lunedì 29 ottobre 2012

SECONDO ANNO DI PREPARAZIONE AL BICENTENARIO DELLA NASCITA DI DON BOSCO: la sua pedagogia. GIOCHI E ROSARIO....



Dal libro "Don Bosco", Edizioni SEI, 1965:

"A dieci anni, Giovannino chiede alla mamma il permesso di recarsi alle fiere e ai mercati nei paesi vicini.
Vuole imparare i trucchi dei saltimbanchi.
Giovannino osserva e coglie i movimenti delle dita dei giocolieri, il loro scatto, il lancio, l'equilibrio.
Tornato a casa esercita i polpacci, le spalle, le reni a fare altrettanto.

C'è vicino ai Becchi un prato. Un luogo ideale per dare spettacolo.

La domenica vi si raduna la gente.
Fanno cerchio attorno a Giovannino.
Giovannino srotola sull'erba il tappeto per i salti, depone su un tavolo la bisaccia delle meraviglie, lega a due alberi la corda per le passeggiate aree.

La gente ama quel ragazzo ricciuto, che ha la voce chiara e il dono di affascinare.

Eccolo: salta sulla sedia, caccia una mano in tasca.
Che ne esce?
Una corona del rosario.
Se si vuole vedere lo spettacolo, non c'è altra scelta.
Bisogna pagare lo scotto: recitare la terza parte del rosario, dieci minuti.

Non basta: -Adesso vi ripeto la predica del cappellanno di Murialdo- dice Giovannino.

Alcuni ridacchiano, alzano le spalle, fanno finta di ritirarsi.
Ma sono pochi, e poi la curiosità li trattiene.
Rimangono...

Preghiera e predica; gli tengono dietro con la voce e ascoltano con un orecchio.

Giovannino diverte e fa del bene.
A dieci anni, organizza per la gente dei divertimenti a puro beneficio di Dio".





Questo è San Giovanni Bosco a dieci anni: ha già compreso quello che poi ripeterà, in forma concettuale più articolata, da adulto.
Che cioè, bisogna che l'educatore ami le cose che amano i suoi giovani....in modo che questi, sentendosi "compresi" nelle proprie preferenze, gusti, attività, si lascino prendere dall'amore per le cose ben più belle (e più sante) che amano gli educatori!

E' un principio che vale in qualunque rapporto interpersonale, se veramente si vuole creare un meccanismo di scambio: posso dare qualcosa ad una persona se mi rendo capace di circondarla, di interessarmi a quello che fa, che la attira, che cattura la sua attenzione (ovvio, sempre si tratti di cose moralmente lecite e non dannose ad alcuno) .

In chiunque -ma a maggior ragione nel giovane- questo "interessarmi agli interessi dell'altro", fa scattare proprio il senso del sentirsi amato: l'altro mi tiene in considerazione, l'altro vuole conoscermi in quello che mi piace, l'altro ha il desiderio di studiare il modo in cui vivo, quello che faccio, quello che mi appassiona. 
L'altro mi ama per come sono!

Se la dinamica è quella di una rapporto fra persone già mature, allora questo scambio avverrà -seppure con intensità e modalità differenti- fin da subito da e verso entrambe le direzioni; altrimenti comincerà la persona che è più avanti nello spirito, per portare un beneficio a chi ha ancora da camminare.

Qui don Bosco si mostra, ancora ragazzino, capace di avvicinare molti coetanei (ma magari anche bimbi più piccoli e ragazzi un po' più grandicelli) studiandosi di "farsi amare" attraverso i giochi a loro graditi.
Da questo espediente si crea l'atmosfera utile e propizia per seminare semi di bene: la preghiera, qualche consiglio spirituale....

Giovannino dirà: STUDIA DI FARTI AMARE....

Già, ama veramente chi ti sta intorno, amalo nel senso di volerlo conoscere, di trovare quegli interessi tali che, stimolati, possano rendertelo più vicino...
Inizialmente la vicinanza potrà anche essere solo di "comodo" (i ragazzini sul prato volevano assistere ai giochi di don Bosco...), ma toccando i tasti giusti, si trasformerà, molto spesso, in affetto vero e sincero, che renderà l'amico pronto ad intraprendere un percorso più intenso di crescita, soprattutto sul piano spirituale.

