sabato 31 marzo 2012

TRIDUO A SAN FRANCESCO DI PAOLA- Secondo giorno

TRIDUO A SAN FRANCESCO DI PAOLA
 Secondo giorno la penitenza come arma per imbrigliare l'uomo esteriore 

Genova, Convento dei frati minimi




O Dio, con la vita povera di Cristo,

ci hai voluto 

arricchire dei beni celesti: 

concedici che, sull'esempio del nostro 

protettore san Francesco, 

possiamo vivere col cuore distaccato 

dai beni di quaggiù e 

rivolto sempre ai beni del tuo Regno.

AMEN






Una delle peculiarità dell'ordine minimo, fondato da San Francesco di Paola, è il "QUARTO VOTO", che si aggiunge ai noti voti di castità, povertà e obbedienza.
Si tratta del voto di "quaresima perpetua" di cui già l'anno scorso si è accennato nel triduo; un voto che obbliga i minimi all'astensione da carne e suoi derivati, quindi anche latticini e uova, nonché i condimenti grassi (con le debite eccezioni per i confratelli ammalati).

Il volume di P. Roberti così commenta: "egli, nel voler consacrata con un voto quella vita astinenza, che per la sua austerità sgomentava la debolezza umana, non seguiva soltanto la sua inclinazione personale, ma intendeva dar vita a una forma di espiazione opportunissima di fronte al sensualismo del secolo; intendeva contrapporre quel sacro impegno di mortificazione al disordine del costume e al rilassamento della disciplina ecclesiastica".

Oggi siamo poco propensi a ricordarci che, nelle legge della Chiesa, vige ancora l'astinenza dalle carni OGNI VENERDI' DELL'ANNO. (è possibile approfondire anche sul blog Messainlatino)
Vero è che la Cei prevede la possibilità di sostituire questo "fioretto" con un altro, ma la possibilità non è la norma, ma un'eccezione.
Male facciamo se ne abusiamo, non ricordando che astenerci dalle carni non è roba da vecchiette: è un modo concreto di far penitenza non solo a livello esteriore, ma rinunciando ad una cosa esteriore che, proprio di venerdì, ci ricorda l'immolazione di Nostro Signore, non più dunque di carne di animale, ma di Carne VIVA; in secondo luogo, il rischio di fare sempre a modo nostro le "sostituzioni", finisce con il renderci svincolati dall'obbedienza alla Chiesa.
La fede non è solo "amore", sentimento, ma anche ragione .... e disciplina!
Se ci sono monaci, frati, monache, che riescono a vivere benissimo rinunciando alla carne addirittura tutti i giorni, per noi è così difficile farlo solo una volta a settimana?

Che San Francesco ci aiuti a comprendere il valore della rinuncia e dell'obbedienza, come mezzi per "tenere a bada" il nostro io esteriore e dare più voce e spazio a quello interiore, in cui Dio ci parla.

venerdì 30 marzo 2012

TRIDUO A SAN FRANCESCO DI PAOLA- Primo giorno

Anche quest'anno preghiamo insieme un triduo in onore di San Francesco di Paola, santo calabrese, patrono della mia Regione e protettore della gente di mare.
Lo facciamo usando, come nella novena del 2011, alcuni spunti tratti dal volume di P. Roberti "San Francesco di Paola, storia della sua vita".


TRIDUO A SAN FRANCESCO DI PAOLA
 Primo giorno la penitenza come arma per propiziare l'aiuto del Cielo contro i nemici.

Genova, Convento dei frati minimi


O Dio, con la vita povera di Cristo,

ci hai voluto 

arricchire dei beni celesti: 

concedici che, sull'esempio del nostro 

protettore san Francesco, 

possiamo vivere col cuore distaccato 

dai beni di quaggiù e 

rivolto sempre ai beni del tuo Regno.

