mercoledì 5 giugno 2013

"...RIMASERO AMMIRATI DI LUI...."


Il Vangelo di ieri (Mc 12,13-17) ci presentava la famosa scena in cui Gesù viene interrogato circa l'opportunità di pagare o meno le tasse a Cesare. 
Il brano si concludeva con una frase all'apparenza in contrasto con l'atteggiamento dei farisei e degli erodiani: 

"E rimasero ammirati di Lui".

Amirati da un Gesù che non aveva avuto timore alcuno nel confutare le loro ipocrisie, nel trovare uno "stratagemma" per rispondere senza rispondere, per dire la Verità, senza quasi urtare le suscettibilità degli interlocutori.
Ammirati di Colui dal quale erano andati solo per farlo cadere nella loro trappola!
Ammirati di Colui che -nello stesso episodio narrato in Mt 22,15-22 - li aveva chiamati "IPOCRITI"!



Un atteggiamento simile, Gesù lo aveva tenuto anche due giorni fa, nel narrare la parabola dei vignaioli omicidi, ma usando toni diversi, parlando in parabole, appunto, non ricorrendo ad un'arguzia come quella della moneta con l'effige di Cesare.

Infatti, nel caso della parabola, gli scribi e gli anziani avevano ben compreso che era rivolta a loro la dura disamina di Gesù e per questo motivo si erano mostrati irritati nei Suoi confronti, soffocando l'ira solo per timore di una rivolta popolare.

Il brano lucano di ieri, invece, ci presenta una "sottigliezza" del Maestro che ci offre qualche spunto di riflessione.

Personalmente, mi fa pensare agli insuccessi nell'apostolato.

Insuccessi che, in un certo modo, Gesù ha "sperimentato" nella Sua vita terrena, quasi volendoli condividere con noi.
Mi riferisco a quelle "sconfitte" con persone che ci stanno intorno, che comprendono e condividono anche la nostra fede, ma magari solo a modo loro, credendo a quello che più conviene e disprezzando il resto.
Ostinandosi a voler sempre ragione.
Mancando dell'umiltà per amare totalmente la Santa Madre Chiesa.
Quei tipi di persone che, nonostante tutto, ci ronzano intorno, ci interpellano, come fecero quegli uomini mandati da Gesù nel Vangelo di ieri, ma che non accettano poi, totalmente, con un cambiamento di vita, le nostre risposte fedeli alla Parola di Dio.

Guardiamo al brano evangelico:
nell'offrire la Sua risposta a quanti volevano coglierLo -o indurLo- in errore, di certo Gesù non mette in secondo piano l'esigenza di convertire i loro cuori.
Non sarebbe stato "Maestro e Signore" se avesse agito con il solo, apparente scopo, di uscire indenne da una discussione.

Se, in questa circostanza, Cristo ricorre ad un'arguzia particolare è, invece, probabilmente per un motivo preciso: non forzare la mano, cercare di convincere suscitando l'ammirazione dell'avversario. Non rischiare di perderlo completamente! 
Sintetizzando, oserei dire: Gesù vuole creare una sorta di.... "mezza amicizia", quella in cui si mantengono dei rapporti con l'altro, per aiutarlo comunque a cogliere quel poco di buono che riesce a recepire! Rimanendo in attesa di una conversione totale.

Confrontato con il Suo modo di fare con altre persone (come appunto con gli scribi, i sacerdoti, gli anziani), si potrebbe dire che la pedagogia di Dio è quella di trattare in maniera diversa le diverse anime: con alcune c'è la necessità di una sferzata netta, drastica, durissima al fine di stimolare un cambiamento.
Con altre occorre invece più pazienza, quasi più "astuzia": suscitare appunto l'ammirazione, conquistare l'altro poco per volta per attirarlo a Sè.

Gesù insegna qualcosa anche a noi: spesso nel nostro aspostolato siamo consumati dallo zelo...uno zelo che in sè stesso non è un male, ma che va calibrato, dosato, adattato.
Ci sono tempi, modi, persone con cui essere più o meno "irruenti".
Con alcune vale il detto che spesso citava Padre Pio: "Mazze e panelle fanno i figli belli" , ossia: bastonate e pane fanno crescere i figli.
Per altri, vale solo il ricorso alla dolcezza, secondo il detto di San Francesco di Sales: "Si prendono più mosche con un goccio di miele che con un barile di aceto".

Mosche: quegli insetti un po' fastidiosi, che ti ronzano intorno, ti vengono a fare il "solletico" camminandoti sul viso, poi magari ti si infilano nelle orecchie o nel naso e cerchi faticosamente di scacciarle smanacciando come un pazzo, magari anche in pubblico!
Per sentirtele, puntualmente, ritornare addosso!

