mercoledì 30 gennaio 2013

TRIDUO A SAN GIOVANNI BOSCO- Terzo giorno: "Il Sistema preventivo nelle sue declinazioni concrete"-









TRIDUO A SAN GIOVANNI BOSCO

Terzo giorno: Il Sistema Preventivo nelle sue declinazioni concrete


O San Giovanni Bosco, padre e maestro della gioventù,
che tanto lavorasti per la salvezza delle anime,
sii nostra guida nel cercare il bene delle anime nostre 
e la salvezza dei prossimo;
aiutaci a vincere le passioni e il rispetto umano;
insegnaci ad amare Gesù Sacramentato, 
Maria Ausiliatrice 
e il Papa;
e implora da Dio per noi una buona morte,
affinché possiamo raggiungerti in Paradiso. 
Amen.



Nel secondo giorno del triduo si è sottolineato un passaggio importante nella pedagogia salesiana: il Sistema Preventivo è uno solo, ma trova declinazione concreta differente per ciascun ragazzo.
E' un elemento importante per chiunque tenti, non solo coi giovani, di trascinare alla fede qualcuno: solo attraverso un metodo unico, da attualizzare secondo i bisogni personali del ricevente, sarà possibile ottenere buoni risultati.

Don Chavez, nella Strenna 2013, sottolinea come "Il Sistema Preventivo nell'educazione della gioventù, la Lettera da Roma, le Biografie di Domenico Savio, Michele Magone, Francesco Besucco, sono tutti scritti di Don Bosco che illustrano bene sia la sua esperienza educativa che le sue scelte pedagogiche.
Per Don Bosco si doveva cominciare dalla realtà di ciascuno dei ragazzi senza dover attendere di avere situazioni ideali, facendo leva sui valori e le attitudini che si portavano dietro e additando vette da raggiungere".

Un programma concretissimo: si parte da quello che c'è, differente in ciascuna persona, per arrivare alla vetta "adatta" a ognuna di loro, identica però nella sostanza, cioè, la salvezza eterna.

Ad esempio, nella testimonianza di un oratoriano, Giovanni Anfossi, si legge che:
"Ogni sera, secondo la consuetudine dell'Oratorio, recitate le preghiere in comune, Don Bosco era solito rivolgere alcune parole di ammaestramento ai giovani, e dopo essi usavano presentarsi al medesimo per augurargli una buona notte; egli allora coglieva l'occasione per dare ammonimenti particolari ad ogni giovane di eccitamento alla virtù o di correzione amorosa.
Noto in modo speciale la sollecitudine che Don Bosco poneva nel suggerire ogni sera a Domenico Savio consigli in modo particolare opportuni al medesimo, il quale a sua volta li accoglieva con profonda venerazione, dimostrando col suo contegno che dava molta importanza e cercava di trarne profitto".

Suggerire in modo opportuno a ogni ragazzo implica una particolare capacità di "osservazione" e ascolto da parte dell'educatore.
Attenzione che va coltivata anche nelle piccole cose...
Don Bosco si era ad esempio reso conto che Domenico Savio aveva un "potenziale di santità elevatissimo", ma tendeva a esagerare con le penitenze, e non essendo d'accordo, cercava di tenere a bada il suo spirito di sacrificio.
Testimoniò così Michele Rua: "Se Domenico Savio non cadde in veri eccessi, lo si deve alla vigilante attenzione che verso di lui usava Don Bosco, il quale conoscendo il suo spirito di penitenza sovente s'informava della sua salute, e del modo di regolarsi nel vitto e nel riposo".

Imitiamo don Bosco: facciamoci osservatori, ascoltatori attenti dell'altro, per condurlo a Dio tenendo conto della sua peculiare esperienza di vita, del suo potenziale di santità.

martedì 29 gennaio 2013

TRIDUO A SAN GIOVANNI BOSCO- secondo giorno: "La pedagogia della bontà"-







TRIDUO A SAN GIOVANNI BOSCO

Secondo giorno: La pedagogia della bontà


O San Giovanni Bosco, padre e maestro della gioventù,
che tanto lavorasti per la salvezza delle anime,
sii nostra guida nel cercare il bene delle anime nostre 
e la salvezza dei prossimo;
aiutaci a vincere le passioni e il rispetto umano;
insegnaci ad amare Gesù Sacramentato, 
Maria Ausiliatrice 
e il Papa;
e implora da Dio per noi una buona morte,
affinché possiamo raggiungerti in Paradiso. 
Amen.