AMEN




Lo scorso anno il P. Roberti ci ha aiutato a comprendere la dimensione del binomio preghiera-penitenza in San Francesco di Paola, come strumento per ottenere l'emendamento dal peccato.
Ma c'è anche un'altra valenza a cui ci richiama il santo paolano e che rimane comunque sempre in linea con il periodo quaresimale che stiamo vivendo.
Siamo intorno al 1479, l'Italia è sotto le mire degli invasori stranieri.
Il santo "ai suoi frati, agli operai, ai cittadini e ai forestieri, laici o sacerdoti, che si recavano  a visitarlo, non lasciava mai d'inculcare l'emendamento dei costumi, il fervore dell preghiera e la pratica della penitenza, per propiziarsi l'aiuto del cielo contro il nemico del nome cristiano".

La penitenza dunque, non ha solo una dimensione "personale", di perfezionamento del solo singolo, ma ne ha anche una "sociale-collettiva": diventa lo strumento per implorare la Misericordia di Dio ed il Suo aiuto contro i nemici della fede, dell'ordine civile, della pace.
Guardando alla storia nella sua globalità, a partire da quella biblica, non di rado si nota che le grandi invasioni, le grandi crisi di civiltà, corrispondono ad un pregresso decadimento dei costumi, che di conseguenza fa "allentare" la presa , il livello di guardia a livello generale.
Spesso, in sostanza, è lo stesso essere umano che apre una breccia alle "invasioni" dei nemici della fede.
Guardiamo alla crisi economica dei nostri tempi: per molti anni abbiamo lasciato correre sugli sprechi della politica, contenti di avere ciascuno di che mangiare; abbiamo spesso tollerato le ingiustizie, gli "aggregamenti" poco leciti, pur di trovare un posto di lavoro.
Presi dalla prassi del "lo fanno tutti", abbiamo chiuso entrambi gli occhi.
Così si è passato di spreco in spreco, sempre maggiore, così anche noi abbiamo iniziato a sprecare in tecnologia, investimenti di vario tipo; così abbiamo chiuso gli occhi sulle presunte immoralità dei nostri capi politici...
La crisi non è allora un "castigo" di Dio, ma è permessa da Dio perché apriamo gli occhi dinanzi al nostro modo di agire malamente....

La penitenza, in questa ottica, assolve al duplice scopo di ricordare a noi stessi dove dobbiamo ritornare -alla sorgente della Vita vera -e dove dobbiamo condurre anche il nostro tessuto sociale.
Dal primo punto di vista, la penitenza ha una valenza personale, mi riguarda come singolo uomo che vuole riprendere o intraprendere un cammino di fede sincera; sotto il secondo aspetto si fa preghiera per ottenere la conversione di altri uomini e "stimolo" nei loro confronti: diamo al fratello che ancora è insozzato da mille brutture, un esempio di "risalita" concreto e fattibile!

Che San Francesco ci aiuti ad essere uomini di penitenza e di preghiera in questo senso, consapevoli che tutti siamo pur sempre peccatori, perché anche "il giusto cade sette volte" (Prv 24,16) al giorno!

martedì 27 marzo 2012

COLUI CHE MI HA MANDATO E' CON ME: facciamo in modo che anche noi possiamo dire queste parole!

Torino- Chiesa della Gran Madre di Dio
Il Vangelo di oggi, nell'ultimo versetto (Gv 8,30), ci consegna queste stupende parole di Gesù:
"Colui che mi ha mandato è con me: non mi ha lasciato solo, perché faccio sempre le cose che gli sono gradite".

Qui, Dio Figlio, sottolinea in modo intenso quello che è il Suo speciale rapporto con il Padre, un rapporto che più volte ha in verità evidenziato nei Vangeli....quando dice che "Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera" (Gv 4.34) e "Io e il Padre siamo una cosa sola" (Gv 10.30) e ancora "Io non posso far nulla da me stesso; giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato" (Gv 5,30).

 Se però rileggiamo, "ruminiamo", meditiamo la Parola di Dio che la Chiesa oggi ci propone, quell'ultimo versetto del brano evangelico diventa un pungolo, un interrogativo pressante anche per ogni discepolo, quindi, anche per me!
Cristo dice: Colui che mi ha mandato.
Cristo Signore è l'inviato dal Padre, il mediatore, il sacerdote sommo venuto sulla terra, "apparso in forma umana 
umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce"  (Fil 2,8).
Come uomo, è stato in grado di mantenere sempre "attivo" il collegamento con il Padre proprio nell'obbedienza ai Suoi comandi, alla Sua volontà, rendendoSi il chicco di grano caduto nella terra che ha portato molto frutto (come ci ha ricordato la liturgia della Parola della V Domenica di Quaresima).

