giovedì 30 maggio 2013

CORAGGIO....TI CHIAMA! Riflessioni a margine del Vangelo di oggi




Bartimeo è il cieco che sbuca oggi, dalle pagine del Santo Vangelo (Mc 10,46-52).
La Liturgia della Parola  ce lo presenta cieco non solo di occhi materiali, ma... di occhi spirituali.
Non che in lui mancasse la fede, prima di essere guarito...ma quella fede non era ancora capace di leggere dentro al "progetto" di Dio.
Bartimeo stava perdendo di vista la strada, la "sua" strada, o meglio, quella che Lui aveva tracciato per la sua vita.


Il figlio di Timeo aveva fede: non era lo sprovveduto della porta accanto.
Aveva in sé qualcosa di speciale, unico, confortante, una ricchezza nascosta, quella che a volte puoi usare come una chiave, per aprire porte di cui nemmeno conoscevi l'esistenza nella tua vita.



E' la fede che porta il cieco a credere nell'umanamente impossibile: che i suoi occhi spenti possano rivedere la luce, al passare di un uomo, dell'Uomo Gesù di Nazareth.

E' la fede di Bartimeo che gli fa professare un "credo" che non ha paura di alzarsi oltre i rimproveri dei suoi compaesani.
Questi vorrebbero metterlo a tacere, lui invece insiste: "FIGLIO DI DAVIDE", dice a Gesù.
Figlio di Davide: Messia, inviato da Dio...Colui che stavamo aspettando!

Bartimeo è un uomo di fede...e di speranza.
Non perde il coraggio davanti a quanti lo incitano al silenzio.
Non perde la speranza di meritare l'attenzione di Gesù.
Alza la voce: ABBI PIETA' DI ME! 
Bartimeo grida al Cristo: Signore, com-patisci con me, chinati sulla mia miseria....solo il Tuo abbassarti fino a me, può sanarmi!

Avviene allora l'inatteso per gli altri, lo sperato per il cieco: Gesù si ferma.
Il Figlio dell'Uomo impone una pausa forzata al flusso di folla, discepoli e voci che stavano snodando intorno a Lui.
Probabilmente sarà stato come un "silenzio" che Dio stesso scava in mezzo al fragore delle cose e delle persone, degli eventi e delle voci, che rischiano di sotterrare la Sua Voce, quella più importante, quella del "SEGUIMI"....sto chiamando proprio te!

Gesù adesso dice: "CHIAMATELO"!
Sì, chiamate il cieco di Gerico, il figlio di Timeo...quell'uomo che la cecità e la fede hanno sapientemente condotto, nelle vie della Provvidenza divina, fino all'incontro con Cristo...

Scriveva il Papa Emerito, Benedetto XVI- J. Ratzinger, in "Il cammino pasquale":

"Ogni chiamata ha in sé qualche elemento umano: l'aspetto della fraternità, il sentirsi rivolgere la parola da un altro.
Se riflettiamo sul nostro cammino, ognuno di noi sa bene che la folgorazione di Dio non si è abbattuta direttamente su di lui, ma che in qualche parte ci deve essere stato un invito di qualche fedele, un venire portato insieme da parte di qualcuno.

Certo una vocazione può sostenerci unicamente se noi non crediamo solo di seconda mano, perché questi o quegli ce l'ha detto, ma se noi -condotti dai fratelli- troviamo personalmente il Signore".


Bartimeo posiede entrambe le cose: crede già nel Signore, e si lascia condurre a Lui da quei fratelli che, ora, su invito di Gesù, gli rivolgono la parola, per dirgli: "CORAGGIO! ALZATI, TI CHIAMA"!

E' stupendo l'intreccio umano e divino di questa chiamata: la fede di Bartimeo, l'invito di Gesù, la collaborazione degli altri che non chiamano il cieco di propria iniziativa...
Chi "suscita", chi trascina, aiuta a scoprire una vocazione, non agisce mai sulla base di un proprio progetto, ma DEL PROGETTO DI DIO, di cui ci si rende strumenti.

"Vanno necessariamente di pari passo l'invitare, il condurre, il portare, da una parte, come il proprio venire e vedere dall'altro".

