lunedì 9 dicembre 2013

UOMO SFRATTATO CHIEDE IL DIVORZIO E MINACCIA IL SUICIDIO. (moderna versione della Genesi)


In un angolo dello splendido Eden, più conosciuto come Paradiso terrestre, si è consumato un dramma umano di portata epocale.

Michelangelo, La cacciata dal Paradiso terrestre. Roma, Cappella Sistina

Adamo, il primo uomo della storia, collocato in uno splendido giardino, dotato di poteri pressocché illimitati su animali e vegetazione e affiancato da una moglie splendida,  è stato "sfrattato" di casa, per aver trasgredito al divieto di mangiare il frutto di un albero. 
L'uomo, infatti, ha violato la "proprietà privata" su istigazione della sua compagna, Eva.
Dopo aver incolpato la moglie, rea di averlo circuito nella degustazione del frutto proibito, l'uomo ha inveito anche contro il Padrone di Casa.

"La donna che tu mi hai messo accanto". (Gn 3,12)

Quella che appariva come una grande storia d'amore ("Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa. La si chiamerà donna perché dall'uomo è stata tolta" Gn 2,23) sembra essersi improvvisamente tramutata in una delle tante relazioni finite male.

Adamo, allora, per prima cosa ha chiesto il divorzio alla moglie Eva, poi si è rivolto all'autorità religiosa per essere"sbattezzato" e, dulcis in fundo, ha minacciato il suicidio, balzando così agli onori della cronaca locale e mondiale.

Non sto scherzando: se quello che ci narra la Genesi al capitolo 3 fosse capitato ad un "cattolico medio" di oggi, come sarebbe andata a finire?
Così come ci narra la Parola di Dio (Adamo conduce una vita di penitenza e lavoro fino a santificarsi, secondo quando attestano la tradizione dei Padri della Chiesa e la liturgia orientale) o come tante "brutte storie" della cronaca contemporanea?

A prima vista siamo davanti ad un uomo che finge di avere una qualche corresponsabilità nel "malfatto" e scarica tutta la colpa sulla donna che lo ha istigato e su Dio che gliel'ha messa accanto.
Fino a qualche istante prima Eva era la "contemplata", l' "aiuto" finalmente "simile" da cui mai si sarebbe potuto separare e si può bene immaginare che di questo "aiuto", l'uomo avesse reso grazie al Creatore; adesso Adamo rinnega invece totalmente sia l'Uno che l'altra.
In una sola frase, nega il buono che aveva ricevuto dal Creatore e dalla donna.

Andando però un po' più a fondo, senza bisogno di pensare alla conclusione della storia, ma già fermandosi sul "presente" della narrazione, si scopre che Adamo, in fin dei conti, non abiura definitivamente al proprio Credo e non abbandona la propria donna.

E' un dato di fatto che, almeno inizialmente, cerchi di addossare la colpa su altri (la donna è stata cattiva, Dio ha scelto per lui la creatura sbagliata), ma non rigetta né l'Uno né l'altra.

Adamo è un po' come noi: quando qualcosa va storto nella nostra vita ci capita di pensare che Dio non ci abbia del tutto aiutato e pecchiamo di sfiducia, pur non rinnegando completamente la fede; ce la prendiamo con gli amici e i familiari, ritenendoci incompresi o poco sostenuti...
insomma, l'essere umano, il più delle volte, ragiona così, da "egoista che si crede scevro da responsabilità".
Nei casi più gravi si arriva a desiderare di essere addirittura "sbattezzati" -cosa impossibile- e per quel che riguarda la vita di coppia, non di rado, alla prima grossa difficoltà, la soluzione più ovvia è il divorzio.

Allora, mentre ieri riascoltavo la lettura biblica durante la Liturgia della Parola, ho pensato a quanto oggi condivido con voi e sono riuscita a provare non il solito sentimento di "rammarico" per Adamo, l'uomo che da ricco si è fatto povero per "debolezza", ma una punta....di ammirazione.
Sì, Adamo ha senza dubbio sbagliato, ma non ha aggiunto errore ad errore.
Non ha dato del "cattivo" a Dio, non Lo ha rinnegato totalmente per la seconda volta.
Non ha abbandonato la donna che gli era stata affidata per compagna di vita.

Ha deciso di accogliere il dono della Misericordia di Dio attraverso una vita di penitenza, di restare accanto a colei che era "carne della sua carne" e ha manifestato il coraggio dell'uomo che, dopo uno sbaglio di proporzioni immani, riesce a fare finalmente i conti con la propria fragilità e a rimboccarsi le maniche per risalire.

In un certo senso, proprio il primo Adamo riesce ad insegnarci qualcosa: una fedeltà che si può ricostruire, nonostante tutto, una promessa che si può mantenere variando le condizioni iniziali che sono state infrante; un amore che può maturare, passando dall'estasi di un momento alla scelta di una vita da condividere accettando pregi e difetti dell'altro.

Oggi si sceglie spesso la via più facile: tagliare la corda, spezzare totalmente i legami anche quando l'altro ci tende una mano.
Adamo, il primo Adamo, ci offre l'esempio di chi ha saputo accogliere la seconda chance offertagli da Dio, e di colui che non ha rinnegato la compagna della propria vita.

Forse occorre saper leggere, attraverso la storia del primo uomo, anche questi piccoli barlumi di positività, riscoprire la capacità di vedere un "lato buono" anche nel negativo.

L'essere umano ha infatti grandi debolezze, ma anche grandi potenzialità.
A noi la capacità di "intravederle" in tutte le situazioni, anche in quelle più disperate e tragiche. 
A noi la possibilità di trovare almeno "un punto accessibile al bene" (come direbbe don Bosco) anche nel progenitore che ci ha lasciato in eredità un grande fardello, quale è il peccato originale.
Allora, come si proclama nella benedizione del cero pasquale, potremo dire: “O felice colpa, che ha meritato un tale e così grande Redentore!” »

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