Ma anche a noi, Gesù dice: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi"  (Gv 20,21) e dunque possiamo "ribaltare" in senso personale le parole di Nostro Signore e affermare che "Colui che mi ha mandato è con me"!
Il Figlio agisce infatti come il Padre, ce ne rivela il Volto: come il Padre è sempre col Figlio che ha mandato, così il Figlio è sempre con noi, Suoi discepoli.
Basti pensare alle tante scene del Vangelo in cui Gesù cammina al fianco dei Suoi....come non ricordare quella di Emmaus, in cui il Signore Risorto percorre la strada accanto ai due discepoli e spiega loro ogni cosa delle Scritture?
Possiamo dire anche di più: se il Figlio è con noi, con noi è anche Padre, perché Gesù e il Padre sono una cosa sola!
E se il Padre ed il Figlio sono con noi, anche lo Spirito Santo viene a farci compagnia: perché lo Spirito è l'amore che lega Padre e Figlio e perché noi siamo TEMPIO DELLO SPIRITO SANTO.
"Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Gv 14,23).

Ci sono dunque delle "condizioni" da rispettare affinché la vicinanza di Colui che ci manda sia tangibile, presente nella nostra vita.
In primo luogo, col Battesimo lo Spirito Santo prende dimora in noi, ma questo non è sufficiente: affinché possiamo permanere nella Grazia, giorno per giorno dobbiamo dimostrare fedeltà alla Parola di Dio, che ci chiede una cosa: SEGUIRE GESU'.
Ce lo ha detto proprio il Signore, nell'antifona al Vangelo di Domenica scorsa: 
"SE UNO MI VUOL SERVIRE, MI SEGUA, DICE IL SIGNORE,
E DOVE SONO IO, LA' SARA' PURE IL MIO SERVITORE" (Gv 12,26)
Solo nel servizio compiamo la volontà di Dio e veniamo "attirati" a quella Croce su cui il Cristo è stato innalzato. Quella Croce dalla quale Lui attira tutti a Sè.
Solo nel servizio, come ci ha proprio ricordato il Vangelo di Domenica, possiamo farci chicco di grano, seminato, morto nella terra, che non rimane solo, ma PORTA MOLTO FRUTTO.
Il frutto della sequela è l'opposto del restare soli: è portare a Gesù i nostri fratelli, come Andrea e Filippo Gli hanno condotto i greci che chiedevano di vederLo.
E' renderci quei servi disponibili, generosi, pronti all'obbedienza che implica il "perdere la propria vita": rinunciare ad abitudini, comodità, difetti, per farci "tutto a tutti" -secondo l'espressione di San Paolo- e così facendo, alla fine, ecco che anche per noi, "servi inutili" si realizzerà il "paradosso" dell'Amore Divino: "SE UNO SERVE ME, IL PADRE LO ONORERA'" .
Il Vangelo di Domenica ci ha "rivelato" -ancora una volta- questa enorme dichiarazione d'amore di Dio alla Sua Creatura: regnare è servire, e se serviamo Colui che si è fatto servo per amore, alla fine diventeremo "non più schiavi, ma amici" e come Figli di Dio avremo accesso alla Sua Gloria, alla Sua Casa, dalla quale potremo entrare ed uscire, disponendo dei Suoi Beni, non come schiavi, ma come coloro che si trovano in casa propria....come FIGLI, nella casa del Padre.
Vorrei concludere con un pensiero dall'omelia di don Mario, sacerdote salesiano: Dio ci dice: "TU SEI MIO FIGLIO, PER SEMPRE"!

martedì 20 marzo 2012

RITIRO DALLE MONACHE DOMENICANE DI LETTERE (Napoli)