"Studia di farti amare, piuttosto che di farti temere"! 

giovedì 25 ottobre 2012

"SONO VENUTO A PORTARE IL FUOCO SULLA TERRA"....



"Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, 
e quanto vorrei che fosse già acceso"!  

(Lc 12,49)




La Liturgia della Parola, oggi ci presenta un brano dell'evangelista Luca (Lc 12, 49-53) , in cui si fa esplicito riferimento allo Spirito Santo.

Un collegamento con il capitolo 14 del Vangelo di Giovanni ci consente di ricordare che solo con il ritorno di Cristo al Padre, potrà essere inviato sui dodici e poi su tutti noi, il Paraclito, Spirito Santo che insegnerà, spiegherà, fortificherà...farà ricordare ogni cosa detta da Gesù.

Il versetto lucano permette di cogliere uno spunto interessante per la riflessione personale: lo Spirito Santo è FUOCO D'AMORE, CARITA' ed è già "acceso" perché è Dio da sempre, per sempre, Increato al pari delle altre Due Persone della Santa Trinità.
E' il "collegamento" d'Amore, la CORRENTE ELETTRICA fra Padre e Figlio!

Portato (come diceva la precedente traduzione CEI della Bibbia) o gettato (come invece propone quella attuale) sulla Terra, sembra che non sia "scontato" il meccanismo della combustione, per cui il fuoco determini un...incendio a contatto col materiale da ardere.

Sono le parole successive di Gesù che ce lo fanno intendere: il Messia parla di come sorgeranno divisioni finanche nelle famiglie, tra padri e figli, suocere e nuore, fratelli e sorelle.

Perché, se lo Spirito Santo è Fuoco di Carità?

La risposta è "dentro" ciascuno di noi: lo Spirito è Fuoco, di per Sé non può che bruciare, seppure senza consumarSi, ma affinché determini in me un incendio d'Amore, devo accettare di lasciarmi "appiccare" come fossi un tizzone pronto ad essere bruciato.

E' paradossale, ma è così: il Fuoco mi si avvicina...ma la mia ostinazione, il mio peccato, la mia superbia, possono rendermi impermeabilizzato al suo potere bruciante. 
Posso respingere la Grazia che vorrebbe operare in me.
Posso impedire l'azione dello Spirito in me.
Posso rifiutare il grande Dono che Dio mi fa!

Se io rifiuto il Fuoco dello Spirito, ecco che allora lascio agire in me il Diavolo, il DIVISORE: da lui arrivano le discordie in famiglia, fra amici, nella società in generale.

La Parola di oggi deve allora farci riflettere: Cristo vuole ardentemente che mi lasci consumare dal FUOCO dello SPIRITO SANTO.
E' morto in Croce ed è asceso al Cielo per rendermi capace di ricevere questo dono immenso.

Lascia a me la libertà di accoglierLo, farLo operare in me.

Se accetto la "sfida" di sottopormi ad un....martirio d'amore, il Fuoco Divino ed Eterno non consumerà nemmeno anche me: mi trasformerà, mi renderà un piccolo tizzone ardente della Fiamma dello Spirito.

Mi farà....LUCE DEL MONDO, desideroso di portare ad altri un po' di quella Fiamma d'Amore!


mercoledì 24 ottobre 2012

VOI DUNQUE PREGATE COSI': Meditazioni sul Padre Nostro -quinta parte




...dacci oggi il nostro pane quotidiano...




"Chi non vuole lavorare, neppure mangi" (2 Ts 3,10) : le parole di San Paolo potrebbero aprire questa nuova parte di meditazione sul Padre Nostro.

Lavorare e mangiare vanno di pari passo: lavorare per produrre, per ricevere il salario, per gustare quanto abbiamo ottenuto con fatica.

