mercoledì 10 aprile 2013

"PERCHE' CHIUNQUE CREDE IN LUI NON VADA PERDUTO": riflessioni a margine del Vangelo di oggi



La Liturgia di quest'oggi, mercoledì della II settimana del Tempo di Pasqua, ci offre una pagina del Vangelo di Giovanni (Gv 3,16-21), prosecuzione di quella ascoltata ieri, in cui si narra del colloquio notturno fra Nicodemo e Nostro Signore.



Particolarmente interessante e fortemente "cristologico" è il versetto 16:
"Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna". 



Mi soffermo sull'espressione verbale utilizzata da Gesù: "non vada perduto".

Se la rileggiamo collegata al suo diretto referente -la vita eterna- il binomio si presenta come "rivelatore": il contrario del vivere, cioè il morire, equivale al perdersi.

Se ripensiamo alle parole pronunciate da Cristo proprio nel Vangelo di Giovanni -precisamente in  Gv 14,6 - ecco che si svela il senso profondo di quella contrapposizione "vivere- andare perduto".

Il capitolo 14 è quello in cui Gesù prepara i Suoi alla Passione, e assicurando loro di non lasciarli orfani, dice: 

Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l'avrei detto. Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io.
E del luogo dove io vado, voi conoscete la via».

Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?».

Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. (Gv 14, 2-6)



La vita eterna, quella vera, è dunque raggiungere la casa del Padre e rimanervi per sempre.
Solo Gesù ci conduce a Lui, e per opera dello Spirito Santo, che ci insegna "ogni cosa", anche a noi è possibile ricevere e utilizzare bene i mezzi di Grazia per farci "santi".

Ora, se la Vita Vera è Gesù, e se Gesù è anche Via e Verità, ecco allora chiarirsi quel concetto verbale di "morire = andare persi".

Pensiamo ai molteplici significati con cui possiamo utilizzare il verbo "perdersi":

  • "mi sono perso": lo si dice quando si è persa la...strada. 
Se perdiamo Gesù, che è la VIA che ci conduce al Padre...difficilmente sapremo ascoltare la voce dello Spirito Santo che cerca di indirizzarci verso il bene. 
Solo in Cristo possiamo ASCOLTARE la PAROLA DI SALVEZZA che ci conduce alla "vita".


  • "ho perso il filo del discorso" : si ricorre a questa espressione quando si viene interrotti nel parlare e non si riesce più a riprendere il discorso dal punto giusto, oppure quando, diventando troppo contorti, ci si perde in giri di parole, senza ritornare all'essenziale che si stava proclamando.
Il modo di dire "perdere il filo del discorso" deriverebbe, secondo due diverse scuole di pensiero, o dalla mitologia greca (il mito del "filo di Arianna" che, donato a Teseo nel labirinto, gli permise di sconfiggere il minotauro e uscire dal labirinto stesso) o dalla lavorazione dei tappeti, che richiedono una certa tessitura a trama, di modo che, perduto il "filo", occorre ricominciare da capo.

Quale che ne sia l'effettiva origine, l'espressione ci rimanda a Gesù come VERITA': se ci muoviamo in argomentazioni sbagliate, allontanandoci dalla "semplcità e ricchezza" contenuta nella PAROLA DI DIO, il nostro discorso, il nostro "filo" dell'essere veramente cristiani, si perde, ci scappa dalle mani.
E senza Parola, senza la "lampada ai" nostri "passi"  (cfr Sal 119,105), la nostra ricerca della VERITA' che ci conduce alla vita diventa estremamente difficile.
Il rischio è quello di perdere completamente la Luce che ci giuda (cfr Sal 119, 105) e di passare dalla Vita alla morte, al peccato.


  • "mi sono sentito perso". Espressione che indica una "totalità" interiore drammatica, che va dal "trovarsi spacciati", "senza via di scampo" ad una inquietudine interiore del non sapere come fare per uscire da una certa situazione di disagio o di pericolo.
Siamo qui al significato più "forte" e completo della contrapposizione "vivere - perdersi".
Sentirsi persi, spacciati, indica lo stato interiore di chi non sa più venir fuori, da solo e con le proprie forze, da una problematica grave e personale.
E' lo stato di chi può arrivare ad essere totalmente travolto da questo senso di smarrimento, annichilendosi a volte fino a giungere a decisioni estreme, come un suicidio (guardiamo solo ai fatti di cronaca: problem familiari, drammi sentimentali, crack finanziari, si risolvono spesso con un suicidio).

In questa accezione, il sentirsi "perso" è quindi più fortemente collegato al concetto di vivere: ci si sente persi quando sembra scomparire dall'orizzonte umano la possibilità di avere quello che rende la vita bella e piena, quello che le dona un "senso" e la fa diventare degna di essere vissuta.

"Io sono la VITA", dice Gesù: allora possiamo dirci, con una buona dose di FEDE e di SPERANZA CRISTIANA, che al di là dei problemi che possiamo incontrare nel nostro percorso quotidiano, abbiamo una certezza:

se ci sentiamo persi, pensiamo che qualcuno, IL Qualcuno per eccellenza, ci sta cercando.

Se Dio Figlio ci dice che è Suo interesse che nessuno vada perso, allora vuol dire che la Sua Incarnazione, Passione, Morte e Risurrezione sono i Suoi passi "concreti" per venirmi incontro nei miei smarrimenti umani!


L'etimologia del verbo perdere ci viene in aiuto in questa riflessione:

"perdere": dal latino pèrdere, participio passato perditus- perdere e tradire

Gesù viene a cercarci, Lui che è VIA, VERITA' E VITA, affinché non "perdiamo" noi stessi per l'eternità, affinché non "tradiamo" quel seme di Infinito che è stato seminato in noi.

Gesù ci ha fatto il dono più stupendo che poteva offrirci, per dimostrarci questo suo interesse: Sè Stesso!





Egli è  "il buon pastore" e "Il buon pastore offre la vita per le pecore". (Gv 10,11)

e va "in cerca della pecora perduta" per ricondurre "all'ovile quella smarrita "  (Ez 34,16)  



Facciamoci pecorelle mansuete, in attesa di ricevere le cure del Buon Pastore: lasciamoci trovare da Lui, non tradiamo la fiducia che ripone in noi, Suo gregge.



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