Le monache domenicane del monastero del Santo Rosario di Lettere (Napoli), offrono l'opportunità di un week-end di ritiro per le persone fra i 18 e 40 anni.
Trovate di seguito i depliant che potete scaricare, cliccando su ciascuna delle due immagini e poi salvandole.
Ringrazio le monache per aver acconsentito alla pubblicazione sul blog e invito i lettori a visitare il loro sito !




lunedì 19 marzo 2012

SOLENNITA' DI SAN GIUSEPPE




MEMORARE DI SAN GIUSEPPE


Ricordati, o purissimo sposo di Maria Vergine, 
o caro mio protettore S. Giuseppe, 
che mai si udì aver alcuno invocato la tua protezione
 e chiesto il tuo aiuto 
senza essere stato consolato. 

Con questa fiducia, 
io vengo a te 
e a te fervorosamente mi raccomando.
 O S. Giuseppe, ascolta la mia preghiera, 
accoglila pietosamente ed esaudiscila. 

Amen.



DALL'OMELIA DEL BEATO PAPA GIOVANNI PAOLO II, pronunciata il 19 marzo 1982 a Livorno:

"La Sacra Scrittura parla poco di lui – poco più di quello che leggiamo nella Liturgia di oggi. Non registra neanche una parola che abbia pronunciato Giuseppe, falegname di Nazaret. 
E tuttavia, anche senza parole, egli dimostra la profondità della sua fede, la sua grandezza.
San Giuseppe è grande con lo spirito. 
È grande nella fede, non perché pronuncia parole proprie, ma soprattutto perché ascolta le parole del Dio vivente.
Ascolta in silenzio. 
E il suo cuore persevera incessantemente nella prontezza ad accettare la Verità racchiusa nella parola del Dio vivente. 
Per accoglierla e compierla con amore.
Perciò, Giuseppe di Nazaret diventa veramente un mirabile testimone del Mistero Divino. Diventa un dispensatore del Tabernacolo, che Dio ha scelto per sé sulla terra per compiere l’opera della salvezza.

Guardando oggi con venerazione e con amore la figura di san Giuseppe, dobbiamo in questo sguardo rinnovare la nostra propria fede. 
Vediamo come la Parola del Dio vivente cade profondamente nell’anima di quell’Uomo – di quell’Uomo giusto.
E noi, sappiamo ascoltare la Parola di Dio? 
Sappiamo assorbirla con la profondità del nostro “io” umano? 
Apriamo dinanzi a questo verbo la nostra coscienza?
Oppure – al contrario – ci fermiamo soltanto alla superficie della Parola di Dio? 
Non le dischiudiamo un più profondo accesso all’anima? Non accogliamo questa Parola nel silenzio della prontezza interiore, così come Giuseppe di Nazaret? 
Non creiamo le condizioni perché essa possa agire dentro di noi e portare frutti?
Ascoltiamo la Parola di Dio?
 Come l’ascoltiamo? 
Leggiamo la Sacra Scrittura?
Partecipiamo alla catechesi?
Abbiamo tanto bisogno della fede!
È tanto necessaria la fede all’uomo dei nostri tempi, della difficile epoca odierna!
È tanto necessaria una grande fede!
Proprio oggi una grande fede è necessaria agli uomini, alle famiglie, alle comunità, alla Chiesa".

domenica 18 marzo 2012

NOVENA A SAN GIUSEPPE- Nono giorno: prendere San Giuseppe come nostro modello


PREGHIERA A SAN GIUSEPPE





O Dio onnipotente, 
che hai voluto affidare 
gli inizi della nostra redenzione alla custodia premurosa di san Giuseppe, 
per sua intercessione
 concedi alla tua Chiesa 
di cooperare fedelmente al compimento dell'opera di salvezza.


AMEN





Da uno scritto di Mons. Karol Wojtyla:


"La morale del cristianesimo, fondata sul Vangelo, è profondamente indirizzata verso la personalità umana.
Non si riduce a delle regole, sebbene si trovino nel Vangelo molte frasi di carattere normativo, molti comandamenti, molte raccomandazioni e molti suggerimenti.
Tuttavia, le personalità umane hanno una eloquenza più potente delle norme, ci costringono alla riflessione.
Nel Vangelo non esistono comparse, ma attori.
Può un individuo, una personalità, diventare regola per gli altri?
Direttamente no; ma, indirettamente, sì, poiché fornisce delle basi a meditazioni di carattere normativo e, ancor più, fornisce gli incentivi interiori alla imitazione.

