martedì 31 maggio 2011

FESTA DELLA VISITAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA





Dalle «Omelie» di san Beda il Venerabile, sacerdote (brano tratto dall'ufficio delle letture odierno)


Maria magnifica il Signore che opera in lei
«L'anima mia magnifica il Signore ed il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore» (Lc 1, 46). 
Con queste parole Maria per prima cosa proclama i doni speciali a lei concessi, poi enumera i benefici universali con i quali Dio non cessò di provvedere al genere umano per l'eternità.

Magnifica il Signore l'anima di colui che volge a lode e gloria del Signore tutto ciò che passa nel suo mondo interiore, di colui che, osservando i precetti di Dio, dimostra di pensare sempre alla potenza della sua maestà.
Esulta in Dio suo salvatore, lo spirito di colui che solo si diletta nel ricordo del suo creatore dal quale spera la salvezza eterna.


L'essere umano, per sua natura, difficilmente riesce a ...contenere la gioia, sono infatti legate all'esperienza della felicità espressioni come "non stare più nella pelle", ma anche "essere al settimo cielo".
La prima delle due è indicativa di un bisogno incontenibile di uscire fuori dal proprio io, di comunicare ad altri ciò che ci rende talmente tanto felici, da non riuscire a trattenerlo esclusivamente per sé stessi.
La seconda richiama invece un certo collegamento fra la parte materiale e quella spirituale dell'uomo, in cui la gioia (SE RIFERITA A COSE LECITE E NON IMMORALI), non è solo percepita a livello sensibile, ma anche nell'intimo della persona, nell'anima, e spesso fa sgorgare un moto di ringraziamento al Signore che ci ha esauditi in qualche richiesta o ci ha concesso qualcosa di insperato ed inatteso.
Quando qualcuno ci concede un favore, si dimostra magnanimo nei nostri confronti, avvertiamo quasi naturalmente la necessità di lodarlo anche con altre persone, per far sapere quanto buona e giusta sia quella persona, quanto si sia prodigata con noi....

Pensiamo a Maria Santissima: ricevette l'annuncio dell'angelo Gabriele e nel momento del suo SI, lo Spirito Santo operò in lei l'Incarnazione del Verbo.
Quale gioia avrà provato allora, la Vergine Maria, prima nel sapere che Dio, nella sua umiltà, l'aveva scelta per così elevato e degno ruolo di Madre del Figlio Suo, e poi nel sentire Gesù stesso prendere vita nel suo grembo....
Ma la sua gioia rimase, in un certo senso, inizialmente "frenata" all'esterno: nessuno venne messo al corrente di quanto di prodigioso si era verificato in lei, per umiltà Maria Santissima tacque e lo fece anche con San Giuseppe, attendendo che il Signore stesso svelasse a lui il mistero che aveva avuto luogo.

Sant'Elisabetta fu dunque la prima creatura umana con la quale la Vergine condivise la propria gioia: si badi bene, Maria non svelò nulla, non venne meno alla sua umiltà e quindi al suo silenzio.
E' la stessa Elisabetta che riconoque, per mezzo di quanto il piccolo Giovanni compiva nel suo grembo, che colei che veniva in visita era nientemeno che "la Madre del mio Signore"!

Umanamente, potremmo dire, che momento "liberatorio" sarà stato quello per la nostra Madre Celeste: finalmente poté proclamare a gran voce le meraviglie operate in lei dal Signore, finalmente poté lodare apertamente Dio, che ha "guardato all'umiltà della Sua serva"!

Il fatto "storico" della Visitazione della Beata Vergine Maria ci dovrebbe dunque lasciare anche questo insegnamento "spirituale": non dimentichiamo di farci "abitare" dalla gioia per le meraviglie che il Signore opera anche in ciascuno di  noi; non abituiamoci alla felicità che ci ha procurato la nostra conversione; non accantoniamo quel  modo di vedere e sentire l'opera concreta di un Dio che ci guida in ogni piccolo o grande momento della nostra esistenza.
Manteniamo vivo in noi il desiderio, anzi, la necessità impellente, di comunicare anche agli altri questa nostra felicità cristiana, e innalziamo in presenza dei nostri fratelli il nostro canto di lode al Signore.
Facciamoci, come Maria Santissima, portatori della Buona Novella: il nostro è il Dio dell'Amore, della Gioia, della Speranza!