(Benedetto XVI - Il cammino pasquale)




Bartimeo GETTA VIA IL SUO MANTELLO, BALZA IN PIEDI E VA' DA GESU'.
Va....e VEDE!


"Vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada".

Bartimeo ha scoperto la sua chiamata, ha finalmente "VISTO" il progetto di Dio su di Lui!

"Vendi tutto quello che hai...poi vieni e seguimi"! (Mt 19,21)

A Bartimeo non serve più un altro invito di Gesù: ha compreso, ora ama....e animato da Fede, Speranza e da grande Carità, lascia tutto per farsi discepolo di Cristo.


Che Gesù, Luce vera del mondo, illumini i nostri occhi, perché sappiamo riconoscere il progetto grandioso che Dio ha per ciascuno dei Suoi Figli...e chissà, perché qualcuno di noi si senta dire "SEQUERE ME"!

Seguimi....è l'inizio di un'avventura straordinaria!

martedì 28 maggio 2013

COME UN BAMBINO....spunti di meditazioni evangeliche



"«Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». 
 E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato»".


(Mc 9,35-37)

Gesù e i bambini- Basilica di Maria Ausiliatrice, Torino Valdocco


Quando Gesù parla dei bambini mi colpisce un particolare: ogni volta che questo accade, i discepoli si ritrovano -in un certo modo- in contrasto con Lui.
Prendo due esempi che lo illustrano: uno è il passaggio al capitolo 9 di Marco, che la Liturgia ci ha proposto qualche giorno fa.
I discepoli, lungo la via per Cafarnao, discutono su chi sia, fra di essi, il più grande.
Il Maestro viaggia però su una posizione differente: la grandezza è servizio.
Allora Egli decide di ricorrere al discorso sui bambini.


L'altro passaggio che richiama la mia attenzione è il seguente, tratto dal capitolo successivo del Vangelo di Marco:


"«Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio.
In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso».
E prendendoli fra le braccia e ponendo le mani sopra di loro li benediceva".

(Mc 10,14-16)


Il disaccordo tra Gesù e i Suoi, qui è stato scatenato dal fatto che alcuni avevano portato a Lui i loro bimbi, "perché li accarezzasse" (Mc 10.13)

Sembra quasi che i discepoli ragionino secondo la mentalità troppo spesso "comune": un bambino vale poco, non ha voce in capitolo, non è ancora un "uomo", non ha una propria capacità decisionale, deve stare in disparte.

Al tempo di Gesù questa concezione era forse più marcata che oggi -ai nostri giorni il bambino cresce, anzi, troppo in fretta, diventando andolescente quando ancora non lo è!- per questo l'agire del Maestro va nettamente controcorrente.

Non solo: ci dice qualcosa.
La dice agli apostoli, ai discepoli, la dice anche a noi.

I versetti tratti dal capitolo 9 di Marco sottolineano il binomio servo-bambino.
Gesù abbraccia alcuni bambini dopo aver rivolto ai Suoi l'invito a farsi servitori di tutti e aggiunge il concetto dell'accoglienza.
Lo stesso che rimarcherà anche nel capitolo 10.

Perché collegare il bambino, il servizio e l'accoglienza?
Perché la nostra mentalità di "adulti" ci fa spesso considerare il bambino come "l'ultimo degli ultimi": il bambino deve obbedire ai genitori, il bambino deve svolgere dei piccoli servizi....al bambino non si deve dire "grazie" quando presta qualche favore.

Eppure, non a caso Gesù ricollega servizio e bambino.
Oggi ci dice: fatevi servi di tutti, dei più deboli, di quelli che hanno bisogno di protezione, proprio come i fanciulli;
fatevi servi di quelli che in teoria dovrebbero servire voi, ma voi anticipateli nel servizio;
fatevi servi anche semplicemente con una parola di ringraziamento.