"L'amorevolezza di Don Bosco è,senza dubbio, un tratto caratteristico della sua metodologia pedagogica.
Non è però riducibile a un solo principio pedagogico, è amore autentico perché attinge da Dio; è amore che si manifesta nei linguaggi della semplicità, della cordialità e fedeltà; è amore che genera desiderio di corrispondenza; è amore che suscita fiducia, aprendo la via alla confidenza e alla comunicazione profonda; è amore che si diffonde creando un clima di famiglia, dove lo stare insieme è bello ed arricchente" . 
(Don Pascual Chavez, Strenna 2013)

Il concetto di "amorevolezza" è fondamentale per comprendere la pedagogia salesiana.
Don Bosco stesso lo riassume, in vari modi ed occasioni, attraverso frasi incisive, come:
"Studia di farti amare piuttosto che di farti temere" o "cerca di farti amare, di poi ti farai ubbidire con tutta facilità" e, ancora "i giovani si prestano docili a tutto ciò che vuol comandare colui dal quale sono certi di essere amati".

La vera summa della pedagogia salesiana dell'amorevolezza la si trova nella LETTERA DA ROMA del 1884.

Don Bosco la indirizzò ai suoi giovani di Torino quando stava per rientrare nel capoluogo piemontese dopo uno dei suoi viaggi a Roma.

In essa viene esplicitato chiaramente in cosa consista l'amorevolezza: "i giovani non solo siano amati, ma essi sappiano di essere amati".

Come far conoscere, concretamente, questo amore?
Don Bosco non vuole che l'amore si dimostri a parole, ma che si traduca in un "metodo" tagliato su misura per tutti e per ciascuno.
Richiede la presenza degli educatori in mezzo ai giovani, ma una presenza che sia accoglienza, di interesse alla conoscenza dei loro gusti, di coinvolgimento nelle loro ricreazioni, di affettività contenuta, ma "personalizzata".
E' noto ad esempio, che don Bosco si facesse "tutto a tutti" per i suoi ragazzi, quando nel cortile riusciva a trovare, per ognuno di essi, una parola, un gesto, uno sguardo.
Erano piccole, grandi finezze salesiane che facevano sentire ognuno il "preferito" di Don Bosco, spingendolo così ad aprirsi in piena confidenza, specialmente nella confessione, e a lasciarsi guidare verso la santità.

 Scrive don Chavez, nella Strenna 2013: "L'amorevolezza diventa segno dell'amore di Dio, e strumento per risvegliare la sua presenza nel cuore di quanti sono raggiunti dalla bontà di Don Bosco; è una via all'evangelizzazione".

Don Bosco ha veramente fatto suo e "reinterpretato" nella missione giovanile, lo stile del Patrono della Congregazione Salesiana: quello di San Francesco di Sales, che era solito dire "Attira più mosche un goccio di miele, che un barile di aceto".

Proviamo a imitare don Bosco in questa sua amorevolezza, in tutte le nostre relazioni,; indubbiamente è un modo di vivere i rapporti interpersonali che "richiede forti energie spirituali" (Strenna 2013), ma che può dare grandi soddisfazioni...anche se a volte dopo molte fatiche.
Don Bosco ci aiuti, invocando per noi la sua "maestra": Maria Ausiliatrice.

lunedì 28 gennaio 2013

TRIDUO A SAN GIOVANNI BOSCO- primo giorno: "il Vangelo della Gioia"-


Il triduo a San Giovanni Bosco di quest'anno prenderà spunto da due elementi:  

  • l'approfondimento della pedagogia del santo salesiano -tema del secondo anno di preparazione al bicentenario della sua nascita- 




TRIDUO A SAN GIOVANNI BOSCO

Primo giorno: Il Vangelo della gioia




O San Giovanni Bosco, padre e maestro della gioventù,
che tanto lavorasti per la salvezza delle anime,
sii nostra guida nel cercare il bene delle anime nostre 
e la salvezza dei prossimo;
aiutaci a vincere le passioni e il rispetto umano;
insegnaci ad amare Gesù Sacramentato, 
Maria Ausiliatrice 
e il Papa;
e implora da Dio per noi una buona morte,
affinché possiamo raggiungerti in Paradiso. 
Amen.



