mercoledì 29 giugno 2011

AUGURI, SANTO PADRE! Sessant'anni di dono incondizionato al Signore!



Con viva riconoscenza al Signore per il dono di Benedetto XVI, anche il blog "Chiamati alla speranza" rivolge al Santo Padre affettuosi auguri per l'anniversario della sua ordinazione sacerdotale.
Che Dio lo ricompensi per tutto l'amore, la tenacia, lo zelo pastorale con cui sta guidando la barca di Pietro in questi tempi difficili.
Sosteniamolo con la preghiera e con l'affetto.
AUGURI SANTITA'!

Oremus pro Pontifice nostro Benedicto

Dominus conservet eum et vivificet eum et
beatum faciat eum in terra
et non tradat eum in animam inimicorum eius

Preghiamo per il Papa Benedetto.
Il Signore Lo conservi, Gli doni vita e salute,
Lo renda felice sulla terra
e Lo preservi da ogni male.

Amen.

Dal Messaggio del Santo Padre per la giornata mondiale di preghiera per le vocazioni 2011:

"Il Signore, all’inizio della sua vita pubblica, ha chiamato alcuni pescatori, intenti a lavorare sulle rive del lago di Galilea: “Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini” (Mt 4,19). 
Ha mostrato loro la sua missione messianica con numerosi “segni” che indicavano il suo amore per gli uomini e il dono della misericordia del Padre; li ha educati con la parola e con la vita affinché fossero pronti ad essere continuatori della sua opera di salvezza; infine, “sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre” (Gv 13,1), ha affidato loro il memoriale della sua morte e risurrezione, e prima di essere elevato al Cielo li ha inviati in tutto il mondo con il comando: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli” (Mt 28,19).


È una proposta, impegnativa ed esaltante, quella che Gesù fa a coloro a cui dice “Seguimi!”: li invita ad entrare nella sua amicizia, ad ascoltare da vicino la sua Parola e a vivere con Lui; insegna loro la dedizione totale a Dio e alla diffusione del suo Regno secondo la legge del Vangelo: “Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12,24); li invita ad uscire dalla loro volontà chiusa, dalla loro idea di autorealizzazione, per immergersi in un’altra volontà, quella di Dio e lasciarsi guidare da essa; fa vivere loro una fraternità, che nasce da questa disponibilità totale a Dio (cfr Mt 12,49-50), e che diventa il tratto distintivo della comunità di Gesù: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri” (Gv13,35).


Anche oggi, la sequela di Cristo è impegnativa; vuol dire imparare a tenere lo sguardo su Gesù, a conoscerlo intimamente, ad ascoltarlo nella Parola e a incontrarlo nei Sacramenti; vuol dire imparare a conformare la propria volontà alla Sua. Si tratta di una vera e propria scuola di formazione per quanti si preparano al ministero sacerdotale ed alla vita consacrata, sotto la guida delle competenti autorità ecclesiali".




(Se volete continuare nella "carrellata" di auguri al Santo Padre visitate anche la pagina speciale con cui le Carmelitane Scalze di Parma hanno voluto festeggiare il Papa!)

martedì 28 giugno 2011

VOCAZIONE: la testimonianza di Padre Angelo Bellon



Proseguiamo con le testimonianze vocazionali inserendo quella di Padre Angelo Bellon O.P., riportata qualche tempo fa anche sul sito di Radio Vaticana.
Ringrazio il carissimo Padre, che mi ha consentito di inserire anche sul blog questo scritto.
Ricordiamolo tutti con affetto nella preghiera per la sua infaticabile attività di apostolato sul web -e non solo- e ringraziamo il Signore per il dono di questo fervente sacerdote, figlio di San Domenico!
Cliccando sul logo sottostante sarete immediatamente collegati al sito che ospita la rubrica "un sacerdote risponde", proprio a cura di Padre Angelo!




“Un sacerdote risponde”: s’intitola così la rubrica ospitata dal sito Internet www.amicidomenicani.it. A curarla è padre Angelo Bellon, sacerdote appartenente all’Ordine dei Domenicani e docente di Teologia, il quale risponde tramite web alle tante domande che i fedeli pongono sui principali temi teologici. Residente in Piemonte, padre Angelo ha sentito la chiamata alla vita consacrata sin da bambino. Al microfono di Isabella Piro, per la nostra rubrica dedicata all’Anno Sacerdotale, ascoltiamolo raccontare com’è nata la sua vocazione: 


R. – Potrei dire che è nata prima di me, nel senso che non ho mai avuto – anche da piccolo – altra idea che quella di diventare sacerdote. 
Ricordo precisamente che la sera antecedente la Prima Comunione, il parroco mi suggerì di domandare al Signore la grazia di diventare un sacerdote. 
Probabilmente il parroco era consapevole di quello che ha scritto Santa Teresina del Bambino Gesù, nella “Storia di un’Anima”, e cioè “che il Signore non nega nulla di quello che Gli domanda un bambino nel giorno della Prima Comunione”. 