Buona festa a tutti!

lunedì 30 maggio 2011

Monsignor Bertolone...benvenuto!




Ieri pomeriggio Mons. Vincenzo Bertolone ha preso possesso della sua nuova diocesi, quella di Catanzaro Squillace.



Che il Signore protegga ed illumini il nostro nuovo Pastore, e che noi fedeli ci rendiamo docili e collaborativi alla sua azione di guida!



Nella sua prima omelia dalla cattedra vescovile del Duomo di Catanzaro, Monsignore Bertolone ha ricordato a noi tutti che è nostro dovere rendere testimonianza non solo della fede, ma anche della nostra gioia, ricollegandosi alla prima lettura della liturgia domenicale "In quei giorni, Filippo, sceso in una città della Samarìa, predicava loro il Cristo. E le folle, unanimi, prestavano attenzione alle parole di Filippo, sentendolo parlare e vedendo i segni che egli compiva. Infatti da molti indemoniati uscivano spiriti impuri, emettendo alte grida, e molti paralitici e storpi furono guariti. E vi fu grande gioia in quella città". (At 8, 5-8)

Filippo, nella sua esperienza di vita "concreta" si rende testimone del Cristo, Lo manifesta nella sua stessa esistenza e Monsignor Bertolone ha sottolineato quanto oggi sia più che mai necessaria la presenza di persone che rendano testimonianza VIVA a Gesù, perché...la Parola non basta più!

A prima vista, sembrerebbe un'affermazione un po' "forte", ma in effetti, guardandoci intorno, possiamo constatare con desolazione che la Bibbia o non è più letta, o è letta senza essere interiorizzata e concretizzata...ed allora, si, non basta!
La Parola deve rendersi in noi "viva ed efficace" e questo richiede una personale collaborazione: nel Vangelo di ieri, Gesù stesso ci ha detto che "c
hi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui". (Gv 14, 21)
Senza impegno personale, senza decisione e attuazione di un progetto, tutto rimane solo un' "idea", magari messa anche nero su bianco, ma che non si fa operativa!
Il Vangelo richiede la nostra collaborazione, la nostra svolta di vita, la nostra attuazione: esclusivamente in tal modo il Signore può operare in noi, trasformarci; esclusivamente così si può arrivare a dire, con San Paolo "non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me". (Gal 2,20)

Mons. Bertolone, nel corso dell'omelia, ha dunque anticipato di volersi impegnare per alcune cause di canonizzazione, riguardanti figure come Maria Antonietta Samà (detta "la monachella di San Bruno") e Concetta Lombardo ad esempio; persone che potrebbero diventare questi nuovi esempi di "testimonianza concreta" dell'incontro con Cristo, sul piano di una vita spirituale intensa che si traduce in relazioni concrete improntate alla sequela di Gesù.

Non solo, ma Mons. Bertolone ha sottolineato quanto si sia persa, oggi, la "PASSIONE PER LA VERITA'".
In quel momento ho pensato a Edith Stein, divenuta poi Suor Teresa Benedetta della Croce: da filosofa ebrea, poi atea, la sua ricerca insaziabile della verità l'ha condotta a Dio, a Gesù, attraverso l'incontro con una testimone dell'amicizia con il Signore, Santa Teresa d'Avila.
Le parole del nostro nuovo Arcivescovo possono dunque ricordare quanto sia importante, per noi che ancora camminiamo su questa terra, incontrare figure che, affascinate e trascinate dall'incontro con l'Altro, sappiano comunicare a noi, ricercatori di verità, l'unico VERO BENE.
E' anche questo un punto di partenza per rendere in noi viva ed efficace la Parola, per trovare uno stimolo, uno spunto, un incoraggiamento alla radicale scelta di vita evangelica!
Nell'affermare di voler imparare anche dai lontani da Dio, da quanti vivono debolmente la fede o se ne sono completamente allontanati, Mons. Bertolone ha proprio sottolineato come a volte siano quelli che crediamo lontani dalla fede ad essere più vicini a Dio.
Magari basta solo fare un passo, come lo fece Edith Stein, spinti da un esempio luminoso di vita cristiana!

"L'aria che respira l'uomo contemporaneo presenta tracce minime di religione" ha affermato Monsignor Bertolone: proviamo a essere anche noi le "boccette di profumo" che spargono fragranze di fede e di religione cattolica in questo nostro mondo.
Proviamo a seguire l'invito di Mons. Bertolone: viviamo in questo tempo, siamo chiamati a renderlo bello ora, non pensiamo al passato, o al futuro....impegniamoci nel presente!