"Come Don Bosco educatore, offriamo ai giovani il Vangelo della gioia attraverso la pedagogia della bontà" .
Il titolo della Strenna 2013 è già veramente tutto un programma e ci permette di riflettere sul "come" don Bosco seppe attuare concretamente la sua grande intuizione pedagogica.

Scrive il Rettor Maggiore: "Il vangelo della gioia caratterizza tutta la storia di Don Bosco ed è l'anima delle sue molteplici opere.
Don Bosco ha intercettato il desiderio di felicità presente nei giovani e ha declinato la loro gioia di vivere nei linguaggi dell'allegria, del cortile e della festa: ma non ha mai cessato di indicare Dio quale fonte della vera gioia".

Sono concetti che don Chavez aveva già sottolineato nella sua omelia per l'inizio del secondo anno del bicentenario, richiamando un po' tutta la storia di don Bosco all'oratorio, fra i suoi ragazzi.

C'è però un aspetto del don Bosco che si fa pedagogo e pedagogista, educatore mentre viene anche lui educato: un don Bosco che è ancora "Giovanni" Bosco, ma che già sperimenta nella propria realtà di vita quotidiana, la necessità di coniugare gioia e Vangelo.

Nelle "Memorie dell'Oratorio", redatte proprio dal santo, è interessante riscoprire il racconto degli anni scolastici a Chieri.
Non fu un periodo "tutto rose e fiori": Giovanni Bosco non aveva propriamente l'età da scolaretto (16 anni) ed era indietro negli studi per via della sua situazione familiare che non gli aveva consentito di poter passare tranquillamente i suoi anni fra i banchi di scuola.
Riuscì tuttavia ad ottenere una promozione in breve tempo, passando così da una classe di "piccolini" ad una superiore, ma anche qui non mancarono difficoltà: compagni abituati a divertimenti poco sani e che pretendevano di fare del giovane Bosco un po' il loro "schiavetto" per ottenere "il tema svolto, la traduzione fatta".

Don Bosco allora...si ingegnò ed ecco come racconta lui stesso il fatto:

"Il professore, venuto a conoscere la faccenda, mi rimproverò severamente.
La tua è una carità falsa -mi disse- perché incoraggi la loro pigrizia. Te lo proibisco assolutamente.

Cercai una maniera più corretta per aiutarli.
Spiegavo ciò che non avevano capito, li mettevo in grado di superare le difficoltà più grosse.
Mi procurai in questa maniera la riconoscenza e l'affetto dei miei compagni.
Cominciarono a venire a cercarmi durante il tempo libero per il compito, poi per ascoltare i miei racconti, e poi anche senza nessun motivo.

Formammo una specie di gruppo, e lo battezzammo Società dell'Allegria.
Il nome fu indovinato, perché ognuno aveva l'impegno di organizzare giochi, tenere conversazioni, leggere libri che contribuissero all'allegria di tutti.
Era vietato tutto ciò che produceva malinconia, specialmente la disobbedienza alla legge del Signore.

Chi bestemmiava, pronunciava il nome di Dio senza rispetto, faceva discorsi cattivi, doveva andarsene via dalla Società.

Mi trovai così alla testa di un GRAN NUMERO DI GIOVANI.
Di comune accordo fissammo un regolamento semplicissimo:

  1. Nessuna azione, nessun discorso che non sia degno di un cristiano.
  2. Esattezza nei doveri scolastici e religiosi"
Torna il concetto già appreso, anni prima, da "don Bosco saltimbanco": amare ciò che amano i giovani, per catturarne l'attenzione, ottenerne la fiducia e così poterli condurre alle pratiche di pietà e all'amore di Dio.

Questa è pedagogia salesiana tradotta dalla teoria alla pratica!

Scrive ancora don Chavez, che don Bosco, con "la sua insistenza sul premio del Paradiso, proiettava le gioie di quaggiù nella prospettiva del compimento e della pienezza".