D. – Perché ha scelto poi l’Ordine dei Domenicani, dei predicatori per eccellenza, potremmo dire?


R. – Questa scelta non è nata da me. 
Avevo incontrato un padre domenicano, avevo parlato con lui e questo padre si era convinto che io dovessi diventare domenicano. 
E devo dire che l’Ordine domenicano era fatto proprio per me: mi ritrovo in pieno nella dottrina di San Tommaso, nel fatto che nell’Ordine domenicano si vive all’interno della comunità la vita contemplativa, la vita di comunione con Dio, in cui ci si prepara per lo studio e per la predicazione, per comunicare poi con il nostro prossimo “ex abundantia cordis”. 

 
D. – Lei oggi è un uomo felice? Se tornasse indietro rifarebbe la stessa scelta della vita consacrata?


 
R. – Felice, lo sono. 
Sul fare la scelta della vita consacrata, nessuno di noi diventa sacerdote di propria iniziativa. 
E dunque io sarei felicissimo che il Signore – se dovessi rinascere di nuovo – mi chiamasse al sacerdozio e all’Ordine domenicano. 
Mi pare di poter trovare il motivo nelle parole che Gesù ha usato con la Samaritana: “Chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete”. 
San Tommaso commenta: “Non avrà più sete di altre acque, perché si innamora ormai di questa”. 
Posso dire che la vita del sacerdozio ed anche la vita nell’Ordine domenicano, la scopro e la amo sempre di più. 
Se in tanti matrimoni si può dire che l’amore, con l’andare del tempo, si affievolisce, Gesù invece, che è roveto ardente, ci porta ad un amore, ad un fascino e ad un innamoramento sempre più grande.
 
D. – Padre Angelo, lei oggi cura la rubrica “Un sacerdote risponde” sul sito internet www.amicidomenicani.it Come è nata l’idea di dialogare con i fedeli tramite il web?

 
R. – È nata in maniera molto fortuita, perché un giovane del nostro gruppo era stato trasferito per motivi di lavoro in un’altra regione e per Natale aveva voluto farci una sorpresa: decise di creare un sito, quello di “amici domenicani” in cui i suoi amici potessero interloquire con lui. 
Ben presto, però, si è sentita l’esigenza anche del sacerdote per puntualizzare, su tanti problemi, quali fosse la dottrina della Chiesa. 
Si è inserita così questa rubrica “Un sacerdote risponde” alla quale io provvedo. 

 
D. – Quali sono i dubbi, le perplessità, le domande che i fedeli le pongono con maggior frequenza?

 
R. – Un terzo riguarda problemi di teologia dogmatica, con particolare riferimento ai Sacramenti e specificatamente alla Confessione; un altro terzo riguarda i problemi della bioetica, della giustizia e con particolare riferimento ai problemi della vita affettiva e della vita matrimoniale. Il resto delle rimanenti domande riguarda argomenti vari, argomenti di pastorale. 

 
D. – Nel messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, il Papa invita i sacerdoti ad annunciare Cristo nel mondo digitale, dando però – possiamo dire – un’anima al web. 
Lei come mette in pratica questo invito?

 
R. – Lo metto in pratica cercando di partire dal convincimento che Cristo è l’Alfa e l’Omega di tutte le cose, di tutti i sentimenti, delle parole e quindi il criterio è quello di far vedere come tutto debba convergere in Gesù Cristo. 
Dando il punto di riferimento a Cristo, le nostre risposte diventano anche più chiare.

domenica 26 giugno 2011

SOLENNITA' DEL CORPUS DOMINI





Nell'augurare a tutti voi una buona e santa Domenica del Corpus Domini, vi invito a leggere questo brano, tratto dall'ufficio delle letture della liturgia delle ore di oggi.



Dalle «Opere» di san Tommaso d'Aquino, dottore della Chiesa
(Opusc. 57, nella festa del Corpo del Signore, lect. 1-4)
 
O prezioso e meraviglioso convito!
L'Unigenito Figlio di Dio, volendoci partecipi della sua divinità, assunse la nostra natura e si fece uomo per far di noi, da uomini, dèi.
Tutto quello che assunse, lo valorizzò per la nostra salvezza. Offrì infatti a Dio Padre il suo corpo come vittima sull'altare della croce per la nostra riconciliazione. Sparse il suo sangue facendolo valere come prezzo e come lavacro, perché, redenti dalla umiliante schiavitù, fossimo purificati da tutti i peccati.
Perché rimanesse in noi, infine, un costante ricordo di così grande beneficio, lasciò ai suoi fedeli il suo corpo in cibo e il suo sangue come bevanda, sotto le specie del pane e del vino.
O inapprezzabile e meraviglioso convito, che dà ai commensali salvezza e gioia senza fine! Che cosa mai vi può essere di più prezioso? Non ci vengono imbandite le carni dei vitelli e dei capri, come nella legge antica, ma ci viene dato in cibo Cristo, vero Dio. Che cosa di più sublime di questo sacramento?
Nessun sacramento in realtà è più salutare di questo: per sua virtù vengono cancellati i peccati, crescono le buone disposizioni, e la mente viene arricchita di tutti i carismi spirituali. Nella Chiesa l'Eucaristia viene offerta per i vivi e per i morti, perché giovi a tutti, essendo stata istituita per la salvezza di tutti.
Nessuno infine può esprimere la soavità di questo sacramento. Per mezzo di esso si gusta la dolcezza spirituale nella sua stessa fonte e si fa memoria di quella altissima carità, che Cristo ha dimostrato nella sua passione.
Egli istituì l'Eucaristia nell'ultima cena, quando, celebrata la Pasqua con i suoi discepoli, stava per passare dal mondo al Padre.
L'Eucaristia è il memoriale della passione, il compimento delle figure dell'Antica Alleanza, la più grande di tutte le meraviglie operate dal Cristo, il mirabile documento del suo amore immenso per gli uomini.