BENVENUTO MONSIGNORE!

venerdì 27 maggio 2011

IL BUON PASTORE, LA PORTA ED IL GUARDIANO: una rilettura "mariana" del brano evangelico di Giovanni



(Portale del Santuario della Misericordia in Davoli- Cz)

"In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. 

Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore. 
Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori. 
E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. 
Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei". 
Questa similitudine disse loro Gesù; ma essi non capirono che cosa significava ciò che diceva loro. 
Allora Gesù disse loro di nuovo: "In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. 
Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 
Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 
Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza. 
Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore. 
Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde; 
egli è un mercenario e non gli importa delle pecore". 
(Gv 10, 1-13)


Il Vangelo di due settimane fa ci ha presentato Gesù come Buon Pastore, Porta, e dunque, come unica via di salvezza.
Lo ha fatto con uno stile chiarissimo: il Signore stesso dice: io sono la Porta", ma si potrebbe dare una lettura in parte originale di questo brano evangelico, una lettura che che veda come "protagonisti" Maria Santissima, lo Spirito Santo ed il Verbo Incarnato.

In un certo senso, si tratta di una rilettura che, nell'interpretazione della Bibbia, non è cosa nuova; spesso la Tradizione ha attribuito alcuni caratteri, alcune descrizioni in essa contenute, anche alla Madre di Dio: molti passi della Sapienza, ad esempio, sono stati proprio riletti in chiave mariana.

Sono ricorsi a questo tipo di esegesi molti Padre della Chiesa, senza per questo negare la mediazione "unica" dell'unico mediatore, che è Gesù Cristo.
Recita la Lumen Gentium al n.60: "Uno solo è il nostro mediatore secondo le parole dell'apostolo: "Non vi è che un solo Dio, e un solo mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti"
(1Tm 2,5-6).
Ora la funzione materna di Maria verso gli uomini non oscura né in alcun modo sminuisce l'unica mediazione di Cristo, ma ne mostra piuttosto l'efficacia.
Infatti ogni influsso salvifico della beata Vergine sugli uomini non deriva da ragioni di necessità, ma dal beneplacito di Dio, sgorga dai meriti sovrabbondanti di Cristo, si fonda sulla sua mediazione, e da essa totalmente dipende attingendone l'intera sua efficacia; e nemmeno impedisce il contatto immediato dei credenti con Cristo, ma anzi lo favorisce".

Si potrebbe allora dire, proprio nel pensare a quanto la Vergine Maria favorisca il contatto con Nostro Signore, che, se il Buon Pastore è Cristo stesso, la porta dell'ovile (figura dell'umanità, della Chiesa,  ma anche della nostra anima) sia Maria Santissima, mentre il guardiano altri non sia che lo Spirito Santo.
C'è infatti una relazione indiscutibile fra Gesù, lo Spirito (ovviamente anche il Padre, quindi tutta la Trinità!), Maria e la Chiesa e la nostra vita spirituale!
Recita infatti il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 683: "Per essere in contatto con Cristo, bisogna dapprima essere stati toccati dallo Spirito Santo".
Ed ancora: "Lo Spirito Santo con la sua grazia è il primo nel destare la nostra fede e nel suscitare la vita nuova che consiste nel conoscere il Padre e Colui che lo ha mandato, Gesù Cristo.
Lo Spirito Santo è all'opera con il Padre e il Figlio dall'inizio al compimento del disegno della nostra salvezza.
Tuttavia è solo negli ultimi tempi, inaugurati con l'Incarnazione redentrice del Figlio, che Egli viene rivelato e donato, riconosciuto e accolto come persona."