Possiamo prendere spunto dall'arte pedagogica di don Bosco per farci "testimoni e portatori" del Vangelo della gioia in ogni ambiente...e fare, come fece lui dei suoi ragazzi, "buoni cristiani e onesti cittadini".

giovedì 24 gennaio 2013

FESTA DI SAN FRANCESCO DI SALES -La Fede vigilante


Quest'oggi ricorre la memoria liturgica di San Francesco di Sales, elevata invece a "festa" per la Famiglia Salesiana (essendo la mia una parrocchia salesiana, ed in quanto exallieva Fma, ho deciso di usare il titolo, appunto, di "festa").

A conclusione del triduo dedicato al Santo Vescovo e Dottore della Chiesa, eccovi un ultimo brano -tratto dai suoi scritti- avente ancora per tema la FEDE.

Buona festa a tutti, particolarmente alle Visitandine, di cui San Francesco è cofondatore; ai Salesiani, della cui Congregazione il santo è Titolare e Patrono; ai giornalisti,scrittori, autori che di cui è patrono.



San Francesco di Sales
Basilica del Sacro Cuore di Gesù
Roma




O Dio, tu hai voluto 

che il santo vescovo Francesco di Sales 

si facesse tutto a tutti nella carità apostolica: 

concedi anche a noi di testimoniare sempre, 


nel servizio dei fratelli, 

la dolcezza del tuo amore.


AMEN







"Fede vigilante è fede attiva, diligente nel cercare e abbracciare ciò che la può far crescere e fortificare.
Vigila e scorge da lontano i suoi nemici, è all'erta per scoprire il bene ed evitare il male, si guarda da ciò che potrebbe portarla alla rovina per questo cammina sicura.
Penetra e intende con esattezza le verità rivelate, possiede forza, prudenza, giustizia, temperanza.
Non solo è forte, ma conosce la forza su cui si appoggia: la verità stessa.
La fede vigilante agisce come un servo fedele: impiega tutte le proprie capacità per compiere tutto ciò che conosce essere gradito al suo Signore, cerca e abbraccia, pratica tutto ciò che può avvicinarla maggiormente al suo Dio.
La fede viva è anche attenta ed è sempre accompagnata da grande fiducia e umiltà.

Rafforziamo dunque la nostra fede e vivifichiamola per mezzo della carità e delle opere compiute nell'amore, siamo vigilanti per accrescerla sia considerando con attenzione i misteri che esercitandoci nella fiducia e nella umiltà.
Il nostro cuore conoscerà allora la felicità e la pace cui profondamente aspira e sperimenterà la dolcezza dell'amore di Dio".


mercoledì 23 gennaio 2013

TRIDUO A SAN FRANCESCO DI SALES nell' Annus Fidei


Il triduo a San Francesco di Sales si inserisce a pieno titolo fra le iniziative del blog per l'Annus Fidei, essendo infatti incentrato su scritti del santo Vescovo, aventi per tema proprio la FEDE.

Il testo da cui sono tratti i pensieri del dottore della Chiesa è "Breve guida spirituale secondo San Francesco di Sales", curato da Sr.Maria Grazia Francheschini, ed. Elledici.





TRIDUO A SAN FRANCESCO DI SALES

Secondo giorno: la fede è la base e il fondamento delle altre virtù











O Dio, tu hai voluto 

che il santo vescovo Francesco di Sales 

si facesse tutto a tutti nella carità apostolica: 

concedi anche a noi di testimoniare sempre, 
nel servizio dei fratelli, 
la dolcezza del tuo amore.
AMEN




San Francesco di Sales ha lasciato scritto che"Fede che dorme è quella di chi crede, ma pigramente e non cerca di approfondire i misteri in cui crede, non vi pensa, non vi si applica.
Una tale fede rischia di essere sedotta da molti nemici e così perdersi".


La Fede può dunque essere lasciata da noi in un angolo del nostro essere e della nostra vita come qualcosa che dorme, che sta quieta, senza crescere, senza alimentarsi.
Una Fede così, ci rammenta il Santo Dottore e Vescovo di Ginevra, è una virtù in pericolo, rischia di essere sballottata dalle onde, come la barca su cui i discepoli si trovano -senza Gesù- dopo la prima moltiplicazione dei pani e dei pesci (Mc 6, 45-52).