venerdì 24 giugno 2011

FATE FRUTTI DEGNI DI CONVERSIONE! Solennità di San Giovanni Battista

(Piero della Francesca, Il battesimo di Cristo)



PREGHIERA A SAN GIOVANNI BATTISTA 
(Colletta della Santa Messa della sua solennità)

O Padre, che hai mandato san Giovanni Battista 
a preparare a Cristo Signore un popolo ben disposto, 

allieta la tua Chiesa con l'abbondanza dei doni dello Spirito, 

e guidala sulla via della salvezza e della pace.

AMEN




La figura di San Giovanni Battista, "voce di uno che grida nel deserto"(Mt 3,3), ci invita quest'oggi ad una riflessione profonda sul significato e sul senso del nostro battesimo, un sacramento che, pur essendo "il fondamento di tutta vita crisiana, il vestibolo d'ingresso alla vita nello Spirito, e la porta che apre l'accesso agli altri sacramenti" (CCC), non ci rende esenti dalla fatica e dall'impegno quotidiano per "spianare la strada del Signore" nella nostra vita.
Nei Vangeli è ben evidente questa necessità di conversione" interiore: lo dice lo stesso San Giovanni Battista, che rivolgendosi ai farisei ed ai sadducei, uomini che occupavano posti di rilievo e che erano conoscitori delle scritture, ma che, tuttavia non avevano operato anche interiormente quella "crescita" di cui si facevano invece solo testimoni esteriori.
Ecco il primo punto: il Battesimo non è solo un abito esterno da sfoggiare, deve diventare la veste abituale del nostro cuore, ricordarci l'appartenenza alla Chiesa,  Cristo che ne è il capo, essere dunque il punto di partenza in quella strada spianata su cui dobbiamo camminare assieme a Gesù.

In Matteo, Marco e Luca troviamo un'apparente contraddizione nel rapporto che intercorre tra Gesù ed il Battista.
In particolare modo in Luca, dove si narra di come Elisabetta disse a Maria: "appena la voce del tuo saluto è giunta i miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo" (Lc 1, 44). 
Il Battista riconosce Gesù fin dal momento in cui entrambi sono ancora nei rispettivi grembi materni.
Quella prima visita di Gesù al Battista, che è un po' come un "battesimo", implicherebbe una prima "attestazione" da parte dei San Giovanni, rispetto a Colui che è Gesù.
Ritroviamo questo riconoscimento anche al momento in cui la situazione si inverte ed è Gesù che si reca dal Battista, per ricevere anche lui il Battesimo.
Giovanni infatti Gli dice: "Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?" (Mt 3,14)

Tuttavia, ecco l'apparente paradosso: quando Giovanni viene imprigionato da Erode, manda i suoi discepoli da Gesù, per chiederGli "Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?" (Mt 11,3).
Come conciliare questo pseudo-contrasto, che parebbe negare l'aver riconosciuto -in precedenza- da parte del Battista, la figura messianica di Gesù?
Se andiamo a leggere le note della Bibbia di Gerusalemme, troviamo questa esplicazione: "Senza dubitare assolutamente di Gesù, Giovanni Battista è sorpreso di vedere realizzarsi un tipo di Messia così differente da quello che egli attendeva".
Detto in altre parole: il Battista continua a riconoscere Gesù, ma, come anche tanti suoi fratelli ebrei, si aspettava un Messia diverso...secondo le varie "ipotesi" che si erano create nelle attese del popolo eletto ed in ogni caso capace di ordinare nell'immediato, quasi con una "rivoluzione" l'assetto socio-politico-economico e religioso del suo tempo.
Questo aspetto della relazione fra Gesù e Giovanni può essere di ausilio anche a noi: ci invita a riflettere su come, tante volte, pur esendo battezzati viviamo incosapevolmente la grande realtà, il sigillo sacramentale, il carattere "indelebile" che quel Sacramento ha impresso alla nostra anima.
Non riusciamo a "svilupparlo" in meglio, rendendoci veramente disponibili, come dice il Catechismo della Chiesa Cattolica, ad accogliere gli altri Sacramenti ed a viverli in pienezza.