Lavorare richiede uno sforzo personale, a volte creativo, in altri casi meccanico, in certe circostanze solo l'impegno della presenza, dell'esserci.
Ecco, io mi pongo nell'atteggiamento di chi è disponibile nelle mani di Dio per fare solo quello che Lui vuole di volta in volta: voglio lasciarmi "lavorare" da Lui, compiendo anche io la parte del lavoro che mi spetta.

Il lavoro del cristiano non è un servizio di "schiavitù": è invece come un andare a bottega.
Il Maestro mi insegna la Sua Arte, mi dona i mezzi "tecnici", le competenze necessarie, poi mi chiede di ...fare come ha fatto Lui, di mettere in pratica quanto mi ha insegnato.

Parlando in una prospettiva spirituale-ascetica, questo comporta un lavorio continuo su me stesso: mi rendo pronto ad un impegno quotidiano in cui Dio mi è vicino se io Lo ricerco con il cuore, come ci dice il Salmista; Dio mi dona la Sua Grazia ed io la "impiego" come energia per superare tentazioni, lati ruvidi del carattere, piccole o grandi incomprensioni con quanti mi stanno vicino.

Lavorare è, in un certo senso, quel far violenza al Regno dei Cieli per impossessarsene. (cfr Mt 11,12)
Ogni giorno ricominciare da capo, riprendere dal punto in cui ho concluso ieri, fare qualche passo avanti.
Altrimenti non mangerò, cioè non vedrò frutto, perché non farò progressi in avanti nel mio cammino.
Nella fede non vale la regola del "meglio restare fermi, per non perdere quanto ho", al contrario....
San Paolo parla di correre una corsa (cfr 2Tm 4,7), ed il Vangelo ci propone più volte la parabola dei talenti, in cui viene severamente rimproverato il sevo che sotterra il proprio denaro, per timore di perderlo.

Nella fede vince...chi "rischia"! Chi si dà da fare ogni giorno!

Paradossalmente, per accostarci al "Pane" dei pani (l'Eucaristia), Dio ci concede, in questo nostro lavoro,già un Suo nutrimento: la Sua Parola!

Chiediamo dunque a Dio di donarci il "Pane" quotidiano come Sua Parola da leggere, meditare, conservare nel cuore e applicare nella vita di tutti i giorni.
C'è da essere riconoscenti per il dono che riceviamo...ma c'è da essere anche impegnati per "assimilarlo", dedicando ogni giorno, un po' di tempo, alla conoscenza "interiore" della Bibbia, la famosa "lectio divina".

Chiediamo a Dio di renderci capaci di vivere la Sua Parola nel nostro contesto umano come Amore donativo, di di renderci sempre più laboriosi per essere -momento dopo momento- meno indegni di riceverLo nel "Pane degli Angeli".

Preghiamolo anche affinché ci aiuti nel nostro lavoro materiale, nei nostri impieghi nei vari settori del mondo: Gesù stesso, facendoSi Uomo, ha voluto lavorare.
E' stato umile carpentiere che si è guadagnato da vivere attraverso la fatica delle mani.

Guardando al Modello, che è Cristo, compare all'orizzonte un altro...pane: la preghiera!
Gesù di giorno andava per le strade, ammaestrava, incontrava la gente, stava coi suoi discepoli, ma il mattino presto e la notte erano i momenti, gli spazi, dedicati alla preghiera.
L'orazione era per il Figlio di Dio fatto Uomo -e tale deve essere anche per noi- "cibo preziosissimo", quel cibo in cui gustiamo il nostro personale rapporto con il Signore parlando con Lui, ascoltandoLo, facendoGli compagnia.

Che per intercessione di Maria, che ha sempre sostenuto con il Suo materno affetto il Figlio, possiamo allora diventare capaci di coniugare lavoro "spirituale" , lavoro"orante" e lavoro materiale, affinché tutto il nostro vivere sia un unico lavoro, alla luce della Fede ed in vista del premio eterno, per sedere al banchetto della Gerusalemme Celeste.