Questo non vuol dire, paradossalmente, sovvertire gli ordini sociali.
Esistono molti modi di "farsi servi" di quelle categorie di persone che il bambino -anche simbolicamente- rappresenta.
Si serve un debole quando lo si difende, senza per questo poter cambiare di colpo il mondo;
si serve un "bambino" quando si usa gentilezza con chi ci è subordinato;
si serve un "piccolo" quando si impara l'arte del ringraziare, pensando che niente ci è dovuto, nemmeno quanto qualcuno fa per lavoro!

Così facendo accoglieremo non solo il "bambino", ma anche Colui che Si è fatto davvero "Bambino", incarnandoSi, divenendo "servo di tutti": Gesù Cristo.

Accogliere: cioè non semplicemente vedere da lontano, agire senza interesse, ma, al contrario, "ricevere", prendere presso di sé curandosi della persona che si ha di fronte!

L'accoglienza viene rimarcata nel capitolo 10 di Mc, in cui troviamo l'esortazione ad accogliere il Regno di Dio come un fanciullo.

C'è allora un qualcosa di "positivo" nel bambino, che qui implicitamente viene sottolineato da Gesù.

Il bambino è colui che, per antonomasia, in primo luogo prende tutto dalla madre, quando è ancora nel suo grembo.
Così, anche noi, riceviamo da Dio Padre la Vita e prendiamo tutto da lui, per mezzo di Gesù Cristo che ci comunica la Sua Grazia e che inviandoci lo Spirito Santo ci rende Figli di Dio nel Battesimo.

Il bambino è colui che, una volta generato, continua a essere nutrito, educato, cresciuto dai genitori.
E così avviene anche per i credenti, educati, nutriti da Dio attraverso la Grazia, i Sacramenti, gli aiuti spirituali che ci vengono dalla Santa Madre Chiesa.

Il bambino è colui che si FIDA dei suoi genitori, e si AFFIDA a loro in ogni proprio bisogno.
Questo è quanto viene richiesto anche ai Figli di Dio: che abbiano FIDUCIA in un Dio che è Padre Onnipotente, Misericordioso e Giusto.

Il bambino è anche una creatura che è capace di spontaneità, di gioia: mantiene l' "abilità" di stupirsi e far festa anche per le piccole cose di ogni giorno, quelle cose che troppo spesso annoiano gli adulti, ormai abituati a tutto...

Accogliere il Regno di Dio come un fanciullo è mantenere intantte queste buone qualità del bambino, il senso della insufficienza dell'uomo senza Dio che tutto ci dà; la gratitudine per un dono immeritato che da Lui riceviamo; la fiducia in Colui che non fa o permette nulla che non sia per il nostro bene; la gioia profonda, interiore di sapersi amati dall'eternità e per l'eternità.

Se accoglieremo il Regno come un bambino, se accoglieremo Gesù con la gioia dei fanciulli, manterremo inalterata la nostra pace spirituale anche in mezzo alle grandi prove della vita.
Se ci faremo come fanciulli saremo anche noi "accolti" da Colui che ci chiede di accoglierLo nella nostra vita.
Allora ci farà andare a Lui, ci abbraccierà, imporrà le Sue mani sul nostro capo e ci benedirà!

La Vergine Maria, modello di umiltà vera, di gioiosa umiltà, ci aiuti in questo nostro lavoro: diventiamo, affidati alle sue cure materne, bambini piccoli fra le braccia di Dio!


venerdì 24 maggio 2013

MEMORIA LITURGICA DELLA B.V. MARIA AUSILIATRICE


G. Rollini, B.V. Maria Ausiliatrice, Roma-Basilica del Sacro Cuore
PREGHIERA A MARIA AUSILIATRICE

COMPOSTA DA DON BOSCO
 


O Maria, Vergine potente,
Tu grande illustre presidio della Chiesa;
Tu aiuto meraviglioso dei Cristiani;
Tu terribile come esercito schierato a battaglia;

Tu sola hai distrutto ogni eresia in tutto il mondo;
Tu nelle angustie, nelle lotte, nelle strettezze
difendici dal nemico e nell'ora della morte
accogli l'anima nostra in Paradiso!