Anche noi rischiamo di dire a Gesù: "Sei tu quello che deve venire"?
Eppure Gesù, come a Giovanni, risponde anche a noi:  "Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete:
I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l'udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella,
e beato colui che non si scandalizza di me" (Mt 11, 4-6).

Tante volte ci aspettiamo, dopo il Battesimo e nonostante il Battesimo, un Gesù a nostro uso e consumo personale; un Gesù "rivoluzionario", un Gesù che si faccia modernista (e non moderno), che rovesci i principi morali enunciati da Lui stesso nel Vangelo, che irrompa nella storia utilizzando mezzi umani di violenza per ristabilire l'ordine...un Gesù che sia solo buonista e non contemperi invece giustizia e misericordia.
Ci creiamo un Dio "nostro", diverso da quello che è in realtà; accettiamo solo alcuni degli insegnamenti di Gesù, negando la vera natura divina della Sua Legge, insomma, facciamo un po' come farisei e sadducei....
Così facendo, rischiamo di cancellare l'aspetto della "difficoltà" dell'ascetica cristiana, che è un saper rinunciare alle vanità del mondo, un tenere fede all'impegno evangelico di purezza,
onestà, retto rapporto con il Signore, per far spazio solo ai nostri desideri, giustificandoli poi con la frase :"Gesù è buono"! 
Si, Gesù è buono, ma anche esigente, e ciò che esige lo ha detto nel Vangelo stesso e Giovanni ci richiama:"FATE FRUTTI DEGNI DI CONVERSIONE"! (Mt 3, 9)
Altre volte, invece, ci creiamo un Gesù rivoluzionario, che dovrebbe metter fine alle guerre, alla morte, ai cataclismi, alla corruzione politica ed economic.
Commettiamo lo stesso errore degli zeloti, che si aspettavano una rivolta politico-sociale, per credere nel Messia.

Gesù ci ha invece insegnato la via dell'Amore, che non è via di guerra, ma di cambiamento faticoso e lento del mondo per quello che dipende dalla piccola parte che spetta a ciascuno di noi, ben coscienti che il Sginore non interviene a porre fine al male in maniera "miracolosa" perché questo è il tempo per noi della prova in totale libertà, il nostro SI deve essere un si libero!
Ed il male è permesso, non voluto da Dio.
D'altronde, il "castigo" divino è opera di misericordia e come gli antichi profeti che vennero prima del Battista ci rammentano, segue alla "prostituzione" del popolo ai falsi idoli: denaro, lussuria, falsi dei.
Quando Dio permette il male è affinché avvenga nell'uomo una purificazione.
Ed il male che viene permesso sugli innocenti a un suo fine nell'economia divina.
E' anche esso "espiazione" per il peccato degli altri, come fu espiazione volontaria quella di Gesù, che pure era ed è il Giusto per eccellenza!

Quando Giovanni Battista si rivolge ai farisei e sadducei che accorrevano da lui per farsi battezzare, utilizza parole dure, che esprimono proprio la necessità di non fare del battesimo un semplice "accessorio" esterno.
Li chiama "razza di vipere" e sappiamo che le vipere sono serpenti che, se "lasciati stare" non attaccano, ma appena toccati mordono, rischiando di uccidere con il loro veleno....
Ecco come si presentavano, agli occhi del Battista, sadducei e farisei, ecco come ci presentiamo anche noi, nonostante il Battesimo (quello istituito poi da Nostro Signore!) quando pensiamo di crearci una religione "ad personam" in cui accogliamo solo ciò che ci piace dell'insegnamento di Gesù e pensiamo di poter manovrare tutto il resto, discostandoci dal Magistero della Chiesa e dalla Parola di Dio!
Di Giovanni, Gesù ha detto:
"Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento?
 Che cosa dunque siete andati a vedere? 
Un uomo avvolto in morbide vesti? Coloro che portano morbide vesti stanno nei palazzi dei re! E allora, che cosa siete andati a vedere? 
Un profeta? 
Sì, vi dico, anche più di un profeta.
Egli è colui, del quale sta scritto: Ecco, io mando davanti a te il mio messaggero che preparerà la tua via davanti a te". (Mt 11,7-10)

Ascoltiamo dunque quello a cui Giovanni ci richiama quest'oggi, consapevoli del ruolo importantissimo che, nell'economia della salvezza, Dio stesso ha preparato per lui.
Impariamo da lui la lezione dell'umiltà davanti al Signore che viene, apprendiamo la via della penitenza che è rinuncia ad ogni superfluo che ci possa allontanare da Dio; cerchiamo di seguire il suo consiglio: fedeltà al Signore, in coerenza con il Battesimo che abbiamo ricevuto e che va alimentato giorno dopo giorno, per cercare di imprimere in noi il VERO VOLTO DI CRISTO.