Papa Luciani, ne "Gli Illustrissimi", nella lettera idealmente indirizzata a Santa Teresa di Lisieux, scriveva:

"Amore spicciolo.
Spesso è l’unico possibile. 
Non ho mai avuto l’occasione di gettarmi nelle acque di un torrente per salvare un pericolante; spessissimo sono stato richiesto di prestare qualcosa, di scrivere lettere, di dare modeste e facili indicazioni.
Non ho mai incontrato un cane idrofobo per via; invece, tante noiose mosche e zanzare; mai avuto persecutori che mi bastonassero, ma tante persone che mi disturbano col parlare forte in strada, col volume della televisione troppo alzato o magari col fare un certo rumore nel mangiare la minestra. 

Aiutare come si può, non prendersela, essere comprensivi, mantenersi calmi e sorridenti (il più possibile!) in queste occasioni, è amare il prossimo senza retorica, ma in modo pratico. Cristo ha molto praticato questa carità.
Quanta pazienza nel sopportare i litigi che gli Apostoli facevano tra di loro!
Quanta attenzione a incoraggiare e lodare: "Mai trovata tanta fede in Israele" dice del Centurione e della Cananea.
"Voi siete rimasti con me anche nei momenti difficili" dice agli Apostoli.
E una volta chiede per piacere la barca a Pietro".

La risposta di Gesù alla domanda sul tributo da pagare a Cesare, mi viene spontanea catalogarla in questa forma di "amore spicciolo con le mosche": d'altronde, questi erodiani e farisei,  erano venuti da Lui appositamente per metterLo in difficoltà, comportandosi come le mosche che infastidiscono...
Gesù si dimostra superiore: non solo lascia che quelli Gli si avvicinino, che Gli ronzino intorno...si lascia anche interrogare ed offre loro una risposta.
Si tratta, però, di una risposta che non è quella di chi scaccia la mosca con una manata, bensì di chi la lascia camminare sul viso, per affrontarla "gentilmente"!

L'esempio che ci offre è quello che ci descrive anche Papa Luciani: se la mosca la scacciamo in malo modo, forse tornerà anche a ronzarci intorno, ma sempre con intenzioni non buone.
Solo per tornaconto personale.
Se invece la affrontiamo con carità, ma rimanendo "semplici come colombe e prudenti come serpenti", forse otterremo qualche risultato!

La semplicità di Gesù, qui sta nel fatto che consente agli interlocutori di affrontarLo: non scappa, non si nasconde, non si trincera dietro un mutismo che con altri, invece, utilizza (quando Gli viene chiesto: "Con quale autorità fai queste cose", Egli risponde non rispondendo!).
La semplicità, si unisce alla prudenza, quando la Sua risposta si fa un gioco di arguzia che dice senza dire apertamente, che contempera buon senso e capacità pedagogica.

Gesù, con la Sua intelligenza, con la Sua capacità di portare la Verità -che è sempre unica!- in un modo nuovo, inusuale, suscita l'ammirazioni di farsei ed erodiani.

Certo, l'ammirazione non è un successo totale.
Forse quelli se ne saranno andati un po' soddisfatti e sbalorditi, ma poi saranno ricascati negli stessi peccati.
Eppure Gesù fa la cosa migliore: traccia un solco.
UN SOLCO DI SPERANZA!

L'ammirazione è meno della conversione, ma è sempre un più di un totale rifiuto.

Quando allora incontriamo "mosche e zanzare", persone che ci infastidiscono, ma alle quali dobbiamo pur sempre pensare come a figli di Dio e fratelli nostri, desiderando per essi la salvezza eterna, ecco, proviamo a comportarci secondo l'insegnamento del Maestro.
Non lasciamoci avvilire dagli apparenti fallimenti nel nostro apostolato: forse la mosca rimarrà sempre mosca, ma quel bene che possiamo seminare, quel tenerla legata a noi destando la sua ammirazione, potrebbe essere per lei una piccola ancora di salvezza, una tavola alla quale aggrapparsi per non annegare completamente!

Facciamone occasione di "amore spicciolo": non ci verrà chiesto il martirio fisico, ma già sopportare "le mosche" sarà un piccolo martirio del cuore, esercizio di pazienza e di carità.

Facciamone testimonianza di amore spicciolo nel senso che ci consentirà di amare quasi "poco per volta", ma sempre, con costanza, in base alla capacità del ricevente!

Facciamone esempio di rispetto per l'altro che rimane sempre un potenziale santo fino all'ultimo istante della sua vita: chi sono io per scacciare in malo modo un fratello?
La correzione può essere sempre salutare, ma va dosata!

Facciamone coerenza di vita cristiana: dire la verità non vuol dire rompere completamente i rapporti con chi la pensa per noi! E' piuttosto uno spendersi sempre per le anime!

E come dice Santa Teresa d'Avila: la pazienza tutto ottiene!








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