Pensiamo alla fede iniziale dei dodici: indubbiamente avevano compreso per..."sommi capi", chi fosse il Cristo e credevano in Lui, eppure spesso il Vangelo riporta espressioni che in riferimento a loro, sottolineano che avevano "il cuore indurito", che non avevano nemmeno "capito il fatto dei pani" e dei pesci! (cfr Mc 6,52)
Erano ancora così "deboli" nella Fede tanto che Filippo. a Gesù, chiederà di mostrare loro il Padre: non aveva compreso, e come lui nessuno degli altri 11, che vedere Gesù era vedere il Padre!

La fede è un dono, ma non uno di quei doni che, una volta ricevuto, si possa semplicemente conservare in un cantuccio!
Fede è strettamente legata ad Amore, perché Dio stesso è Amore (1 Gv 4,8).
Sant'Agostino, infatti, scrisse: Che altro è vivere felicemente se non possedere qualcosa di eterno conoscendolo? (Diverse questioni 35,2)

Nella sua Lettera Apostolica Porta Fidei, Papa Benedetto XVI sottolinea:

"San Luca insegna che la conoscenza dei contenuti da credere non è sufficiente se poi il cuore, autentico sacrario della persona, non è aperto dalla grazia che consente di avere occhi per guardare in profondità e comprendere che quanto è stato annunciato è la Parola di Dio.

La conoscenza dei contenuti di fede è essenziale per dare il proprio assenso, cioè per aderire pienamente con l’intelligenza e la volontà a quanto viene proposto dalla Chiesa. 
La conoscenza della fede introduce alla totalità del mistero salvifico rivelato da Dio. 
L’assenso che viene prestato implica quindi che, quando si crede, si accetta liberamente tutto il mistero della fede, perché garante della sua verità è Dio stesso che si rivela e permette di conoscere il suo mistero di amore  (Porta Fidei, n 10)


Per accedere a una conoscenza sistematica dei contenuti della fede, tutti possono trovare nel Catechismo della Chiesa Cattolica un sussidio prezioso ed indispensabile. Esso costituisce uno dei frutti più importanti del Concilio Vaticano II


E’ proprio in questo orizzonte che l’Anno della fede dovrà esprimere un corale impegno per la riscoperta e lo studio dei contenuti fondamentali della fede che trovano nel Catechismo della Chiesa Cattolica la loro sintesi sistematica e organica. Qui, infatti, emerge la ricchezza di insegnamento che la Chiesa ha accolto, custodito ed offerto nei suoi duemila anni di storia. 
Dalla Sacra Scrittura ai Padri della Chiesa, dai Maestri di teologia ai Santi che hanno attraversato i secoli, il Catechismo offre una memoria permanente dei tanti modi in cui la Chiesa ha meditato sulla fede e prodotto progresso nella dottrina per dare certezza ai credenti nella loro vita di fede. (Porta Fidei, n.11)

Chi ama vuole conoscere sempre meglio l'Amato, perché 
  • maggiore conoscenza implica un percorso in cui si è sempre più affascinati dalla bellezza di ciò in cui si crede;
  • conoscenza maggiore comporta un penetrare sempre di più nel mistero di un Dio che è Amore;
  • conoscere vuol dire approfondire la meravigliosa, unica figura di Gesù di Nazareth;
  • questo aumenterà l'Amore e diminuirà il rischio di essere abbagliati da false nuove teologie, da errori legati ad un mancato approfondimento dei contenuti del nostro Credo.

Allora coniughiamo fede e ragione, amore e dottrina, nel nostro cammino di Fede, facendo tesoro delle ammonizioni di San Francesco di Sales e dell'invito pressante del Sommo Pontefice, in questo Annus Fidei che ci viene offerto come vera occasione per vivere intensamente il nostro rapporto con Dio e fra di noi, come unico corpo di credenti.

martedì 22 gennaio 2013

Proposta per l'Annus Fidei al Carmelo di Napoli



Trovate maggiori informazioni sul blog della Fraternità Secolare "Scalzi sui passi di Teresa" 

TRIDUO A SAN FRANCESCO DI SALES nell' Annus Fidei -secondo giorno: la Fede è il fondamento delle altre virtù



Il triduo a San Francesco di Sales si inserisce a pieno titolo fra le iniziative del blog per l'Annus Fidei, essendo infatti incentrato su scritti del santo Vescovo, aventi per tema proprio la FEDE.