Amen




Vorrei condividere, in questo giorno di festa per tutta la famiglia salesiana, un testo di Don Juan Vecchi,ex rettor Maggiore dei Salesiani, sull'opera di don Bosco e la Vergine Maria.
E' un brano che ben si sposa con il secondo anno di preparazione al bicentenario della nascita di don Bosco, incentrato sulla sua pedagogia.
Don Vecchi ci farà infatti scoprire quanto la presenza materna di Maria sia stata -ed è!- nell'oratorio e nella Famiglia Salesiana, uno strumento veramente pedagogico, che aiuta i ragazzi (ed i salesiani!) a crescere in una prospettiva completa, umana, psicologica, spirituale.
Soprattutto spirituale!

Buona lettura e buona festa!



"La salvezza, portata da Cristo, si fece tangibile nell’incontro tra Don Bosco e Bartolomeo Garelli, il giorno dell’Immacolata. 

Nella tradizione spirituale salesiana Maria è rimasta caratterizzata con due titoli: Immacolata e Ausiliatrice.
Così la invochiamo ogni giorno nella preghiera di affidamento. 
Le Costituzioni Salesiane e delle FMA fanno, di ognuno di questi titoli, un commento sostanziale, per quanto breve: Immacolata, modello della nostra consacrazione totale al Signore e del nostro desiderio di santità; Ausiliatrice, segno e ispiratrice del nostro impegno pastorale nel popolo di Dio, particolarmente tra i giovani (cf SDB C 92; FMA C 44).

I due titoli non sono stati scelti ed accostati a caso, per pura simpatia o devozione.
Riflettono la storia salesiana e sintetizzano le caratteristiche della spiritualità della nostra Famiglia.
È vero che, al di sopra delle diverse rappresentazioni, guardiamo sempre alla persona di Maria, Madre di Gesù, della Chiesa, di ciascuno di noi.
Oggi nell’affrontare con fiducia gli avvenimenti del terzo millennio, vogliamo vivere la stessa esperienza fondante del nostro Padre sotto lo sguardo, l’ispirazione e la protezione della Madre del Verbo Incarnato.

L’Immacolata domina nell’esperienza oratoriana.
Alcune coincidenze provvidenziali portarono poi Don Bosco ad attribuire a lei un’intercessione particolare negli inizi della sua opera: “Tutte le nostre grandi iniziative – dirà – hanno avuto inizio il giorno dell’Immacolata” (MB XVII, pag. 510).
Il paradigma era l’oratorio, 8 dicembre 1841.

L’immagine che rappresenta Maria col serpente sotto i piedi gli ricordava il trionfo della grazia sulle passioni umane e la vittoria della fede sull’empietà nella storia del mondo.
Don Bosco la rende vivacemente presente tra i ragazzi di Torino.
Maria Mazzarello tra le ragazze di Mornese.
La preoccupazione dominante era allora educare i giovani del proprio contesto.
Tutto lo sforzo veniva rivolto a dare loro dignità umana e ad aprirli alla fede.
Il ragazzo/a doveva prendere coscienza di sé e della vita di grazia.
Si rendeva consapevole delle possibilità di vincere il male. 
L’educatore-educatrice avevano per lui una cura paterno-materna. È il momento in cui nasce e si plasma il Sistema preventivo.

Nell’ambiente oratoriano c’è un fatto evidente: Maria è sentita da educatori e giovani come una presenza viva, materna, potente.
Questa presenza così sentita lasciò il segno nella pedagogia dell’Oratorio.
La celebrazione della solennità dell’Immacolata, con la relativa preparazione spirituale, divenne centrale (cf MB VII, pag. 334).
E continua ad esserlo ancora ai nostri giorni, dove esistono oratori-centri giovanili.

Nell’oratorio poi nacque la Compagnia dell’Immacolata, che corrisponde a quello che oggi chiamiamo il gruppo di giovani animatori.
Fu il seme e la prova della futura congregazione salesiana. 
Nove su sedici membri della congregazione salesiana, che il 18 dicembre 1859 si radunarono con Don Bosco, erano membri della Compagnia dell’Immacolata (cf MB VI, 335).
In questa atmosfera mariana maturarono i temi più importanti dell’educazione dei giovani: la grazia, la purezza, la familiarità col soprannaturale, l’amore a Gesù, mentre per i salesiani e le salesiane si configurò il Sistema preventivo, come assistenza materna e cammino verso la santità, con una esigenza di generosa donazione a Dio e ai giovani.
Il frutto di questo ambiente è Domenico Savio.