Rammentiamo quello che dice il Vangelo di Matteo: "Sua madre Maria, si trovò incinta per opera dello Spirito Santo"(Mt 1, 18)
Appare quindi in tutta la sua chiarezza questo ruolo di "suscitarore della fede" che è proprio dello Spirito Santo: Maria era è la prima vera donna di fede, della fede in Cristo, e lo è per opera sempre di quello Spirito che la inabita dal momento dell'Incarnazione.
Anche il Santo Padre, Benedetto XVI, ha ribadito ieri pomeriggio questo ruolo di Maria e la sua relazione con il Paraclito, nel discorso pronunciato dopo la recita del Santo Rosario in Santa Maria Maggiore e prima dell'atto di affidamento a Maria del popolo italiano: "su di lei, vergine, discende la potenza creatrice dello Spirito Santo, lo stesso che “in principio” aleggiava sull’abisso informe (cfr Gen 1,1) e grazie al quale Dio chiamò l’essere dal nulla; lo Spirito che feconda e plasma la creazione. Aprendosi alla sua azione, Maria genera il Figlio, presenza del Dio che viene ad abitare la storia e la apre a un nuovo e definitivo inizio, che è possibilità per ogni uomo di rinascere dall’alto, di vivere nella volontà di Dio e quindi di realizzarsi pienamente".

Noi riceviamo lo Spirito Santo già con il Battesimo, e veniamo poi confermati al momento della Cresima.
Maria non aveva bisogno di essere battezzata, essendo già pura, priva di peccato originale, ma in lei lo Spirito Santo opera in modo tutto particolare in questo "spartiacque" fra l'antica legge e la nuova legge di Cristo,  e la "conferma" poi in maniera altrettanto speciale al momento della Pentecoste.

Maria, dunque, con l'Incarnazione, immette Cristo nella storia, ma contestualmente lo immette anche nella nostra vita: partorendolo all'aumanità, lo partorisce anche noi, portandolo dalla cugina Elisabetta, che immediatamente riconosce la grandezza di quanto era avvenuto nella Vergine di Nazareth, ci rende palese il suo compito di "porta" tramite la quale fare entrare il Signore nlla nostra vita, anche in quella pratica, concreta di ogni giorno!

D'altronde, Maria, nelle litanie lauretanee, viene definita "porta del Cielo" a significare il suo ruolo di persona che ci "spalanca" l'ingresso in Cristo, tanto su questa terra, quanto in Paradiso.
La sua definizione come "porta" è in realtà da riferirsi a vari passi biblici, ed in un certo senso è quello che affermiamo quando chiediamo, già nell'Ave Maria, l'assistenza materna "adesso e nell'ora della nostra morte".
Si legge infatti -nella spiegazione di questo titolo di Maria- che:  "la Santa Vergine ci indica le vie del Cielo e realmente ci introduce sulle vie dell'eternità beata, come sempre hanno insegnato i Padri della Chiesa e i grandi devoti di Maria: Sant'Ambrogio e San Bonaventura, ad esempio, chiamano Maria 'il Libro della Vita nel quale è scritto il nome degli eletti'.
Perciò, noi a ragione applichiamo a Maria le parole della Scrittura: "Attollite portas principes vestras""Sollevate, porte, i vostri frontali" (Sal 23, 7); "Ianuas coeli aperuit""Aprì le porte del cielo" (Sal 78, 23); "Non est hic aliud nisi porta coeli""Questo luogo non è altro che la porta del cielo" (Gen 28, 17)
Potremmo sintetizzare il discorso con la famosa espressione "Ad Jesum per Mariam", tanto ben illustrata da San Luigi Grignon de Montfort nel suo "Trattato della vera devozione a Maria", ma anche con quanto ci dice il Catechismo della Chiesa Cattolica: "Per mezzo di Maria, lo Spirito Santo comincia a mettere in comunione con Cristo gli uomini, oggetto dell'amore misericordioso di Dio".

Maria è dunque la porta che apre per far entrare in noi Cristo, per "partorirlo" alla nostra esistenza.
Ma il brano evangelico ci parla anche di un "guardiano", che riconosce il Buon Pastore ed apre la porta, per farlo entrare.
Questo guardiano si potrebbe identificare con lo Spirito Santo, e si potrebbe utilizzare un paragone per comprenderlo meglio.

Quando usciamo di casa, chiudiamo normalmente la porta di ingresso a chiave, per custodire tutto ciò che lasciamo dentro dagli estranei e dai ladri.
Allo stesso modo, come non si regalano delle copie della chiave a chiunque, ugualmente -anche quando si è in casa- non si apre la porta ad ogni persona che bussa, ma attraverso un citofono, o l'occhiolino, ci si accerta prima se colui che si presenta sia una persona conosciuta o meno....
E se occorre andar fuori sede per qualche tempo, si affida la chiave ad una persona di fiducia, perché controlli di tanto in tanto che tutto vada bene....

