martedì 18 settembre 2012

"VEDENDOLA, FU PRESO DA GRANDE COMPASSIONE" (Lc 7,13)


Pietro Ivaldi, Risurrezione del figlio della vedova di Nai
Oratorio dei santi Sebastiano e Rocco in Campo Ligure 

Il Vangelo di oggi (Lc 7,11-17) ci offre, dopo una breve premessa quasi introduttiva, una scena di suggestiva bellezza, un quadro di grande intensità.

Gesù fa il proprio ingresso nella città di Nain, è attorniato dai discepoli e da una folla di gente.
E' ancora fuori dal centro abitato ("vicino alla porta") quando si dispiega sotto i Suoi occhi una situazione di dolore: una vedova, madre di un unico figlio, che accompagna proprio quel figlio alla tomba.
In quello spiazzo "extraurbano" in cui si potevano seppellire i cadaveri.
Non per ragioni "igieniche" (come diremmo oggi), ma perché finanche i morti erano considerati come "impuri". 
La scena si svolge allora in uno spazio di confine tra la vita e la morte...tra il puro e l'impuro...tra il "vecchio ed il nuovo".

Vedere, sentire compassione, parlare alla donna, toccare la bara: per Gesù sono una cosa sola.
Proprio in quel luogo di divisione, di spartiacque.

La pagina lucana ci offre come uno "spezzone" non semplicemente di vita di Cristo, ma del Cuore di Cristo.
Gesù vede la donna -vedova e madre addolorata-: la vede con gli occhi del Cuore, ne ascolta il dolore. 
COMPATISCE CON LEI, vive con lei quella sofferenza.
Vede una madre....orfana del proprio stesso figlio.

Allora le parla, ma non solo con parole vuote, ma con la PAROLA DI SPERANZA, LA PAROLA DEL CUORE: "Non piangere"!

Si avvicina ...e qui accade qualcosa che a prima vista ha dell'incredibile: Gesù non offre un gesto di consolazione affettivo alla donna, ma alla bara del figlio: "Toccò la bara".
Gesù TOCCA CON IL CUORE: sa che per quella madre il gesto più bello, più "vicino" affettivamente parlando, non è tanto quello rivolto verso di lei, ma verso ciò che ha di più prezioso: suo figlio.
Gesù sa che la cosa più significativa, eloquente, che possa fare è manifestare -con il gesto concreto- che quel figlio morto non è passato dall'essere persona...all'essere un impuro.
Ha un suo "valore". E' una persona, è un figlio...è un figlio di Dio....

Cristo Signore non vuole regalare della "pietà a buon mercato", quella fatta di tante parole di circostanza, condite con dei gesti un po' scontati...
No, Lui offre una COMPASSIONE CHE VA AL CUORE DELLE COSE, DELLE ESPERIENZE, DEI SENTIMENTI, proprio perché viene dal Cuore... dal Cuore di Dio!

E allora ecco che il Signore dice al ragazzo: "DICO A TE, ALZATI"!
"A TE": perché Gesù non parla con un corpo morto, con membra di impurità, parla con una PERSONA.

Gesù è "l'incontro" da Persona a persona che risveglia dalla morte interiore, anche dalla morte fisica, come in questo caso.
Gesù ci porta a prendere coscienza dell'essere non semplicemente un insieme di arti, muscoli, carne...ma di racchiudere in noi  la dignità di figli di Dio e membra del Corpo di Cristo (è quello che ci dice oggi la prima lettura).

Gesù è l'incontro di uno sguardo di Cuore, di una Parola di Cuore, di un gesto di Cuore.
Un GESTO DI VITA: PERCHE' IL CUORE DI GESU' E' FONTE DI AMORE, FONTE DI VITA. 
Da quel Cuore, infatti...sgorgano i "fiumi di acqua viva" di cui parla Giovanni (Gv 7,28).


Il miracolo si è compiuto, "il morto si mise seduto e comincio a parlare. 
Ed egli lo restituì a sua madre".

Mi piace pensare che in questo gesto di un Cristo compassionevole davanti al dolore di una madre vedova e "orfana di figlio" ci siano lo sguardo, la parola, l'amore di un Cristo Crocifisso che vede -ai piedi della propria Croce, segno massimo di disprezzo per i romani- una Madre -LA MADRE- vedova, in procinto di perdere il Figlio, l'Unico Figlio...

Quel Figlio che -il terzo giorno- le sarebbe stato restituito, ma non senza pagare il prezzo altissimo di un martirio tale da rendere Maria la "regina dei martiri".

Mi piace pensare che il "Non piangere" Gesù lo pronunci come se lo dicesse alla Vergine Maria....

mi piace pensare che -in quel restituire il figlio alla madre- ci sia tutta la dolcezza di un Signore-Figlio di Dio e Figlio di Maria- che nel giorno della Risurrezione ritorna da Sua Madre, per non lasciarla mai più.

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