lunedì 24 febbraio 2014

Q!UANDO CREDERE E' PREGARE E PREGARE E' CREDERE - riflessioni a margine del Vangelo di oggi


"... dalla folla uno gli rispose: «Maestro, ho portato da te mio figlio, che ha uno spirito muto. 
Ho detto ai tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti». 
Egli allora disse loro: «O generazione incredula! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo da me». 
E glielo portarono. 

Gesù interrogò il padre
Ed egli rispose: «Ma se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci». 
Gesù gli disse: «Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede». 
Il padre del fanciullo rispose subito ad alta voce: «Credo; aiuta la mia incredulità!». 

Entrato in casa, i suoi discepoli gli domandavano in privato: «Perché noi non siamo riusciti a scacciarlo?». 
Ed egli disse loro: «Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera».
  

(Mc 9, 17-19; 21-24; 23-29) 


Il Vangelo di oggi ha molte risonanze bibliche, in perfetta consonanza con la lettera di San Giacomo che la Liturgia ci presenta come prima Lettura, già dalla scorsa settimana.
In un certo senso i miracoli di Gesù che  il Vangelo di Marco ci propone, si snodano come fossero un itinerario di fede e la lettera di Giacomo aiuta a far luce su questo aspetto.
Lunedì scorso, leggevamo in essa le "condizioni per chiedere": "con fede, senza esitare, perché chi esita somiglia all'onda del mare. 
Un uomo così non pensi di ricevere qualcosa dal Signore". (Gc 1,6))
Dio chiede spazio in noi per poter operare i Suoi miracoli.

Mercoledì scorso il Vangelo (Mc 8,22-26) ci ha presentato la guarigione "in due tempi" del cieco  di Betsaida: non ci troviamo di fronte alla parola "fede", ma la si può leggere come sottofondo di tutto il brano.
Perché Gesù spezza la guarigione in due momenti?
Perché interpella il cieco?
La domanda "Vedi qualcosa"? che il Maestro gli rivolge dopo la prima "tappa", la potremmo riscrivere in : "Cosa vedi, in base alla tua fede"?
Perché se oggi Gesù dice al padre del bimbo indemoniato: otterrai in base alla tua fede, allora - applicando lo stesso metro alle altre guarigioni - anche il cieco ottiene in base a quanto ha creduto.
Evidentemente, almeno all'inizio,il cieco ha ottenuto poco, perché poco ha chiesto, perché poco ha creduto.
E' qui che però avviene lo straordinario: Gesù gli dà un'altra occasione.
Quella domanda e quella risposta sono il punto di partenza per la seconda fase del miracolo, che si conclude con la piena guarigione.
Dio non si stanca, direbbe Papa Francesco.
Dio ci invoglia a credere sempre e sempre di più.
In un certo senso la prima parte del miracolo è propedeutica ad un incremento di fede, affinché anche la vista torni totale, completa, definitiva.

Allo stesso modo, oggi, seppure con sfumature diverse, si ripresenta la stessa dualità, la doppia fase nell'interazione fra Gesù e colui che chiede il Suo intervento.

Il padre del bimbo si rivolge a Cristo.
La sua fede inizialmente è tentennante: "Se tu PUOI". Quasi come se a Dio si potessero mettere dei paletti, dei limiti, delle mancanze.
E qui Gesù parla espressamente, senza mezzi termini, in un rimbalzo di "responsabilità": "Se tu puoi. Tutto è possibile per chi crede".
Siamo davanti a due ...onnipotenze: quella increata e assoluta di Dio, quella "relativa" e derivata dell'uomo, che può tutto nella fede.
Non è eresia, questa, perchè nel Vangelo si parla del granello di Fede che smuove le montagne (cft Lc 17,6), ma questo implica, come sottolinea sempre San Giacomo, essere non solo "ascoltatori" della Parola, ma anche coloro che "la mettono in pratica", attraverso le opere. (cfr Gc 1,19-27).

C'è un filo rosso tra Fede, Opere e ... Preghiera.
La preghiera è l'ultimo elemento che balza oggi nel Vangelo, in  apparente contraddizione con tutto il resto del brano.

Gesù sembra dare due risposte differenti alla "difficoltà" di guarire il bimbo indemoniato, sperimentata dai discepoli.
Al padre dice: dipende dalla tua fede.
Ai discepoli: dipende dalla preghiera incessante.
A tutti: dipende dal "mettere in pratica".
Questa è la chiave di lettura che collega e unifica le varie risposte.

Mettere in pratica la Parola in relazione a fede e credere. Come è possibile?
Osservando e "imitando" lo stile di preghiera di Gesù: una preghiera incessante, che avviene con cadenze e momenti specialmente ad essa dedicati (il Maestro si ritirava a pregare al mattino e alla sera), e rimettendosi sempre e comunque alla volontà di Dio.
Questa è fede in massima misura, sul modello di Cristo che, nell'orto degli Ulivi, ha così tanta "fiducia" nell'Onnipotenza di Dio da dirgli: Se c'è una strada differente, passi da me il Calice della Passione, ma sia fatta la Tua volontà...non la mia.

Qui c'è la differenza tra la nostra fede e quella che possiedono finanche i demoni.
Dice infatti San Giacomo:
"Tu credi che c'è un Dio solo? Fai bene; anche i demòni lo credono e tremano"! (Gc 2,19)
E' solo il passaggio dalla fede alle opere della fede che fa la differenza.
E' solo il passaggio dal credere in Dio al credere in un Dio buono, ma giusto, che ci lascia liberi, che desidera il nostro bene...che fa la differenza.
Credere nell'esistenza di Dio è una cosa;
credere in Dio e fare ciò che chi chiede è altro;
credere in Dio e fidarsi ciecamente di Lui è altro ancora: è la preghiera più elevata, senza tentennamenti, con la solidità dell'uomo che ha costruito la casa sulla roccia (cfr Mt 7,24).
E così torniamo al punto di partenza, a San Giacomo che ci esorta: chiedere con fede, senza esitare.

In questa "ideale" chiusura di un cerchio di pensieri e riflessioni bibliche è quasi doveroso, allora, accennare a quella che è  - per noi cattolici - la massima fusione tra pregare e credere: IL CREDO, la professione di fede.
Scriveva Benedetto XVI, nel Motu Proprio Porta Fidei -n.9-10 : "Auspichiamo che la testimonianza di vita dei credenti cresca nella sua credibilità.
Riscoprire i contenuti della fede professata, celebrata, vissuta e pregata.
Non a caso, nei primi secoli i cristiani erano tenuti ad imparare a memoria il Credo.
Questo serviva loro come preghiera quotidiana per non dimenticare l'impegno assunto con il Battesimo.
Esiste un'unità profonda tra l'atto con cui si crede e i contenuti a cui diamo il nostro assenso.
L'apostolo Paolo permette di entrare all'interno di questa realtà quando scrive: Con il cuore si crede e con la bocca si fa la professione di fede. (Rm 10,10.)
                                                                        

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