Il testo da cui sono tratti i pensieri del dottore della Chiesa è "Breve guida spirituale secondo San Francesco di Sales", curato da Sr.Maria Grazia Francheschini, ed. Elledici.





TRIDUO A SAN FRANCESCO DI SALES

Secondo giorno: la fede è la base e il fondamento delle altre virtù















O Dio, tu hai voluto 

che il santo vescovo Francesco di Sales 

si facesse tutto a tutti nella carità apostolica: 
concedi anche a noi di testimoniare sempre, 
nel servizio dei fratelli, 
la dolcezza del tuo amore.
AMEN



San Giacomo, nella sua epistola, ci ricorda : "Che giova se uno dice di avere la fede ma non ha le opere? Forse che quella fede può salvarlo"? (Gc 2,14) 
"La fede senza le opere è morta". (Gc 2,26)

La fede non salva senza le opere per un solo motivo, che Gesù stesso ci svela pienamente nel Vangelo: "Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli". (Mt 7,21)

Volontà di Dio= Amore.... 

"Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri". (Gv 13, 34)

E se volessimo riassumere in poche...parole, il modo in cui Cristo ci ha amato, basterebbe dire:
chinandosi sui più piccoli,
sanando gli infermi,
liberando gli indemoniati,
perdonando assassini e donne di dubbia moralità, sinceramente pentiti;
rimanendo FEDELE ALL'ALLEANZA FINO ALLA FINE: MORENDO IN CROCE PER NOI.

Credere è allora aderire non solo ad un insieme di "articoli di fede", ma tradurre in opere concrete quello in cui crediamo, anzi, essere capaci di "mostrare" nella nostra vita, il Volto di Colui che è Parola Incarnata in cui crediamo.

San Francesco di Sales così ha descritto il connubio tra fede e opere:
"Adesione dell'intelletto e della volontà alle verità dei divini misteri, la fede è così la base e il fondamento delle altre virtù.
Bisogna però che sia una fede viva e non morta, vigilante e attenta, non dormiente.

Fede morta è quella separata dall'amore, che non compie le opere conformi a quanto professa.

Fede viva è quella unita e congiunta alla carità: è forte, ferma, costante e compie le opere dell'amore".

La fede deve andare di pari passo con l'amore, perché, come ci rammenta il Catechismo della Chiesa Cattolica, "soltanto l'uomo è chiamato a condividere, nella conoscenza de nell'amore, la vita di Dio.
A questo fine è stato creato ed è questa la ragione fondamentale della sua dignità.
(CCC 356)

"Alla fine della vita saremo giudicati sull'Amore", scrisse San Giovanni della Croce.
Alimentiamo la Fede con l'amore!

lunedì 21 gennaio 2013

TRIDUO A SAN FRANCESCO DI SALES nell' Annus Fidei- primo giorno: la fede è cooperazione di intelletto e volontà



Il triduo a San Francesco di Sales si inserisce a pieno titolo fra le iniziative del blog per l'Annus Fidei, essendo infatti incentrato su scritti del santo Vescovo, aventi per tema proprio la FEDE.

Il testo da cui sono tratti i pensieri del dottore della Chiesa è "Breve guida spirituale secondo San Francesco di Sales", curato da Sr.Maria Grazia Francheschini, ed. Elledici.





TRIDUO A SAN FRANCESCO DI SALES

Primo giorno: la fede è cooperazione di intelletto e volontà














O Dio, tu hai voluto 

che il santo vescovo Francesco di Sales 
si facesse tutto a tutti nella carità apostolica: 
concedi anche a noi di testimoniare sempre, 
nel servizio dei fratelli, 
la dolcezza del tuo amore.
AMEN




Il Catechismo della Chiesa Cattolica sottolinea un elemento molto importante: pur essendo "la fede un dono di Dio, una virtù soprannaturale da lui infusa" (CCC 153), "non è meno vero che credere è un atto autenticamente umano.
Non è contrario né alla libertà né all'intelligenza dell'uomo far credito a Dio e aderire alle verità da lui rivelate" (CCC 154).
"Nella fede, l'intelligenza e la volontà umane cooperano con la grazia divina. 
Credere è un atto dell'intelletto che, sotto la spinta della volontà mossa da Dio per mezzo della grazia, dà il proprio consenso alla verità divina" (CCC 155)


San Francesco di Sales così descrive questa "cooperazione":

"La fede è la grande amica del nostro spirito.