Così, dunque, anche la figura di san Giuseppe, ripensata nell'ampio contesto del Vangelo, si presta sicuramente a un confronto con la vita, con la vita del giorno d'oggi.
Un tempo essa richiamava l'attenzione delle persone dedite alla contemplazione; ma ha tutti i caratteri per richiamare l'attenzione dell'uomo contemporaneo, preso dagli impegni e dalle fatiche quotidiane, perché permette di avvicinarsi tanto ai più profondi valori umani quanto al pensiero di Dio.
Permette di comprendere chi è l'uomo nel pensiero di Dio e chi deve essere.
Mi sembra che ciò valga asai di più delle particolareggiate regole di comportamento".




Non sono necessarie molte parole a commento di questo testo del Beato Giovanni Paolo II.
San Giuseppe può essere un modello per tutte le categorie di credenti...dal contemplativo al lavoratore, dall'apostolo attivissimo nella vita parrocchiale a quello più riservato, dal padre di famiglia all'educatore in settori differenti dalla famiglia...
La sua figura ci richiama, come si è visto nel corso di questa novena, ad una serie di valori che trovano spazio nella vita di tutti i credenti che realmente vogliano mettersi alla sequela di Cristo.
Che San Giuseppe ci assista, ci guidi, ci protegga nel cammino della vita, in quello della sequela, nei nostri compiti familiari e lavorativi.

sabato 17 marzo 2012

NOVENA A SAN GIUSEPPE- Ottavo giorno: impariamo l'altruismo e l'amore da San Giuseppe


PREGHIERA A SAN GIUSEPPE





O Dio onnipotente, 
che hai voluto affidare 
gli inizi della nostra redenzione alla custodia premurosa di san Giuseppe, 
per sua intercessione
 concedi alla tua Chiesa 
di cooperare fedelmente al compimento dell'opera di salvezza.


AMEN





Da uno scritto di Mons. Karol Wojtyla:


"Nel rapporto con Cristo ambedue questi della personalità maschile trovano piena ragione d'essere: l'aspetto apostolico e quello protettivo.
In forza di essi l'uomo è pienamente se stesso e le relazioni umane e sociali si dispongono secondo giustizia e in maniera degna dell'uomo.
In ciascuno dei due aspetti della personalità umana maschile è, infatti, racchiusa l'autentica radice dell'amore, dell'altruismo, grazie a cui ogni individuo si trova in armonia con gli altri, con l'intera realtà umana".


San Giuseppe è stato pienamente uomo, pienamente se stesso: crescendo alla scuola di Gesù e di Maria (ma già per grazia divina, per "grazia di stato" legata al suo ruolo di padre e custode del Verbo Incarnato e Sposo di Maria Santissima), ha sviluppato sempre meglio questo duplice aspetto di paternità e protezione.
Così facendo ha realizzato in maniera totale questa "radice dell'amore, dell'altruismo" di cui scriveva il Papa.
Amore ed altruismo tali da accogliere la "sfida" del soprannaturale nella propria vita senza...domande, senza riserve...spendendosi sempre nel lavoro, nella fatica, nella donazione totale dell'io a Gesù e Maria.
Il tutto, in un "silenzio" che non è "scomparsa", ma "donazione totale" che vede il proprio io gettarsi nell'io dell'altro, dell'Altro, per una fusione interiore che ha veramente del sublime.


Anche noi, ciascuno nel proprio ruolo, tempo storico, sociale, è chiamato a seguire questa strada di amore ed altruismo.
Anche per noi è fondamentale imparare a donarsi all'altro e "tuffarsi" nell' Altro...l'Unico nel quale non si scompare, ma ci si "realizza" nella pienezza totale.

venerdì 16 marzo 2012

NOVENA A SAN GIUSEPPE- Settimo giorno:paternità e protezione nell'apostolato


PREGHIERA A SAN GIUSEPPE





O Dio onnipotente, 
che hai voluto affidare 
gli inizi della nostra redenzione alla custodia premurosa di san Giuseppe, 
per sua intercessione
 concedi alla tua Chiesa 
di cooperare fedelmente al compimento dell'opera di salvezza.