lunedì 20 giugno 2011

NOVENA PER IL SANTO PADRE

Il 29 giugno il Santo Padre Benedetto XVI festeggerà il 60° anniversario di ordinazione sacerdotale.
Alle preghiere che quotidianamente rivolgiamo per lui al Signore, uniamo anche una semplice novena, che può consistere nella recita di questa breve orazione:






OREMUS PRO PONTIFICE NOSTRO BENEDICTO

                     Oremus pro Pontifice nostro Benedicto
Dominus conservet eum 
et vivificet eum 
et beatum faciat eum in terra
et non tradat eum in animam inimicorum eius


domenica 19 giugno 2011

SOLENNITA' DELLA SS. TRINITA'



O Dio Padre, che hai mandato nel mondo il tuo Figlio, Parola di verità, e lo Spirito santificatore per rivelare agli uomini il mistero della tua vita, fa' che nella professione della vera fede riconosciamo la gloria della Trinità e adoriamo l'unico Dio in tre persone. 
AMEN
(Van Hendrick, Santissima Trinità)


Dalle «Lettere» di sant'Atanasio, vescovo:



Luce, splendore e grazia della Trinità
                                                                            

 "Non sarebbe cosa inutile ricercare l'antica tradizione, la dottrina e la fede della Chiesa cattolica, quella s'intende che il Signore ci ha insegnato, che gli apostoli hanno predicato, che i padri hanno conservato. 
Su di essa infatti si fonda la Chiesa, dalla quale, se qualcuno si sarà allontanato, per nessuna ragione potrà essere cristiano, né venir chiamato tale.  
La nostra fede è questa: la Trinità santa e perfetta è quella che è distinta nel Padre e nel Figlio e nello Spirito Santo, e non ha nulla di estraneo o di aggiunto dal di fuori, né risulta costituita del Creatore e di realtà create, ma è tutta potenza creatrice e forza operativa. 
Una è la sua natura, identica a se stessa. Uno è il principio attivo e una l'operazione. 
Infatti il Padre compie ogni cosa per mezzo del Verbo nello Spirito Santo e, in questo modo, è mantenuta intatta l'unità della santa Trinità. Perciò nella Chiesa viene annunziato un solo Dio che è al di sopra di ogni cosa, agisce per tutto ed è in tutte le cose (cfr. Ef 4, 6). È al di sopra di ogni cosa ovviamente come Padre, come principio e origine.
Agisce per tutto, certo per mezzo del Verbo. Infine opera in tutte le cose nello Spirito Santo.    L'apostolo Paolo, allorché scrive ai Corinzi sulle realtà spirituali, riconduce tutte le cose ad un solo Dio Padre come al principio, in questo modo: «Vi sono diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; e vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti» (1 Cor 12, 4-6).    
Quelle cose infatti che lo Spirito distribuisce ai singoli, sono date dal Padre per mezzo del Verbo. 
In verità tutte le cose che sono del Padre sono pure del Figlio. 
Onde quelle cose che sono concesse dal Figlio nello Spirito sono veri doni del Padre. 
Parimenti quando lo Spirito è in noi, è anche in noi il Verbo dal quale lo riceviamo, e nel Verbo vi è anche il Padre, e così si realizza quanto è detto: «Verremo io e il Padre e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14, 23). 
Dove infatti vi è la luce, là vi è anche lo splendore; e dove vi è lo splendore, ivi c'è parimenti la sua efficacia e la sua splendida grazia. 
Questa stessa cosa insegna Paolo nella seconda lettera ai Corinzi, con queste parole: «La grazia del Signore Gesù Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi» (2 Cor 13, 13). 
Infatti la grazia è il dono che viene dato nella Trinità, è concesso dal Padre per mezzo del Figlio nello Spirito Santo. Come dal Padre per mezzo del Figlio viene data la grazia, così in noi non può avvenire la partecipazione del dono se non nello Spirito Santo.
 E allora, resi partecipi di esso, noi abbiamo l'amore del Padre, la grazia del Figlio e la comunione dello stesso Spirito".

Buona festa a tutti!

mercoledì 15 giugno 2011

SIAMO AL SICURO NEL CUORE DI GESU'!




"In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.

Egli era in principio presso Dio:

tutto è stato fatto per mezzo di lui,
e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.

In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini".
(Gv 1, 4)









Il prologo di Giovanni ci introduce in un grande mistero: Dio è l'essere increato, ma da sempre esistente, ed il Verbo, Vero Dio e vero Uomo lo è parimenti, ed in Lui noi abbiamo vita.
Si potrebbe dire, con parole più semplici, che noi esistiamo, in Dio, fin dall'eternità: temporalmente siamo venuti al mondo in un certo momento storico, abbiamo ricevuto esistenza umana in una determinata epoca, ma da sempre viviamo nel pensiero amoroso del Padre.

In Dio, in cui tutto è presente, in cui non esiste il tempo come come lo intendiamo noi, ma è tutto "istante" eterno ed immutabile, sappiamo di avere una grande "sicurezza": siamo da sempre amati, siamo da sempre al sicuro, siamo stati pensati per uno specifico progetto, da realizzare nel nostro libero arbitrio, su questa terra.