Il Vangelo di ieri, ci ricorda infatti:


Beati quei servi che il padrone al suo ritorno 
troverà ancora svegli; 
in verità vi dico, 
si cingerà le sue vesti, 
li farà mettere a tavola 
e passerà a servirli. 

(Lc 12,37)

martedì 16 ottobre 2012

L'UMANITA'....E' COSA DI CUORE!




In quel tempo, mentre Gesù stava parlando, un fariseo lo invitò a pranzo. 
Egli andò e si mise a tavola. 
Il fariseo vide e si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo. 
Allora il Signore gli disse:
 «Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno
 di avidità e di cattiveria. 
Stolti!
 Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? 
Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, 
per voi tutto sarà puro».







La Liturgia di oggi è particolarmente ricca e permette una riflessione ampia, che spazi dalla Parola di Dio alla santa di cui si fa memoria: Santa Margherita Maria Alacocque, la suora visitandina cui Gesù rivelò i segreti del Suo Sacratissimo Cuore.

L'evangelista Luca ci presenta una scena molto comune nella vita di Cristo: un invito a pranzo.
Uno di quegli inviti fatti non tanto per .... amore, ma per mettere l'ospite in difficoltà, per coglierlo in fallo e beffeggiarlo davanti a tutti i commensali.
Gesù sa cosa accadrà in casa del fariseo, eppure si siede alla sua mensa.
Gesù vuole cogliere quell'occasione per lanciare un monito, per dare un insegnamento, al fariseo e non solo a lui!

Il punto su cui l'osservante ebreo muove l'accusa contro Cristo è il non praticare le abluzioni, considerate come doverose, perché prescritte dalla legge mosaica.
Gesù qui fa capire (e non caso proprio intorno ad una "mensa"!) che portare a compimento la Legge significa ripulire non l'esterno, ma l'interno!
Ed usa parole molto interessanti:

"Colui che ha fatto l'esterno, non ha fatto anche l'interno"?

Riflettiamo su un'espressione di uso comune: per dire che qualcuno è insensibile al massimo grado, che manca di "umanità", diciamo non di rado che quella è una persona "senza cuore".
Quindi, umanità e cuore sono in strettissima relazione!
Oppure si fa uso di una terminologia che richiama strettamente quella biblica, laddove diciamo che qualcuno abbia "un cuore di pietra".
Il profeta Ezechiele, infatti, nel preannunciare la venuta del Messia, si esprimeva proprio facendo riferimento ad un "cuore di carne" che avrebbe sostituito il vecchio "cuore di pietra". 
(Ez 11,19)

Rendere "mondo" solo l'esterno, cioè curare solo la religione "estetica" con un insieme di riti, di gesti che ci rendano ben presentabili agli occhi del mondo, non ci fa veramente uomini, anzi, è un intendere in senso negativo il nostro essere ad immagine e somiglianza di Dio.

Gesù stesso, in Matteo, così si esprime:

"Non capite che tutto ciò che entra nella bocca, passa nel ventre e va a finire nella fogna?
Invece ciò che esce dalla bocca proviene dal cuore. Questo rende immondo l'uomo. Dal cuore, infatti, provengono i propositi malvagi, gli omicidi, gli adultèri, le prostituzioni, i furti, le false testimonianze, le bestemmie. 
Queste sono le cose che rendono immondo l'uomo, ma il mangiare senza lavarsi le mani non rende immondo l'uomo". 
(Mt 15,17-20)

E' particolarmente bello che, allora, il Vangelo odierno di Luca sia quello del giorno in cui si fa memoria di Santa Margherita Maria Alacoque, la "segretaria" del Sacratissimo Cuore.
Il Cuore di Gesù si offre a noi, attraverso le rivelazioni concesse alla suora visitandina, come MODELLO DA IMITARE.
Un Cuore umile, mite, misericordioso, paziente; un Cuore che ha sopportato insulti, sputi e disprezzo umano; un Cuore che ha avuto compassione di ammalati nel corpo e nello spirito; un Cuore che ha perdonato le peggiori specie di peccatori, invitando sempre a guardare oltre il passato, verso un futuro di rinascita.

