lunedì 8 luglio 2013

VOCAZIONE: NO ALL' "ACIDITA' " DELLA SOLITUDINE!


(Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Vita Consacrata, n.21 ) 
Papa Francesco, sabato scorso, nell'incontrare novizi, novizie e giovani in ricerca vocazionale, venuti a Roma in pellegrinaggio, è tornato ad usare un termine di cui già aveva fatto uso nel suo discorso alle superiore generali (8 maggio 2013) invitando i consacrati a non essere "zitelli e zitelle".
A prima vista il concetto suscita un po' di ilarità in alcuni, di stizza in altri...ma proviamo a superare gli attriti di quella che a molti sembra una forma poco elegante sul piano linguistico e concentriamoci invece sul contenuto.
Quando una persona si definisce "single" non si dà un colore preciso all'essere "soli".
Si è soli e basta, qualcuno per scelta e qualcuno perché le circostanze lo hanno portato ad una vita senza fidanzato o consorte.
A volte sentiamo anche dire: "sono felicemente single" e allora la parola assume una sfumatura precisa, positiva per chi la pronuncia.
Quasi dicesse: sto solo, ma bene con me stesso. Non avverto la mancanza di niente, di nessuno, sono "completo" ugualmente.
Se pensiamo -al contrario- al termine "zitella" ecco che tutto cambia: il colore della parola diventa di certo scuro, la connotazione è fortemente negativa.
Ci viene in mente qualcuno che è forzatamente rimasto solo, che ha assunto un atteggiamento un po' "acido" e che vive malamente la sua condizione di solitudine. 
La "zitellona acida", nell'immaginario collettivo, è la persona che avrebbe desiderato avere un marito, ma che per vari motivi non si è sposata e si è lasciata "rodere" dal tarlo della mancanza di affetto, divenendo a sua volta incapace di donarne agli altri.
Insomma: la zitella, nella sua accezione negativa, è la persona che non si sente amata e si rende "arida", povera di sentimenti.
Il Papa allora, nell' invitare i consacrati a non essere "zitelli e zitelle", vuole spingere coloro che hanno ricevuto la vocazione per eccellenza a non affrontare la consacrazione come un peso nell' APPARENTE solitudine, ma a ricordare che la loro condizione non è neanche quella di single, ma di SPOSATI.
Sì, sposati: Gesù è lo Sposo delle anime consacrate, e dunque non si è, non si può essere consacrati single, né tantomeno zitelli...
Dio "AMA" colore che sceglie di un amore speciale, di "predilezione".
Il consacrato non è un "non amato", al contrario, è una persona che Dio vuole INABISSARE oltre misura di amore!
Trova qui il suo inserimento il rimando alla "cultura del provvisorio" che va decisamente scartata:un consacrato che risponde alla chiamata e decide si "sposare" Cristo deve sapere che un buon matrimonio riesce bene se fin dall'inizio le premesse non sono quelle del temporaneo, ma del per sempre.
"L'amore per prova" non produce che insicurezza e dall'insicurezza non nascono mai frutti stabili, perché si passa repentinamente dalla soddisfazione di un desiderio all'altro, tanto sul piano materiale, quanto su quello spirituale. 
Cosa che diventa limitativa per l'anima del consacrato, perché impedisce all'AMORE di mettere RADICI SOLIDE, producendo -al contrario- quello che nell'enciclica LUMEN FIDEI lo stesso Papa ribadisce: la cultura degli idoli del mondo cui attaccare il cuore (Lumen Fidei n.57).
Solo una prospettiva a lungo termine permette di "chiudere la porta da dentro", vale a dire, impegnarsi continuamente, costantemente, quotidianamente affinchè il cuore rimanga integralmente donato a Colui che è stato scelto in risposta alla vocazione.
Il Papa non dice: lanciatevi senza pensare, senza prendervi tempo.
Il Papa invita a ponderare la scelta, ma ad essere poi risoluti, decisi, una volta compresa la chiamata.
Le difficoltà, i momenti di crisi, le tentazioni, si superano solo se, una volta pronunciato il proprio SI', la chiave sigilla il cuore, e si rimane fedeli alla scelta fatta....
La fedeltà non è un dato aleatorio, in una consacrazione, bensì un elemento ESSENZIALE: solo rimanendo fedeli alla chiamata sarà possibile produrre il frutto che è il risultato del seme vocazionale gettato dal Seminatore...
