una mano, Caterina commentò pronta: Lodato sia Dio: voleva fare male a me, e l'ha fatto a sé!

In occasione di un altro schiaffo materno Caterina fuggì in una stanza dove un gruppo di dame stava ammirando una scimmietta addomesticata. L’animale, forse spaventato dall’improvvisa irruzione della bambina, le si scagliò addosso, cercando di graffiarle il volto.

Chiamata dalle grida delle dame, accorse la duchessa, che prontamente liberò la figlia. Caterina non lascio trasparire la paura che certamente doveva avere provato, ma si mostrò più soda che mai nel suo orgoglio. Con una prontezza di battuta che farebbe meraviglia anche in un adulto, commentò: Sia pur ringraziata la scimmia; ha insegnato alla Signora Madre che se me le ha date, ha poi anche avuto di grazia di venirmi ad aiutare.

Una simile risposta indubbiamente tradisce mancanza e desiderio di affetto; ma prima di accusare i familiari dobbiamo ammettere che Caterina faceva ben poco per conquistarlo e che le sue durezze avrebbero scoraggiato la più volenterosa delle madri.

Anche il prenderla con le buone maniere infatti otteneva ben scarsi risultati: la povera duchessa, per quanto chiedesse alla bambina quali fossero le sue predilezioni e i suoi desideri, non ebbe mai la soddisfazione di sentirsi dare una risposta; una volta volle sapere da Caterina la ragione di questo mutismo ostinato: Non voglio che ci si avvezzi a dirmi di no, fu la pronta replica.

Caparbia in tutto, Caterina lo era specialmente quando le si imponeva, naturalmente invano, di chiedere perdono, inginocchiandosi – secondo la prassi del tempo – davanti ai genitori. Una volta uno dei fratelli, vedendo che la madre, di fronte all’ostinazione della piccola, aveva rivolto desolata il viso altrove, escogitò una pietosa bugia, dicendo alla duchessa che proprio in quell'istante la bambina si era inginocchiata per chiederle perdono. Ma Caterina, rigorosamente zitta fino a quel momento, esclamò a gran voce: Io, perdono? Non sarà mai vero!





…ma neppure gli altri hanno troppa fortuna!


Nei rapporti con Caterina maggior fortuna non aveva la nonna Margherita Aldobrandini, della quale la nipotina metteva in crisi sia il prestigio che la pazienza.

La veneranda matrona amava recarsi presso le Scalze insieme con le nipoti. 
L'unica a recalcitrare era Caterina, che verso monache e conventi aveva sempre dimostrato una spiccata antipatia. 
Una volta 1'anziana nobildonna condusse la bambina nella stanza del capitolo, dove erano radunate le religiose per ossequiare la loro benefattrice.

Si trovava nella stanza una statua di Santa Teresa rivestita (secondo un uso tipico spagnolo) con abiti autentici.

La nonna tolse alla statua la cappa di lana bianca e la pose sulle spalle della bimba. Incurante della presenza delle monache, Caterina dimostrò tutta la sua ripugnanza ma non fu capace di reagire secondo il suo costume. 
Rimase come soggiogata sotto quell’indumento e non si mosse. 
Padre Massimo assicura che lo fece per non disgustare la nonna; i biografi posteriori hanno parlato di una forza soprannaturale che, con chiaro significato profetico, avrebbe dominate la piccola Caterina. Noi propendiamo per quest'ultima spiegazione che - dopo tutto - é più credibile della precedente!

Sta di fatto che da allora, ogniqualvolta tornava con la nonna presso le Scalze, Caterina fuggiva come il vento davanti a quella statua, per timore della cappa da lei tanto aborrita.

Anche il precettore di casa Farnese, il marchese Cremona, dovette ben presto sperimentare 1'inflessibile ostinazione della bambina.

Una volta Caterina, durante una lezione, decise di non leggere. 
Il precettore per castigarla le impose, per quel giorno, di mangiare stando in ginocchio. L’orgoglio ferito di Caterina allora trovò il modo di rifarsi con una battuta delle sue: A me basta ch'io mi cibi, e loro non l’abbiano vinta con farmi leggere.