Si sviluppò anche un insieme di intuizioni sul valore pedagogico della devozione a Maria. Dobbiamo contare sulla presenza materna e invisibile di Maria nel nostro lavoro.
Ella ama ciascuno, ma specialmente i giovani, perché li aiuta a crescere come ha fatto con Gesù. È una verità di fede cristiana, ma vissuta in una maniera non comune e trasferita all’esperienza educativa.

La presenza materna di Maria poi, sentita interiormente dai giovani, infonde in loro sicurezza e speranza per costruirsi come persone in un momento difficile e delicato della loro vita, a causa dell’instabilità, dello sviluppo corporale, della discussione della fede.
Maria Immacolata, come ideale di purezza, esercita un’attrazione sui giovani e dà loro il gusto e la voglia di impegnarsi in progetti nobili.

La pedagogia di Don Bosco ha una certa componente estetica.
Sin dall’inizio egli parlò della bellezza della virtù, della religione e della bruttezza del peccato.
“Al giovane assetato di luce, di innocenza, di bontà Don Bosco presenta Maria come un ideale di umanità, non inquinata dal peccato, come la concretizzazione dei suoi sogni più audaci.
Un ideale luminoso, non freddo né astratto, ma incarnato in una persona che lo ama intensamente perché è sua madre”(C. Colli, Patto della nostra alleanza con Dio, pag. 438). È l’aspetto psico-pedagogico.

Inoltre la devozione a Maria aiuta a familiarizzarsi con le realtà soprannaturali e a sentire Dio più vicino ed incarnato.
Lo si pensa in rapporto con una donna che viene presentata sempre come Madre e come Aiuto nostro.
È lo stimolo spirituale.
La catechesi oratoriana tendeva dunque a far accogliere ed interiorizzare questa immagine fino a farla penetrare nella vita dei giovani come una garanzia per la perseveranza futura.
A questo tendevano tridui, novene, fioretti, addobbi, pellegrinaggi, gite a luoghi mariani. 
La tappa “oratoriana” per Don Bosco si estende fino all’organizzazione di Valdocco; per Madre Mazzarello a tutto il tempo delle Figlie dell’Immacolata fino alla fondazione dell’Istituto di vita consacrata.

Cresce poi la contemplazione dell’Ausiliatrice, con la visione universale della Chiesa e la concezione delle opere che ne costituiscono anche una esperienza definitiva.


La costruzione del tempio va al di là di un lavoro tecnico, di una sola preoccupazione, di piani e finanziamenti.
Rappresenta per Don Bosco un’esperienza spirituale e una maturazione della sua mentalità pastorale.
Don Bosco si trova attorno ai 45-50 anni, gli anni della sua maturità sacerdotale e della sua assodata proiezione sociale, con alcune opere già organizzate e altre appena iniziate. Alla fine della costruzione qualche cosa si è trasformato in Lui.
Per quali ragioni?

In primo luogo perché la realizzazione supera l’idea iniziale: da una chiesa per la sua casa, il suo quartiere e la sua congregazione, si sta profilando l’idea di una basilica, meta di pellegrinaggi, centro di culto e punto di riferimento per una famiglia spirituale. La realtà gli è cresciuta tra le mani.

I problemi economici poi si sono risolti con grazie e miracoli che stimolarono una generosità non calcolata del popolo.
Tutto ciò radicò in Don Bosco la convinzione che “Maria si era edificata la sua casa”, “che ogni mattone corrispondeva a una grazia” (cf MB IX, pag. 247; XVIII, pag. 338).
Affermò un sacerdote di quel tempo, il teologo Margotti: “Dicono che Don Bosco fa miracoli. Io non ci credo. Ma qui ne ebbe luogo uno che non posso negare: è questo sontuoso tempio che costa un milione e che è stato costruito in soli tre anni con le offerte dei fedeli” (Processo ordinario, I. pag. 511ss; La Madonna dei tempi difficili, pag. 118).