AMEN





Da uno scritto di Mons. Karol Wojtyla:

"La figura di san Giuseppe ha un proprio grandissimo valore e questo ruolo di uomo che essa incarna è non soltanto manifestazione di un naturale rapporto di forze e delle relazioni che dominano nella vita umana, ma è anche manifestazione di quei rapporti di forze e di quelle relazioni che dominano nel regno di Dio sulla terra, cioè nella Chiesa.
La Chiesa, considerata esteriormente, è una organizzazione, una società organizzata secondo una precisa struttura; interiormente, è la famiglia divina, grazie al fine comune della vita soprannaturale.
Da ciò consegue che anche ogni attività esterna, sociale e organizzativa dell'uomo nella Chiesa deve essere permeata dallo spirito di paternità e protezione.
In caso contrario, nonostante tutta la magnificenza possibile visibile all'esterno, si ritroverà nel vuoto interiore.
Pertanto, si può dire che l'uomo nella Chiesa è APOSTOLO quando è PROTETTORE.
Ecco allora che egli realizza, in tutto il significato di questa parola, il suo ruolo nel regno di Dio sulla terra".

Queste riflessioni sul ruolo dell'uomo  nella Chiesa, sul suo compito di apostolato e sul modo in cui svilupparlo e viverlo pienamente, possono in verità andar bene non soltanto per le persone di sesso maschile, ma -ovviamente riferendole ad un senso di MATERNITA'- anche per quelle di sesso femminile.
Innanzitutto, ciascun credente battezzato è chiamato alla sequela ed all'apostolato.
Il modo in cui possiamo svolgere questo ruolo all'interno della Chiesa può poi diversificarsi: così per alcuni ci saranno compiti "istituzionalizzati" con competenze specifiche ed incarichi parrocchiali, o con collaborazioni con altri enti religiosi, monasteri, sacerdoti e religiose.
Per altri ci sarà l'apostolato legato al proprio ruolo di genitore/sposo/figlio.... oppure si potrà scegliere un apostolato autonomo attraverso la stampa, il web...
Quello che conta è l'elemento di fondo: tutti siamo apostoli -cioè "INVIATI"- nella misura in cui prendiamo seriamente l'impegno assunto con il Battesimo.
Non possiamo "scansare" questo compito, a meno che non decidiamo di entrare palesemente in contrasto con quello che ci viene detto alla fine della Santa Messa: ITE, MISSA EST.

Essere apostolo in una dimensione personale di paternità (maternità) e di protettività, significa cercare di agire sul modello di Dio Padre e dunque collocarsi nella necessità di :
  • amare coloro ai quali i rivolge il proprio apostolato e far sentire loro di essere benvoluti per ottenerne la fiducia poco per volta;
  •  comprendere il loro modo di essere, quello che si rende necessario nella loro vita di fede, nella loro spiritualità...quello che "manca";
  • donare dunque il proprio apporto personale -in base al dono, al "carisma" che ciascuno ha ricevuto da Dio- per realizzare l'apostolto come "integrazione" di doni in uno sviluppo reciproco delle persone nella vita di fede;
  • assicurare la propria protezione intesa come disponibilità all'ascolto, ma anche alla risposta, come presenza non soltanto fisica, ma anche nella preghiera....come amicizia continua.
Che san Giuseppe ci aiuti a sviluppare questo senso di apostolato "completo" fatto di paternità e protezione!

giovedì 15 marzo 2012

NOVENA A SAN GIUSEPPE- Sesto giorno: la paternità e la protezione come tratti tipici dell'uomo nel Vangelo



PREGHIERA A SAN GIUSEPPE





O Dio onnipotente, 
che hai voluto affidare 
gli inizi della nostra redenzione alla custodia premurosa di san Giuseppe, 
per sua intercessione
 concedi alla tua Chiesa 
di cooperare fedelmente al compimento dell'opera di salvezza.