Alle vittime di Caterina vanno aggiunte le cameriere. 
Servire la principessina non era facile, perché già da bambina ella amò avere un aspetto impeccabile. Bastava un nonnulla, ed ecco che Caterina

ora buttava all'aria il lavoro fatto fino a quel momento, ora percuoteva le ragazze con uno scatto improvviso…

Eppure questi burrascosi rapporti erano illuminati di tanto in tanto da sprazzi di tenerezza e perfino di umiltà.

Anzi, era proprio con le cameriere che la bambina esprimeva il meglio di sé. 
Mentre gli scontri frontali con 1'energica duchessa erano buoni solo a renderla più soda che mai nel suo orgoglio, le sfuriate ai danni delle inermi ragazze la facevano rientrare in sé, suggerendole poi sentimenti di rincrescimento e rimorso.

Allora, con uno slancio impetuoso come impetuosa era stata la sua collera, afferrava il primo oggetto che le capitava tra le mani e ne faceva dono a colei che aveva appena offeso, chiedeva mille scuse e diventava mansueta come una colomba.

Sennonché 1'incantesimo era destinato a rompersi in fretta…

E così alla duchessa non rimase altro che rassegnarsi poco a poco; e in fine si accontentò di convincersi e di ripetere che sua figlia era una gran testa.



Acquedotto Farnese, Parma

Devota sì, ma a modo suo


Eppure in questa gran testa il senso di Dio era fortissimo ed alcuni piccoli episodi che il Padre Massimo ci tramanda lasciano intravedere un ardore generoso e appassionato, che si impone alla nostra attenzione, pur attraverso le stranezze di cui era rivestito.

Caterina, certamente influenzata da qualche lettura agiografica, si ingegnava di escogitare delle penitenze, come quella di rinunciare al riposo estivo pomeridiano e di sostituirlo con una prolungata esposizione ai raggi del sole: ma lo faceva rigorosamente di nascosto, così come di nascosto recitava le sue preghiere; lo faceva con fedeltà e devozione, ma con tutte le precauzioni possibili per non dare nell'occhio. 
Se le cameriere la sorprendevano mentre stava pregando, subito assumeva un atteggiamento disinvolto come se fosse stata intenta a tutt'altro; accanto ai libri devoti (che leggeva volentieri) era solita tenerne pronto uno profano, per afferrarlo nei momenti d'emergenza e così mantenersi in concetto di non essere devota.

Insomma, era talmente aliena da ogni forma esteriore di devozione da far credere alla corte che neppure dicesse un’Ave Maria di sua elezione.

E così la buona duchessa, che tanto avrebbe voluto vederla pia e devota, doveva incassare un altro colpo: si sarebbe rifatta, molti anni dopo, constatando con lacrime di commozione le meraviglie che Dio operava nella piccola selvatichetta di una volta.











Da dove attingiamo queste notizie?


Mentre delle notizie sui Farnese abbondano i libri di storia, le notizie «ufficiali» sulla figura di Caterina sembravano destinate a ridursi a poche (e malevole) citazioni da parte di storici che, sospettosi nei confronti della vita claustrale, si affrettarono a classificarla come una monaca infelice o come una sognatrice esaltata. 
Ma alla bella figura della principessa viene resa giustizia da un piacevole libro che nel corso dei secoli è stato sepolto dalla polvere dell’oblìo, ma che all’epoca fu una specie di best seller: il Raguaglio Istorico della Nascita, Vita, e Morte di Suor Teresa Margherita dell'Incarnazione già nel Secolo Serenissima Principessa Caterina Farnese, scritto dal suo confessore Padre Massimo Brasca e del quale una copia è conservata presso la prestigiosa Biblioteca Palatina di Parma.
È da questo simpatico libro, scritto con affettuosa vivacità e senza ombra di retorica, che sono attinte quasi tutte le notizie riguardanti Caterina, con sovrabbondanza di citazioni dirette, riconoscibili per il carattere corsivo. 
Le notizie sul Carmelo di Parma invece sono attinte dalle numerose cronache manoscritte presenti nel nostro e in altri monasteri.

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