Quando Dio ce la concede, entra nella nostra anima e parla al nostro spirito proponendo all'intelletto in modo così gradevole ciò che si deve credere, che la volontà ne riceve un grande compiacimento, tale da incoraggiare l'intelletto ad acconsentire a conformarsi alla verità.

L'atto di fede consiste proprio in questa adesione del nostro spirito che, avendo ricevuto la piacevole luce della verità, vi aderisce con una sicurezza dolce, ma forte e solida, fondata sulla autorità della rivelazione che gli viene comunicata.

Questa sicurezza che lo spirito umano trova nelle cose rivelate e nei misteri della fede, comincia con un sentimento di amore e di compiacenza nei confronti della bellezza e dolcezza della verità divina proposta.

La fede fa capire con infallibile certezza che Dio esiste, che è di una bontà infinita, che può e vuole comunicarsi a noi e che per questo ci ha preparato tutti i mezzi necessari perché giungiamo alla felicità della sua gloria immortale".

Che noi siamo dei "convertiti" tanto quanto dei cristiani che hanno sempre percorso un cammino appreso fin dalla tenera età, certamente avremo sperimentato, in qualche momento della nostra vita, la "sensazione" descritta da San Francesco di Sales.
Ad un certo punto la fede entra per la prima volta nella nostra realtà interiore, oppure ci rendiamo conto di percepirla in un modo nuovo, come un dono arricchito, consapevole.
In quell'istante ci appare -in maniera rapida ed intuitiva- che Dio è Verità, Sommo Bene, Bellezza infinita ed eterna ed è impossibile non essere affascinati da questa presa di coscienza.
Qui però si gioca il nostro cooperare attivamente: la Grazia ci tocca, sta a noi aderirvi con la volontà!

Questo può capitarci in situazioni disparate: contemplando un paesaggio che ci pone dinanzi alla maestosità del Creatore;
leggendo o meditando un pensiero sugli attributi di Dio o un libro scritto da un santo che ci folgora d'improvviso (Santa Teresa Benedetta della Croce si convertì grazie alla lettura dell'Autobiografia di Teresa d'Avila. Leggendola tutta d'un fiato, disse "Questa è la verità"!);
affrontando una situazione particolarmente dolorosa, in cui si percepisce maggiormente la presenza di Qualcuno che ci guida, sostiene e accompagna... 


Quante occasioni, anche quotidiane, si offrono allora a noi come stimolo per far crescere in noi la fede: cerchiamo di coglierle, magari rammentando proprio quei momenti particolari della nostra vita in cui abbiamo già percepito in maniera intensa ed interiore la Fede come "finestra" sul Vivo e Vero.

domenica 20 gennaio 2013

LA FEDE COME CARISMA....riflessioni a margine della Parola della II Domenica T.O.


La seconda lettura della Liturgia della Parola, quest'oggi ci offre un bellissimo brano tratto dalla prima lettera di San Paolo ai Corinti (1 Cor 12,4-11), in cui la Fede viene qualificata con un termine un po' inusuale per quei tempi, ossia, non tanto "dono", quanto "carisma".


Leggiamo infatti 

"Vi sono diversi carismi,
 a ciascuno 
è data una manifestazione particolare dello Spirito 
per il bene comune;
...
a uno la fede"


Noi siamo normalmente abituati a sentire che la fede è un dono, e così ci insegna anche il Magistero della Chiesa, ma il termine paolino di "carisma" è molto incisivo e letto nel contesto della Parola domenicale (in particolar modo del brano evangelico sulle Nozze di Cana), ci offre uno spunto interessante per riflettere sulla fede come elemento che opera in noi per concessione gratuita dello Spirito Santo, ma che va messo al servizio degli altri, secondo la terminologia paolina del "bene comune".

Se pensiamo alla parola "carisma" (che deriva dal greco e vuole comunque dire "dono"), siamo normalmente propensi ad associarla all'idea di una persona che definiamo "carismatica", capace cioè di esercitare un certo fascino sugli altri, di attirarne l'attenzione e catturarne l'interesse.
Dire che qualcuno ha carisma equivale a considerare, in un certo modo, quel qualcuno come un "leader", come colui che dirige, indirizza, può essere posto a capo di un'organizzazione, di un gruppo di persone.