AMEN









Da uno scritto di Mons. Karol Wojtyla:

Il "ruolo protettivo, paterno" di San Giuseppe "sembra non soltanto primario, ma anche essenziale rispetto a qualsiasi altra sua attività all'esterno, sociale o organizzata.
E' il Vangelo a suggerire questo ordine di idee.
Il problema maschile è in esso trattato almeno da due punti di vista: attraverso le figure degli Apostoli e di san Giovanni Battista, ma anche attraverso la figura di san Giuseppe.
Solo concatenando entrambi questi aspetti e integrandoli l'uno con l'altro, ricaviamo una immagine completa della figura maschile.
L'uomo deve essere non solamente un essere sociale, organizzatore, annunziatore e difensore dell'idea, ma anche padre e protettore.
Altrimenti non realizza tutta intera la pienezza morale della sua individualità maschile".


Osservando oggi la realtà di tante famiglie, di gruppi di lavoro...a volte anche di organismi religiosi, si può constatare come questo aspetto "protettivo" dell'uomo si sia un poco smarrito.
E' in un certo senso anche il "contesto" sociale attuale, in cui pure la donna ha compiti e ruoli direttivi a vari livelli, che rende forse più "facile" questa deviazione dal ruolo maschile tracciato invece nella Bibbia.
Ma il modello di uomo solo proiettato sul sociale, sull'organizzazione, finisce con l'essere uno stereotipo incompleto, capace di donare cose, idee, ma non quel senso di affetto, di fiducia, che rende l'uomo un "padre".
Prendiamo un devoto di San Giuseppe (e non solo di Maria Vergine, come si potrebbe credere): don Bosco.
Fu "Padre, maestro ed amico" dei giovani.
In confessionale e fuori dal confessionale ebbe prima di tutto questo marcato aspetto di paternità e protezione che lo rendeva poi capace di occuparsi a 360° dei suoi giovani (ed anche degli adulti, a partire dai suoi confratelli).
Così don Bosco, animato e spinto da questi nuclei del suo essere uomo "paterno e protettivo" è stato in grado di coltivare lo sviluppo dell'altro, della persona a lui affidata, in tutte le sue dimensioni: sociali, lavorative, relazionali...morali e religiose.
Che San Giuseppe aiuti gli uomini di oggi a fare altrettanto, prendendo esempio proprio dal suo modello di padre e di protettore.

mercoledì 14 marzo 2012

NOVENA A SAN GIUSEPPE- Quinto giorno: il ruolo maschile a partire dal Vangelo


 PREGHIERA A SAN GIUSEPPE



O Dio onnipotente, 
che hai voluto affidare 
gli inizi della nostra redenzione alla custodia premurosa di san Giuseppe, 
per sua intercessione
 concedi alla tua Chiesa 
di cooperare fedelmente al compimento dell'opera di salvezza.


AMEN





Da uno scritto di Mons. Karol Wojtyla:


"Passiamo ora ad un altro punto di queste considerazioni: alle riflessioni sul problema dell'uomo come maschio.

La figura di San Giuseppe fornisce speciali spunti e abbondante materiale per esse.
Egli è uno dei molti uomini che compaiono nei Vangeli.
Tutti sono, in certa misura, collegati a Cristo.
Il ruolo maschile nel Vangelo e, di conseguenza nel regno di Dio sulla terra, nella Chiesa è un ruolo quanto mai attivo e rivolto verso l'esterno.
Gli uomini, a causa della propria attività didattica e pastorale, danno intelaiature esterne alla società fondata da Cristo e permanentemente unita a lui.

Essi, inoltre, ricevono da lui il sacerdozio e imprimono in tal modo una propria impronta su tutta la Chiesa.
La figura di san Giuseppe è una figura unica.
Giuseppe, promesso sposo di Maria Vergine e padre putativo del Figlio di lei, ha nel Vangelo un carattere e un ruolo prettamente maschili.
E' un difensore, ma, innanzi tutto, un protettore".