La costruzione coincide ed è seguita dalla fondazione dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
Esse rappresentano l’allargamento del carisma al mondo femminile, col conseguente arricchimento; così come un’altra fondazione, l’Arciconfratenita di Maria Ausiliatrice è, insieme ai Cooperatori, l’estensione verso il mondo laico.

Se l’esperienza dell’oratorio aveva dato come risultato positivo la prassi pedagogica, l’opera del santuario fece emergere nel lavoro salesiano una visione di Chiesa, come popolo di Dio sparso su tutta la terra, in lotta contro le potenze del male: una prospettiva che presenterà in un’altra forma il sogno delle due colonne (1862), raffigurato oggi in un dipinto sulla parete di fondo del santuario.
Forgiò uno stile pastorale fatto di audacia e fiducia: saper cominciare con poco, osare molto quando si tratta del bene, andare avanti affidandosi al Signore. Scolpì una convinzione nel cuore della congregazione: “Propagate la devozione a Maria Ausiliatrice e vedrete che cosa sono i miracoli”... in tutti i campi, economici, sociali, pastorali, educativi.

Con la fondazione dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, Don Bosco e, dopo di lui, i suoi successori e le superiore, parlarono di “un tempio vivo e spirituale”, di un “monumento di gratitudine” a Maria Ausiliatrice.

È interessante vedere cosa intendevano. “È la denominazione di una congregazione educativa, catechista e missionaria” – ha detto Madre Angela Vespa (Circolare del 24-10-1965; cf C. Colli, ib., pag. 455-456) – la denominazione di un Istituto nel quale Maria deve rivivere nelle sue Figlie in modo che la facciano presente in tutto il mondo” (Don Rinaldi: cf E. Ceria, Vita del servo di Dio..., pag. 294-295) e che ciascuna di loro sia una copia viva di Maria (Madre Luisa Vaschetti: Circolare del 24-4-1942; cf C. Colli, ibid. pag. 445).

Anche nel ramo femminile dunque il nome di Maria Ausiliatrice sottolinea il tratto apostolico, l’uscita dal villaggio e il servizio alla Chiesa e al mondo.
La fondazione delle congregazioni lasciò come risultato in Don Bosco il sentimento di essere strumento di un progetto ispirato e realizzato con una particolare mediazione di Maria: “La Madonna vuole che incominciamo una società... ci chiameremo salesiani”, dice il 26 gennaio 1854. Lo ribadirà spesso.
Come quando nel 1885, rivolgendosi ai salesiani radunati nel coro della Basilica di Maria Ausiliatrice, dopo aver descritto quello che era l’Oratorio quarantaquattro anni prima ed averne fatto il raffronto con il suo stato d’allora, sottolineò che “tutte le benedizioni piovuteci dal cielo per mezzo della Madonna fossero frutto di quella prima Ave Maria detta con fervore e con retta intenzione insieme con il giovinetto Bartolomeo Garelli là nella chiesa di s. Francesco d’Assisi” (MB XVII, pag. 510-511). 
O ancora di più, quando durante la Santa Messa nella chiesa del Sacro Cuore a Roma, interrotta quindici volte dal pianto, ripensava alla sua vicenda e ricordava le parole del primo sogno: “A suo tempo tutto comprenderai” (MB XVIII, pag. 341).

Madre Mazzarello d’altronde soleva ripetere che l’Istituto non è altro che la famiglia della Madonna, il “focolare” che Lei si è formato.
Che Lei è la superiora e ha una vicaria che ogni notte mette le chiavi della casa ai suoi piedi.

Si può dunque accettare il giudizio: “Don Bosco ha sperimentato in modo del tutto singolare l’intervento di Maria nella guida di tutta la sua vita e nella realizzazione della sua opera.

Al tramonto della sua esistenza terrena,
dopo l’ennesimo intervento della Madre celeste,
Don Bosco condensa in questa espressione
la convinzione che ha maturato
durante tutto il corso della sua vita:


Finora abbiamo camminato nel certo. 

Non possiamo errare.