Gesù oggi ci dice: non siate come i farisei che pensano a seguire una religione di soli riti, esteriori, senza cuore.... ogni ritualità religiosa va integrata, supportata, animata, oserei dire "preceduta" dalla bontà del cuore.

Senza cuore rischiamo di non salvarci! 

Perché alla fine della vita saremo giudicati SULL'AMORE!
Diventiamo veramente "uomini", diventiamo "uomini di cuore"...perché, parafrasando don Bosco -che diceva che l'educazione è cosa di cuore- anche l'umanità è cosa di cuore!

lunedì 15 ottobre 2012

RIFLESSIONI SULL'AMICIZIA -con Santa Teresa d'Avila e San Francesco di Sales



O Santa Teresa di Gesù,
 che in terra hai tanto amato il tuo e nostro Dio
 ed ora in cielo lo ami con amore più puro e più grande: 
tu che hai sempre desiderato di vederlo amato da tutti gli uomini, 
ottieni, ti preghiamo, anche per noi 
la scintilla di questo santo amore. 
Fa' che tutte le nostre opere siano sempre impiegate 
nel compiere la volontà di Dio, 
che merita di essere infinitamente ubbidito e amato. 
Ottienici queste grazie, tu che tanto puoi presso di Lui, 
affinché veniamo a goderLo con te,  nella beata eternità del Paradiso.   AMEN




Nel libro della Vita di Santa Teresa d'Avila (di cui oggi ricorre la memoria liturgica) troviamo un'affermazione molto interessante: "L'infallibile risorsa di un'anima è trattare con gli amici di Dio". (Libro della Vita cap. 23,4)
Sembra quasi di poterne dedurre -in via immediatissima- un criterio nella scelta e nella coltivazione delle amicizie, ma quante volte, invece, andiamo, come si suol dire, con gli zoppi per imparare a zoppicare, anziché coi più sani, per sanarci anche noi? 
O, detta in termini spirituali: scegliamo come amici i più santi, per farci santi insieme a loro e grazie a loro?

Eppure, a ben pensarci, è il Vangelo stesso che ci presenta questo "standard" qualitativo dell'amicizia, laddove Gesù afferma:
"Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando.
 Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi". (Gv 15,13)

Siamo al capitolo 15 del Vangelo di Giovanni, Giuda il traditore è già uscito, rimangono gli "undici fedelissimi" e ricevono le coordinate per essere amici di Gesù, amico dell'Amico!


Ci si potrebbe chiedere: nel trattare con gli amici di Dio, come ci sprona a fare santa Teresa, che cosa ne guadagniamo?

La risposta la troviamo nelle parole di Cristo: gli amici di Dio sanno quello che fa "il padrone", conoscono meglio di noi il Modello da imitare,  possono forgiarci come veri alter Christus (cosa che già diveniamo in forza del Santo Battesimo) ed insieme si può percorrere un bellissimo tratto di strada verso la santità.
Hanno acquisito una certa esperienza spirituale, umana, religiosa: possono diventare per noi maestri e compagni di viaggio.

Per chi è ancora indietro nelle vie dello spirito, ma vuole cominciare seriamente a praticare "la virtù" il vantaggio è descrivibile in termini di "convenienza": una parola che non ha una connotazione negativa, ma va invece identificata come una tensione verso il "bene".
Santa Teresa è di questa opinione, infatti mette in guardia dallo strepito del demonio, che molto si adopera per impedire alle anime di avvicinarsi ai veri amici di Dio, onde trarne beneficio spirituale (la carmelitana ne parla sempre nell'autobiografia).



San Francesco di Sales, nel "Trattato dell'Amor di Dio", scrive:

"La volontà ha una convenienza così grande con il bene che, appena lo scorge, si volge dalla sua parte per compiacersi in lui.
Il compiacimento è la prima scossa o la prima emozione che il bene provoca nella volontà". 
(San Francesco di Sales, Trattato dell'Amor di Dio, Libro I- Cap. 7)

In termini semplici, la compiacenza è un po' quella simpatia a pelle verso qualcuno che -sia che lo intuiamo soltanto, sia che lo sappiamo con certezza- farà del bene alla nostra anima., ragion per cui siamo portati ad avvicinarci a quella persona e a stringere amicizia.