Ecco perché il Papa parla anche di "maternità e paternità": un matrimonio senza figli rimarrebbe qualcosa di incompleto e porterebbe a vivere ancora più maldestramente la condizione di consacrazione.
Qui appare evidente la differenza fra matrimonio e consacrazione: in un certo senso, due persone sposate, anche senza figli, possono trovare una loro dimensione "integrale" già nel rapporto di coppia, in cui sentono pure tangibilmente la presenza l'uno dell'altro e si manifestano la reciproca donazione sponsale.
Tuttavia, anche nel matrimonio rimane la necessità di una coppia che protietti pure verso l'esterno il "frutto" di quella donazione, perché altrimenti, anche gli sposi rimangono "infecondi".
In una consacrazione a Dio, questo fattore è ancora più palese: solo il rivolgersi al tu umano in cui so possa trovare rispecchiato il TU divino -a immagine e somiglianza divina- consente di aprirsi alla paternità e maternità di cui parla il Papa.
Una paternità e maternità che saranno necessariamente spirituali, ma non per questo meno importanti!
Gesù non è visibile materialmente ma il consacrato Lo ritrova nell'altro che incontra, a partire dai confratelli, dalle consorelle, dai familiari, ma anche dal povero, dall'ammalato, dall'estraneo...
Così scriveva Giovanni Paolo II nella Lettera Apostolica "Vita consacrata", n. 75:
La ricerca della divina bellezza spinge le persone consacrate a prendersi cura dell'immagine divina deformata nei volti di fratelli e sorelle, volti sfigurati dalla fame, volti delusi da promesse politiche, volti umiliati di chi vede disprezzata la propria cultura, volti spaventati dalla violenza quotidiana e indiscriminata, volti angustiati di minorenni, volti di donne offese e umiliate, volti stanchi di migranti senza degna accoglienza, volti di anziani senza le minime condizioni per una vita degna.
La vita consacrata mostra così, con l'eloquenza delle opere, che la divina carità è fondamento e stimolo dell'amore gratuito ed operoso". 
Papa Francesco ha ribadito che la gioia del consacrato nasce dall'incontro con Dio, che spinge a comunicare questa felicità, ad essere consacrati gioiosi, perchè AMATI e capaci di AMARE.
"Dov’è il centro della mancanza di gioia? 
E’ un problema di celibato. 
Vi spiego. 
Voi, seminaristi, suore, consacrate il vostro amore a Gesù, un amore grande; il cuore è per Gesù, e questo ci porta a fare il voto di castità, il voto di celibato. 
Ma il voto di castità e il voto di celibato non finisce nel momento del voto, va avanti… 
Una strada che matura, matura, matura verso la paternità pastorale, verso la maternità pastorale, e quando un prete non è padre della sua comunità, quando una suora non è madre di tutti quelli con i quali lavora, diventa triste. 
Questo è il problema. 
Per questo io dico a voi: la radice della tristezza nella vita pastorale sta proprio nella mancanza di paternità e maternità che viene dal vivere male questa consacrazione, che invece ci deve portare alla fecondità. 
Non si può pensare un prete o una suora che non siano fecondi: questo non è cattolico! Questo non è cattolico! 
Questa è la bellezza della consacrazione: è la gioia, la gioia…"
Il Papa ha messo a fuoco il "nocciolo" della gioia, il nocciolo della consacrazione, il nocciolo dell'AMORE: vivere la castità non come una castrazione, ma come la possibilità di una donazione a Dio e all'altro, che apre gli scenari, gli spazi entro i quali, a partire dai quali il consacrato possa riversare fuori di sé stesso la felicità, la pienezza che Dio gli comunica.

Non da ultimo, Francesco lancia un monito importante: contemperare la dimensione di Maria e Maria:


  "Siate contemplativi e missionari. 
Tenete sempre la Madonna con voi, pregate il Rosario, per favore… 
Non lasciatelo! 
Tenete sempre la Madonna con voi nella vostra casa, come la teneva l’Apostolo Giovanni. 
Lei sempre vi accompagni e vi protegga".

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