Questo nostro riposo in Dio è anche il nostro riposo nel Cuore di Gesù che, sul piano storico e temporale, si è manifestato al momento dell'Incarnazione, ma che in Dio esiste da sempre: in principio era il Verbo!
Il Verbo esiste da quando esiste Dio, essendo Dio Egli stesso e nell'atemporalità dell'Onnipotente, è dunque eternamente presente e palpitante anche il Cuore di Gesù, sorgente e regno dell'Amore.
In questo Cuore noi troviamo conforto, esistenza, riparo.

San Paolo scrive nella lettera ai Tessalonicesi:


"Egli è immagine del Dio invisibile,
generato prima di ogni creatura;
poiché per mezzo di lui
sono state create tutte le cose,
quelle nei cieli e quelle sulla terra,
quelle visibili e quelle invisibili.

Tutte le cose sono state create per mezo di lui e in vista di lui.
Egli è prima di tutte le cose
e tutte sussistono in lui"

(Col 1, 15-17)


Tutto è stato creato per mezzo di lui e in vista di lui, ci dice San Paolo, e questo vuol dire che ogni cosa ci parla di Dio, come illustra bene Sant' Agostino nelle Confessioni, nel momento in cui, interrogando "il cielo, il sole, la luna, le stelle, esclamano a gran voce: E lui che ci fece.
Le mie domande erano la mia contemplazione la loro risposte, la loro bellezza."
Pensiamo ad una situazione paragonabile a quella descritta dal santo: quando siamo dinanzi ad un bel quadro, indubbiamente ritroviamo in esso qualcosa che ci parla dell'artista che lo ha realizzato; il modo di stendere il colore, di affiancare i toni cromatici, l'armonia della composizione dei vari elementi, la poesia della scena ritratta; tutto ci trasmetterà qualcosa dell'animo di colui che ha realizzato materialmente l'opera, della sua raffinatezza, della sua visione della vita....
Noi potremo conoscere, anche a distanza di secoli, un po' di quell'artista attraverso la sua opera.

La stessa cosa, chiaramente, avviene anche con le opere di Dio: in esse vediamo un riflesso della bontà, della tenerezza, della bellezza divina. 
Che si tratti di natura, di esseri umani, di un'opera d'arte....in ciascuno di questi elementi possiamo ritrovare il linguaggio di Dio che ci parla attraverso ciò che può colpire anche direttamente i nostri sensi!
Tutto è stato creata per mezzo del Verbo (Vero Dio, al pari del Padre, cui è unito nella Trinità), ed in vista di Lui: al fine dell'opera della redenzione, della sua incarnazione, della "ricapitolazione" in Cristo di tutte le cose.

Come ricollegare queste riflessioni al discorso del "riposo nel Cuore di Gesù"?

Per farlo, occorre partire da una considerazione molto semplice: Il Signore ama tutto ciò che ha creato, ama la natura, ama la creatura umana.
La lascia libera di scegliere, ma la ama infinitamente, senza riserve, fino a dare la vita per essa, fintanto che essa faccia parte del Suo Corpo ed abbia la possibilità di dire a Gesù il suo si per l'eternità.
Ora, quando noi amiamo qualcuno, con affetto sincero, cerchiamo di ricordarci spesso di quella persona e lo facciamo in vari modi: innanzitutto ricorrendo alla memoria, che solleciatiamo
guardando una foto, ripensando a degli episodi che la riguardano...
In questo modo ci sforziamo di rammentare le sue fattezze esteriori, la voce, i tratti del viso, il modo di gesticolare, le parole che ci ha detto.

Sant'Agostino dedica pagine bellissime al concetto della memoria, in "cui dispongo di cielo e terra e mare insieme a tutte le sensazioni che potei avere da essi, tranne quelle dimenticate".
Anche Gesù ha una memoria, dunque in essa ci ricorda, ma la sua è una memoria eterna e perciò gli siamo tutti presenti come in un' "attualità continua": Gesù non dimentica mai niente e nessuno!

Sant'Agostino dice anche: "Là incontro anche me stesso e mi ricordo negli atti che ho compiuto, nel tempo e nel luogo in cui li ho compiuti, nei sentimenti che ebbi compiendoli Là stanno tutte le cose di cui serbo il ricordo, sperimentate di persona o udite da altri".
Portiamo questa spiegazione su Nostro Signore: in Gesù il momento della vita terrena è sempre "attuale" perché in quanto Dio è senza tempo, in questo senso possiamo dire, che essendo in Lui presente anche la Sua Passione, è come se Gesù "rammentasse" continuamente e vividamente la Sua morte in Croce per amore nostro, e avesse presente ciascuno di noi, poiché ci conosce tutti fin dall'eternità...e per tutta l'eternità!
Insomma, Gesù, parafrasando Sant'Agostino, incontra Sé stesso nella Sua memoria, si ricorda della Sua vita spesa per noi sulla terra e trattiene in essa tutti i sentimenti che ha provato per noi, condensabili in un'unica parola: AMORE.