Dalla compiacenza si passa poi al "movimento, lo scorrere e l'avanzare del cuore verso il bene".

San Francesco di Sales chiarisce poi un punto importante: la "convenienza" non per forza è frutto della somiglianza fra gli amici.
Pensiamo proprio a Cristo-Amico e noi, Suoi amici: ci può essere somiglianza fra Dio e l'uomo? 
Eppure Dio ha assunto natura umana per farsi "simile a noi", ed in questo ci ha lasciato una lezione importante, che si comprende anche dallo scritto di San Francesco di Sales:

"Chi non sa che i vecchi più saggi amano teneramente e prediligono i bambini e sono da essi riamati?
Che i dotti amano gli ignoranti, se questi sono docili, e i malati i loro medici?
La convenienza che causa l'amore non si trova sempre nella somiglianza, ma nella proporzione, rapporto o rispondenza tra l'amante e la cosa amata: infatti, non è la somiglianza che rende amabile il medico al malato, ma la rispondenza della necessità dell'uno alla capacità dell'altro; perché uno ha bisogno dell'aiuto che l'altro può offrire, il medico vuol bene all'ammalato e il dotto  al discepolo perché possono esercitare i propri talenti nei loro confronti.
I vecchi vogliono bene ai bambini perché la grande semplicità, la debolezza e la tenerezza degli uni esalta e mette meglio in evidenza la prudenza e la sicurezza degli altri.
I bambini amano i vecchi perché di vedono divertiti e bisognosi di loro e, per un sentimento inconscio, riconoscono di aver bisogno della loro guida".

Dio ama le Sue creature perché -nel Suo essere Amore Incontenibile, solo attraverso di esse può manifestare questo Suo Amore che è Benevolenza, Misericordia, Giustizia....e via dicendo per tutti gli attributi divini!
E al contempo le ama perché solo amandole può avvicinarle a Lui e, come dice una canto: "Dio si è fatto come noi per farci come Lui"!

Ci sono però anche dei casi in cui l'amicizia nasce dalla "somiglianza": pensiamo a coppie molto famose di amici, come ad esempio San Francesco e Santa Chiara.
In questi casi l'amicizia è ad un livello più "elevato": conduce ad una condivisione maggiore della vita spirituale, unisce maggiormente gli animi degli amici, diventa un balsamo ed un conforto per entrambi, uno stimolo a fare meglio nel percorso verso la santità.

E' sempre San Francesco di Sales che ci illustra bene questo concetto:
" Quando tale rispondenza è unita alla somiglianza, senza dubbio ne nasce un amore molto più forte; perché essendo la somiglianza la vera immagine dell'unità, quando due cose simili si uniscono perché tendono allo stesso fine, sembra trattarsi più di unità che di unione".

E' molto bella la definizione di "amici" che si trova nel Dizionario di spiritualità: una sola anima in due corpi.

E Simon Weil scrive: 
"In una amicizia perfetta i due amici hanno concordato di essere due in uno.
L'amicizia è un miracolo per il quale una persona accetta di guardare da lontano senza avvicinarsi di più alla persona che gli è necessaria come il pane".

Esagerazioni? No, se pensiamo che Colui che è la Parola, origine e fonte di ogni parola umana, ci ha chiamati AMICI, laddove l'etimologia ci dice che AMICO deriva dal latino AMICUS, che a sua volta proviene dalla STESSA RADICE DI AMORE.