È Maria che ci guida” .


lunedì 20 maggio 2013

SUB TUUM PRAESIDIUM.... . : sotto il presidio di Maria!



Versione romana 

Sub tuum praesidium confugimus,
Sancta Dei Genetrix.
Nostras deprecationes
ne despicias
in necessitatibus,
sed a periculis cunctis
libera nos semper,Virgo gloriosa et benedicta.




Traduzione italiana

Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio,
Santa Madre di Dio:
non disprezzare
le suppliche
di noi che siamo nella prova,
e liberaci da ogni pericolo,
o Vergine gloriosa e benedetta.


Il "Sub tuum praesidium" è una delle più antiche preghiere mariane, risale infatti al III secolo d.C. e ne si fa largo uso anche ai giorni nostri: è inserita,  ad esempio, tra le invocazioni con cui si conclude la compieta e San Giovanni Bosco la rese parte integrante della benedizione di Maria Ausiliatrice.

La versione romana, rispetto alla traduzione in lingua italiana, mi colpisce per il particolare della parola "praesidium", che rispetto a "protezione" assume un significato più forte ed interessante.

Il praesidium indica infatti un "luogo difeso da presidio militare", concetto che evoca con grande intensità ed efficacia l'idea della protezione della Vergine Madre di Dio.

Maria non è solo Madre di dolcezza, ma anche Madre energica, che sa difendere i propri figli dagli assalti del male.
Armata non di bastoni, ma di fede e di ogni altra virtù, soprattutto colma di Grazia, è colei di cui, non a caso, si dice nella Genesi, alludendo alla lotta contro satana: 

"Io porrò inimicizia tra te e la donna,
tra la tua stripe
e la sua stirpe:
questa ti schiaccerà la testa
e tu le insidierai il calcagno"

(Gen 3,15)

Nardo di Cione, Madonna del Parto 

Maria è Madre nostra, ed è modello e tipo della Chiesa che ci genera -nel Battesimo- come figli di Dio.
Mi piace allora pensare alla nostra vita di cristiani come ad una....gestazione in Maria.

Porci sotto il "presidio" della Vergine Madre è un po' come rimanere -piccoli e protetti- nel suo grembo materno, affidarci a lei per ricevere tutto: nutrimento, conforto, protezione.
Riconoscerci incapaci di difenderci da soli, di "svilupparci" da soli sul piano spirituale, e per questo sempre bisognosi di rimanere in lei, come il feto che dalla madre ottiene tutto ciò di cui ha necessità, e che nel grembo materno trova l'ambiente e le condizioni ideali per formare correttamente tutti gli organi e mettere a punto le funzioni biologiche.

Poniamoci allora sotto la protezione della Madonna, proprio come un bambino ancora nel grembo della sua mamma.
Maria è Madre, più di tutte le nostre madri terrene.
Maria è colei in cui possiamo evitare di esporci a pericoli che ci distruggerebbero, proprio come un feto andrebbe incontro a morte certa se nascesse prematuro, o porterebbe su di sé conseguenze irreparabili per la sua salute.

Gesù, nel Santo Vangelo, elogia tante volte i "piccoli", i "fanciulli" che sanno accogliere il Regno di Dio.
Ci invita a farci come loro, per entrare nel Paradiso.

Allora facciamoci piccoli, talmente piccoli da sentirci ancora, idealmente, nel grembo purissimo e verginale di Maria 

Giardino chiuso tu sei,
sorella mia, sposa,
giardino chiuso, fontana sigillata


(Ct 4,12)

Il Cantico dei Cantici ci descrive la sposa, ma questo passo è rileggibile in chiave mariana:
la Madre di tutti i credenti in Cristo è veramente un "Presidio", un porto sicuro, un luogo nel quale sentirci protetti dagli assalti del nemico.

Confidiamo in Maria, rimaniamo in Maria, facciamoci custodire da lei come una Madre custodisce il bambino nel grembo.
Allora diremo: sotto la tua protezione, sotto il tuo presidio, ci sentiamo al sicuro, nel rifiugio in cui troviamo il Salvatore, Cristo Gesù, che in Maria Si è incarnato.
Ad Jesum per Mariam!