Pensare a San Giuseppe come uomo, come figura maschile nel Vangelo e come protettore, dovrebbe spingerci a meditare maggiormente sulla sua identità e sul suo ruolo.
Egli fu padre putativo, custode e nutritio di Gesù; fu vero sposo e protettore di Maria Vergine; è stato proclamato patrono -protettore- della Santa Chiesa.
Santa Teresa d'Avila asseriva che, a differenza di tutti gli altri santi che hanno un campo di "intervento proprio", San Giuseppe ha potere di intervenire su ogni questione.
Tale è la sua potenza...tale è l'estensione del suo patrocinio.
Diviene allora possibile invocarlo in qualunque necessità, ricordando che la sua non è la figura di un "debole" nel Vangelo, ma al contrario...che sotto il suo silenzio, il suo nascondimento, il suo rimanere quasi "in disparte" si cela la figura di un santo forte, virile, vigoroso nello spirito, che ha saputo assumere la responsabilità affidatagli da Dio in mezzo al "soprannaturale" dell'Incarnazione, alle difficoltà estreme della povertà, delle fughe, delle "dicerie" della gente.
San Giuseppe è realmente uomo, non semplicemente a livello "biologico"...è figura maschile nello spirito, in quei tratti tipicamente protettivi, forti, che Dio stesso ha voluto attribuire all'uomo, dal momento della Creazione!

martedì 13 marzo 2012

NOVENA A SAN GIUSEPPE- Quarto giorno: sull'esempio di San Giuseppe "fissiamo" Gesù al centro del nostro cuore

  PREGHIERA A SAN GIUSEPPE



O Dio onnipotente, 
che hai voluto affidare 
gli inizi della nostra redenzione alla custodia premurosa di san Giuseppe, 
per sua intercessione
 concedi alla tua Chiesa 
di cooperare fedelmente al compimento dell'opera di salvezza.


AMEN






Da uno scritto di Mons. Karol Wojtyla:


"Ultimamente la figura di san Giuseppe artigiano è penetrata talmente nella Liturgia che ha persino quasi velato l'idea che, assieme al culto della paternità di san Giuseppe nella Famiglia di Nazaret, faceva vedere in lui il protettore e, in un certo modo, il padre di tutta la Chiesa.
Colui che fu, durante la sua vita terrena, il protettore del Cristo storico, ora, nella sua vita gloriosa, deve essere il protettore del Cristo mistico, cioè della Chiesa.
Questa magnifica idea della liturgia, collegata all'antica festa celebrata il mercoledì della seconda settimana dopo Pasqua e proseguita nell'ottava, idea così profonda e assieme così densa di chiaro significato teologico, ora è pressocché passata in secondo piano rispetto al ruolo sociale di san Giuseppe.
E' evidente che la Chiesa procede senza posa nella strada della interpretazione di questa figura e continuamente trova in essa ricchezze prima sconosciute o, meglio, non poste in luce.
Anche le diverse vicende dell'umanità influiscono a modo loro su questo processo".




Le feste liturgiche di San Giuseppe non sono più, secondo il nuovo calendario romano, feste di precetto.
Ma questo non ci vieta di curare particolarmente la nostra devozione al santo, con novene, meditazioni e  partecipando alla Santa Messa.
Si organizzano grandi cose in occasione del 1° maggio, ma sotto il profilo della "festa civile"....perché, allora, noi cattolici, non possiamo preparare più intensamente le ricorrenze legate al culto di San Giuseppe?
Soprattutto nel momento storico-sociale attuale, in cui la fede è spesso smarrita per seguire altre "false divinità", la figura di San Giuseppe ci ricorda che prima del benessere sociale, prima della "sistemazione" fissa occorre piantare Gesù nel nostro cuore, perché solo così potremo poi andare alla ricerca di tutto il resto, di ciò che è un nostro diritto, di quanto può rendere lecitamente più agevole la nostra vita quotidiana, di quanto possa darci una qualche "sicurezza sociale".
Invochiamo quindi il santo patriarca, affinché ci aiuti a ricordare il primato di Dio nella vita umana, sicuri che a chi cerca prima il Regno dei Cieli, tutto il resto sarà dato in sovrappiù!