DIO E' AMORE!
DIO E' L'AMICO e vuole che l'uomo faccia esperienza di amicizia con Lui e con i Suoi amici!

domenica 14 ottobre 2012

TRIDUO A SANTA TERESA D'AVILA- La fede- terzo giorno




O Santa Teresa di Gesù,
 che in terra hai tanto amato il tuo e nostro Dio ed ora in cielo lo ami con amore più puro e più grande: 
tu che hai sempre desiderato di vederlo amato da tutti gli uomini, 
ottieni, ti preghiamo, anche per noi 
la scintilla di questo santo amore. 
Fa' che tutte le nostre opere siano sempre impiegate nel compiere la volontà di Dio, che merita di essere infinitamente ubbidito e amato. 
Ottienici queste grazie, tu che tanto puoi presso di Lui, affinché veniamo a goderLo con te, nella beata eternità del Paradiso. 

Amen





Avere fede, amare, conoscere e rispettare la Scrittura e la Dottrina, a cosa devono portarci?
Innanzitutto ad essere testimoni coerenti di ciò che professiamo, testimoni credibili, autentici e capaci di incarnare il nostro credo nella vita di tutti i giorni ed anche fino al martirio, se necessario (laddove il martirio potrebbe essere anche solo quello "del cuore", non per forza cruento e fisico).

Essere sale del mondo e luce della terra richiede quindi un impegno costante e quotidiano.

Il Papa, nel Motu Proprio Porta Fidei, ci ricorda infatti che "il rinnovamento della Chiesa passa anche attraverso la testimonianza offerta dalla vita dei credenti: con la loro stessa esistenza nel mondo i cristiani sono infatti chiamati a far risplendere la Parola di verità che il Signore Gesù ci ha lasciato. 

La Chiesa «prosegue il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio», annunziando la passione e la morte del Signore fino a che egli venga (cfr 1Cor 11,26). 
Dalla virtù del Signore risuscitato trae la forza per vincere con pazienza e amore le afflizioni e le difficoltà, che le vengono sia dal di dentro che dal di fuori, e per svelare in mezzo al mondo, con fedeltà anche se non perfettamente, il mistero di lui, fino a che alla fine dei tempi esso sarà manifestato nella pienezza della luce” 
(M.P.  Porta fidei, n.8)

Santa Teresa d'Avila era dello stesso parere.
Conoscere la Verità, potremmo dire parafrasando il suo pensiero, ci rende come dei valorosi sovrani, che avendo trovato un Regno ben più ricco del proprio, cercano di conquistarlo con tutte le forze e di farvi accedere anche altri che non credono nella sua esistenza:

"Felice l'anima alla quale il Signore fa conoscere la verità!
Oh, come sarebbe adatto questo stato per i re!
Come sarebbe di maggior vantaggio per essi cercare di guadagnarselo, anziché mirare alla conquista di un gran dominio!
Quanta giustizia vi sarebbe nel loro regno!
Quanti mali si eviterebbero e quanti se ne sarebbero evitati!
Qui non si teme di perdere la vita né l'onore per amor di Dio.
Che gran bene, questo, per chi, come re, è più obbligato di tutti i sudditi ad aver di mira l'onore del Signore perché deve essere loro di esempio!
Pur di accrescere di un punto la fede e d'illuminare almeno un po' gli eretici, un tale re sarebbe disposto a perdere mille regni.
E' una cosa ben diversa, infatti, guadagnare un regno eterno, tale che, con una sola goccia d'acqua che di esso l'anima beva, prova nausea per tutto ciò che è terreno".

(Teresa d'Avila, Libro della Vita 21,1)

Che cosa importa, a chi scopra l'esistenza del Regno dei Cieli, se per accedervi e contribuire alla salvezza di altre anime, sia necessario sopportare insulti, persecuzioni, piccole e grandi umiliazioni e sofferenze anche fisiche?
La vera libertà è quella che non ci incute paura per le tribolazioni del e nel mondo, ma che ci rende capaci di testimonianza fedele a Cristo ed anche eroica!

"Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (Gv 8,32)

Che Santa Teresa ci aiuti ad ottenere questa conoscenza e questa libertà!

sabato 13 ottobre 2012

TRIDUO A SANTA TERESA D'AVILA- La fede-secondo giorno





O Santa Teresa di Gesù,
 che in terra hai tanto amato il tuo e nostro Dio ed ora in cielo lo ami con amore più puro e più grande: 
tu che hai sempre desiderato di vederlo amato da tutti gli uomini, 
ottieni, ti preghiamo, anche per noi 
la scintilla di questo santo amore. 
Fa' che tutte le nostre opere siano sempre impiegate nel compiere la volontà di Dio, che merita di essere infinitamente ubbidito e amato. 
Ottienici queste grazie, tu che tanto puoi presso di Lui, affinchè veniamo a goderLo con te, nella beata eternità del Paradiso. 

Amen






Nel Motu Proprio Porta Fidei, il Papa mette in luce la connessione strettissima tra fede , Sacra Scrittura, Santi, teologia e Dottrina invitando i credenti a "ritrovare il gusto di nutrirci della Parola di Dio, trasmessa dalla Chiesa in modo fedele".
(Benedetto XVI, M.P. Porta fidei, n.3)

Non è allora un caso che, nel dare delle indicazioni precise su come vivere questo anno speciale, il Santo Padre faccia espresso riferimento al Catechismo della Chiesa Cattolica.
In esso, infatti, "i contenuti fondamentali della fede trovano la loro sintesi sistematica e organica.
Qui, infatti, emerge la ricchezza di insegnamento che la Chiesa ha accolto, custodito ed offerto nei suoi duemila anni di storia. 
Dalla Sacra Scrittura ai Padri della Chiesa, dai Maestri di teologia ai Santi che hanno attraversato i secoli, il Catechismo offre una memoria permanente dei tanti modi in cui la Chiesa ha meditato sulla fede e prodotto progresso nella dottrina per dare certezza ai credenti nella loro vita di fede". 
(M.P. Porta fidei, n.11)


Santa Teresa d'Avila si presenta in linea con questo pensiero, ed in perfetta continuità con quanto già ieri abbiamo meditato nel primo giorno del triduo.
Parlando dei doni che Dio concede ad un'anima, la mistica carmelitana prova ad individuare alcuni "segni" della loro veridicità, ed ecco come li identifica, sempre nel Libro della Vita:

"Sono perfettamente sicura che Dio non permetterà mai al demonio d'ingannare un'anima che in nessuna cosa si fida di sé ed è così forte nella fede da sentirsi disposta, per un punto di essa, a subire mille morti.

E con questo amore per la fede che Dio infonde subito e che è fede viva e incrollabile, l'anima cerca sempre di procedere in conformità della dottrina della Chiesa.
Tutte le rivelazioni che si possono immaginare non la smuoverebbero d'un punto da ciò che insegna la Chiesa, neanche se vedesse aperto il cielo.

Per quel che vedo e so per esperienza, la convinzione che si tratti di un favore di Dio è data dalla sua conformità alla Sacra Scrittura; e non appena abbia a discorstarsene, credo che lo riterrei come opera del demonio".
                                        
(Teresa d'Avila, Libro della Vita 24, 12-13)


Santa Teresa ci invita oggi ad una saggia prudenza:
  •  non fidiamoci troppo dei nostri pensieri (anche quando si tratti semplicemente del frutto di meditazione o ragionamento), ma confrontiamoli con la Sacra Scrittura e con la Dottrina della Chiesa. Sono i due capisaldi che ce ne possono confermare la bontà. La nostra è un'intelligenza umana, limitata: si può sbagliare. Il nostro è uno spirito che può facilmente confondersi fra vere e finte ispirazioni: affidiamoci a persone dotte che conoscano bene il deposito della Fede per discernere quanto ci pare di intuire....
  • non "abbocchiamo" all'amo di molti che, pur definendosi cattolici, spacciano per vere false dottrine, in palese contrasto (o in sottile discontinuità) con Bibbia e Dottrina. D'altronde, la stessa Parola di Dio ci mette in guardia dai falsi profeti! (Mt 24,5 e Gal 1,8)
Chiediamo a Santa Teresa la grazia di ottenere l'umiltà del cuore, che ci rende capaci di fidarci completamente della Chiesa, depositaria della VERITA'.