Prosegue Sant'Agostino, sempre riferendosi alla memoria: "dalla stessa, traggo sempre nuovi raffronti tra le cose sperimentate, o udite e sulla scorta dell'espeienza credute; non solo collegandole al passato, ma intessendo sopra di esse anche azioni, eventi e speranza efuture, e sempre a tutte pensando come a cose presenti".

Quante speranze su di noi, si "accumulano" dunque nella mente di Gesù: la Sua memoria infinita è un "archivio" immenso dei progetti che Egli aveva/ha/avrà sopra ciascuno di noi e che Egli attende noi realizziamo pur nella nostra libertà!

Sant'Agostino ha detto che noi, attraverso la memoria, ricordiamo anche i sentimenti...in realtà, potremmo dire, i sentimenti li "alimentiamo" attrverso il ricordo, ma la sede principale di essi rimane sempre il cuore: chiunque abbia fatto l'esperienza del ricordo di una persona umana sa bene che, nel momento stesso in cui la si ricordi, il cuore comincia ad accelerare il battito e percepiamo qualcosa di molto simile a quello che sentiamo quando le siamo vicini!

Così è anche per il Cuore di Gesù, ma essendo il Suo Cuore un cuore umano perfetto, ed essendo Gesù Dio, in cui Volontà, pensiero e azione concreta sono contemporaneamente presenti, in essere, ecco che allora per il Signore, ricordarsi di ciascuno di noi significa contemporanemamente amarlo con tutto il cuore!

Pensiamo, ad esempio, a quello che accade nella Santa Messa: si rinnova il sacrificio della Croce, in maniera incruenta.
Il Signore, in quell'istante, è come se si "ricordasse" di ciascuno di noi, dell'offerta di Sè che ha fatto per riscattarci ed in quel momento, in cui nella Sua Mente si ripresenta e si rinnova la Sua dolorosa Passione, con il Cuore ci ama "attualmente" di amore infinito!


Sant'Agostino sentenzia: "anche i sentimenti del mio spirito contiene la stessa memoria, non nella forma in cui li possiede lo spirito all'atto di provarli, ma molto diversa, adeguata alla facoltà della memoria".
In Gesù è vero il contrario, se Dio si ricorda di noi, in quell'atto di memoria ci ama allo stato attuale, prova quei veri sentimenti!
Che mistero di amore!

COGITO ERGO SUM, diceva Cartesio! Penso, dunque sono.

Se dunque Gesù, nel momento in cui pensa, si ricorda di noi, ci ama concretamente, attualmente, ecco che allora si può dire: Pensa,esiste, dunque ama! E si arriva anche al punto in cui Giovanni dice che "Tutto sussite in Lui":  noi siamo attualmente presenti nel Cuore di Gesù che ci ama, noi viviamo in quel cuore perché Lì siamo amati, in una sintesi identitaria perfetta di parola, azione, volontà che si fanno amore, sintesi di passato, presente e futuro.

Scrive ancora Sant'Agostino: "Così ci chiami a comprendere il Verbo, Dio presso te Dio, proclamato per tutta l'eternità e con cui  tutte le cose sono proclamate per tutta l'eternità.
In esso non finiscono i suoni pronunciati, né altri se ne pronunciano perché tutti possano essere pronunciati, ma tutti insieme ed eternamente sono pronunciati.
Nulla dunque nella tua parola scompare o appare, poiché davvero è immortale ed eterna".

Anche noi, quindi, creature di Dio, esistiamo eternamente in Lui, perché già visti, pensati come esseri da creare anche materialmente nel mondo, e così lo saremo per l'eternità!

Sant'Agostino aggiunge: "La volontà di Dio non è una creatura, bensì anteriore a ogni creatura, perché nulla si creerebbe senza la volontà preesistente di un creatore.
Dunque la volontà di Dio è una cosa sola con la sua sostanza".

La dimensione di Dio è l'eternità: noi siamo già presenti in questa eternità, nel Cuore di Gesù che ci ama ciascuno singolarmente e tutti insieme, in un atto di amore sempre presente, stabile, in perfetta unione di memoria e sentimento del Cuore.
In questo senso possiamo dire che tutto si orgina, anche la nostra esistenza, in questo dolcissimo Cuore di Gesù.
Noi viamo nel Cuore di Gesù, siamo in esso contenuti, come se fosse un grande e meraviglioso scrigno in cui vengono riposti dei tesori preziosi, , come se fosse una serra che protegga le nostre piantine più delicate, piantine che abbisognano sempre di calore, affinché si sviluppino e crescano rigogliose.
Se non avessimo questa "protezione" del cuore di Gesù, saremmo esposti a mille pericoli, anzi, non avremmo vita!