Il carismatico è una persona che ...trascina, che invoglia ad essere come lui, che genera il desiderio di "simulazione".

La simulazione non è un concetto negativo, siamo noi "moderni" che l'abbiamo reso anche tale.
Etimologicamente, simulare deriva da simul, fratello germano di  similis.
Simul significa "insieme" e similis "similare".
Ecco che, allora, simulare indica l'azione, il desiderio del "farsi simile", ma anche "creare un insieme con l'altro" o, potremmo ancora dire, "farsi simile all'altro insieme all'altro". 
"Mettere insieme quello che può accomunare, rendere simili".

Tornando al testo paolino, tutto questo ragionamento ci porta allora a comprendere che chi ha fede (e magari una grande fede!) ha ricevuto un CARISMA dallo Spirito Santo, è stato reso una PERSONA CARISMATICA, capace di "aggregare" altri uomini, di trascinarli con il proprio esempio, di generare in loro il desiderio di simulazione, cioè di diventare persone di fede, di grande fede!

Non è questo, allora, realmente un dono per il bene comune?

Credo che ciascuno di noi, guardando alla propria esperienza, possa trovare nel bagaglio della memoria o anche nel proprio presente, qualcuno che ci ha stimolati proprio con la sua fede.
Qualcuno che realmente abbiamo considerato o consideriamo come "uomo/donna di fede", che ci ha fatto desiderare di essere come lui/lei, che ci ha invogliato a pregare con insistenza con le belle parole degli apostoli: "Aumenta la nostra fede"! (Lc 17,6)

La Fede, dunque, è un carisma che trascina, che genera una meravigliosa spirale di imitazione, una sorta di "gara" in positivo.

E' quello che ci racconta anche l'Evangelista Giovanni, nella scena delle Nozze di Cana (Gv 2,1-12):

Maria ha talmente tanta fede nel Figlio Gesù, da dire semplicemente ai servi:
 "Qualunque cosa vi dica, fatela".

QUALUNQUE COSA: Gesù non ha dato risposta che parrebbe lasciare ben sperare in un Suo intervento, eppure Maria SA che opererà!
Maria non sa cosa farà il Figlio...ma è certa che agirà!
Maria non sa quali modalità sceglierà il Signore....eppure è sicura che sarà quella migliore!

La Fede di Maria è quella Fede che smuove le montagne (cfr Lc 17,6), "anticipa" l'ora del Figlio e invita alla simulazione i servi, i quali, ignari di chi fosse Maria, di chi fosse Gesù Stesso, operano in  perfetto spirito di fede, rendendosi disponibili nel collaborare al miracolo.

"Farsi simili all'altro, insieme all'altro che si è fatto simile all'Altro".
I Servi siamo noi, chiamati a renderci simili al modello per eccellenza della persona di Fede, cioè Maria Santissima (cfr Costituzione Dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 60-65), che si è resa in tutto conforme a Cristo!

Maria è una persona carismatica, perché ha appreso tutto da Colui che più di tutti è stato un carismatico, un trascinatore: IL VERBO INCARNATO!

L'edificazione vicendevole diventa quasi una sorta di "arte" e qui vorrei concludere queste riflessioni inserendo un pensiero tratto da un'omelia del caro amico don Mario, che ha usato un paragone piuttosto "forte", quello del "rubare" i doni degli altri, non per privarne chi li possiede, ma per completare in noi la nostra parte mancante:

"Dobbiamo imparare l'arte di rubare, di arricchirci del dono dell'altro.
Tutti hanno un dono, tutti sono un dono per me!
Possiamo arricchirci delle ricchezze dell'altro per completarci a vicenda dei doni che ci mancano.
Se sapremo dire a qualcuno che è il nostro dono, allora avremo applicato la parabola in concreto"
 (nb l'omelia faceva riferimento alla parabola dei talenti, ma ben si sposa con la Parola di oggi)

Maria Santissima, che condivide con noi la sua fede nel Figlio Gesù, ci renda capaci, sul suo esempio, di lasciarci trascinare dai grandi modelli che ci circondano anche oggi e di divenire, a nostra volta, persone carismatiche, che sappiano condurre altri fratelli e sorelle alla Fede nel Dio Vivente.

BUONA DOMENICA A TUTTI!