Questa mirabile sintesi di eternità che si opera nel Cuore di Gesù, ben ce la spiega, ancora una volta, Sant'Agostino: "Se il futuro e il passato sono, desidero sapere dove sono.
Se ancora non riesco, so tuttavia che, ovunque siano, là non sono nè futuro nè passato, ma presente.
Futuro anche là, il futuro non esisterebbe ancora; passato anche là, il passato là non esisterebbe più.
Quindi ovunque sono, comunque sono, non sono se non presenti.
Nel narrare fatti veri del passato, non si estrae già dalla memoria la realtà dei fatti, che sono passati, ma le parole generate dalle loro immagini, quasi orme da essi impresse nel nostro animo mediante i sensi al loro passaggio.

Un fatto è  allora limpido e chiaro: né futuro né passato esistono.
E' inesatto dire che i tempi sono tre: passato, presente e futuro.

Forse sarebbe esatto dire che i tempi sono tre: presente del passato, presente del presente, presente del futuro.
Queste tre specie di tempi esistono in qualche modo nell'animo e non le vedo altrove.
Il presente del passato è la memoria, il presente del presente la visione, il presente del futuro l'attersa.
mi si permettano queste espressioni, e allora vedo e ammetto tre tempi, e tre tempi ci sono.

Sant0'Agostino dice che "è in te, spirito mio, che misuro il tempo".

Ma nel cuore di Gesù sappiamo di poter superare questa divisioni di tempi: tutto è presente, attuale, nella memoria e nel Cuore di un Dio che vive immerso nell'eternità.
Allora, in questo Cuore che ci ama e ci custodisce, in cui noi viviamo e traiamo alimento, possiamo dire che è già cominciata la nostra eternità e che siamo al sicuro, nel Cuore di Gesù.



domenica 12 giugno 2011

FESTA DI PENTECOSTE



O Dio, che nel mistero della Pentecoste santifichi la tua Chiesa in ogni popolo e nazione, diffondi i doni dello Spirito Santo sino ai confini della terra, e continua oggi, nella comunità dei credenti, i prodigi che hai operato agli inizi della predicazione del Vangelo.

Amen



Dai Sermoni di Sant'Antonio di Padova: "«Apparvero loro delle lingue come di fuoco, che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro», perché per mezzo delle lingue del serpente, di Eva e di Adamo la morte entrò nel mondo.
La lingua del serpente inoculò il veleno di Eva, la lingua di Eva lo inoculò in Adamo e la lingua di Adamo tentò di ritorcerlo contro il Signore.

La lingua è un membro freddo, è sempre immersa nell'umidità, e quindi è un male ribelle ed è piena di veleno morale, del quale nulla è più freddo.
Lo Spirito Santo apparve perciò in forma di lingue di fuoco per opporre lingue a lingue, e fuoco a veleno mortale.

E considera che il fuoco ha quattro proprietà: brucia, purifica, riscalda e illumina.
Allo stesso modo lo Spirito Santo brucia i peccati, purifica, riscalda e illumina.
Allo stesso modo lo Spirito Santo brucia i peccati, purifica i cuori, elimina il torpore del freddo e illumina, ossia rende chiare le cose che si ignorano.
Il fuoco è anche incorporeo e invisibile per sua natura, ma quando investe qualche oggetto assume varie colorazioni a seconda dei materiali nei quali brucia.

Così lo Spirito Santo non può essere veduto se non per mezzo delle creature nelle quali opera". 

Lo Spirito abita in noi: lo riceviamo già con il Santo Battesimo, veniamo confermati in esso mediante la Cresima, che ci "abilita" ad una maggiore capacità di riceverne i santi doni.
Siamo chiamati a custodirlo in noi, vivendo in grazia di Dio: allora la beata Trinità prenderà dimora nelle nostre anime e lo Spirito ci suggerirà cosa chiedere nella preghiera e come agire nella vita di ogni giorno!

Porgiamo l'orecchio a questa "lingua di fuoco" che ci parla, non con un linguaggio umano, ma con intuizioni, pensieri che si affacciano al nostro animo e che ci chiedono di essere messi in pratica.
La voce dello Spirito Santo ci invita ad amare con maggiore intensità Nostro Signore, la Santa Chiesa, i nostri fratelli!
Chiediamo l'aiuto della Vergine Maria, che fu così docile all'azione del Paraclito dal suo SI al mistero grande dell'Incarnazione, fino al giorno di Pentecoste, in cui lei, la Piena di Grazia, già ricolma di Spirito Santo, fu come un vaso che si fece ancora più grande per contenere -potremmo dire- una "maggior quantità" di questo Fuoco Santo!

Che la nostra Mamma Celeste ci aiuti ad essere degna dimora del "Dolce Ospite dell'anima", che ci renda capaci di accoglierLo sempre con tutti gli onori possibili; che ci faccia altrettanto docili alla Sua azione, affinché diveniamo, come dice Sant'Antonio di Padova, creature che si fanno dimostrazione vivente dello Spirito che abita in noi!

Buona festa di Pentecoste a tutti!