Per la nostra anima avviene la stessa cosa: far entrare in essa tutto ciò che ci viene dal mondo, dall'esterno, sarebbe un pericolo; potremmo incappare in false dottrine, in falsi profeti, dai quali Gesù stesso ci mette in guardia.
Potremmo subire saccheggi, potremmo essere addirittura "uccisi" dal nemico, che è il diavolo.
Ecco l'esigenza di trovare un guardiano per la porta della nostra anima!
E se la porta è Maria, quale guardiano migliore dello Spirito Santo potremmo trovare?

La nostra porta deve allora rimanere "chiusa" ed essere aperta dal guardiano quando egli si accorge che colui che bussa non è né un ladro né un brigante!
Nel Cantico dei Cantici, le espressioni "giardino chiuso, fontana sigillata" vengono interpretate con riferimento proprio alla Vergine Maria, per indicarne la verginità.
Questa verginità di Maria custodita indubbiamente dallo Spirito Santo, ci consente di preservare il nostro interno da tutto quello che, se non puro, potrebbe inquinarci....se veramente facciamo di Maria la nostra porta!

Questa "verginità", questa chiusura, nel senso sopra detto, come "custodia", come "vigilanza", la dobbiamo dunque conservare anche noi!
D'altronde, sappiamo che lo Spirito Santo porta con sè i "sette doni", ed  il testo di una bella preghiera al Divin Paraclito, così recita: "Concedimi lo spirito di Intelletto, per illuminare la mia mente la luce della divina verità" e "concedimi lo spirito di Consiglio, perché io possa sempre scegliere la via più sicura per piacere a Dio compiendo la sua volontà".

Questa via, questa porta, è dunque Maria Santissima, e lo Spirito, se invocato, con i suoi santi doni ci aiuta a "fiutare" ciò che viene da Dio e ciò che non proviene da Lui, evitandoci così rovinose cadute, impedendoci di seguire strade che non sono le sue!
Oggi sentiamo tanto parlare di sedicenti veggenti, di maghi, e di pseudo filosofie religiose come il new age; anche tanti cristiani cattolici a volte lasciano la strada maestra per seguire queste sedicenti vie.

Invochiamo dunque lo Spirito Santo, affidandoci a Maria, affinché il Guardiano, posto a tutela della nostra anima, riconosca il brigante e non apra la porta, mentre farà invece passare Gesù in noi, per mezzo di Maria, nostra Madre, e ci condurrà alla vita eterna, dove innalzeremo una lode eterna di ringraziamento a Dio Padre, sul modello della Vergine: L'anima mia magnifica il Signore!

giovedì 26 maggio 2011

Foto dell'incontro del Santo Padre con il Carmelo Teresiano

Il 19 maggio Benedetto XVI ha ricevuto in udienza i membri del Teresianum di Roma.

Sul sito delle Carmelitane Scalze di Parma trovate una bella galleria di foto dell'incontro ed il testo del discorso pronunciato dal Papa.



Buona visione e buona lettura!

martedì 24 maggio 2011

FESTA DI MARIA AUSILIATRICE


(Particolare del quadro di Maria Ausiliatrice della Basilica omonima in Torino)




PREGHIERA ALLA MADONNA
composta da San Giovanni Bosco

O Maria, Vergine potente,
Tu grande illustre presidio della Chiesa;
Tu aiuto meraviglioso dei Cristiani;
Tu terribile come esercito schierato a battaglia;
Tu sola hai distrutto ogni eresia in tutto il mondo;
Tu nelle angustie, nelle lotte, nelle strettezze
difendici dal nemico e nell'ora della morte
accogli l'anima nostra in Paradiso!
Amen




"La Chiesa ha fatto spesso esperienza del potente aiuto della fede cristiana. 
E' invalsa perciò la consuetudine, nel corso dei secoli, di invocare la beata Vergine con il titolo di «Aiuto dei cristiani» nelle numerose vicende della storia.
Quando Pio VII († 1823), cacciato da Roma con la forza delle armi, era tenuto prigioniero sotto stretta custodia e tutta la Chiesa elevava a Dio insistenti preghiere per lui per intercessione della beata Vergine, inaspettatamente il Sommo Pontefice venne liberato e fece ritorno a Roma il 24 maggio. 1814.
 In segno di riconoscenza istituì una festa in onore della Vergine Madre sotto il titolo di «aiuto dei cristiani», da celebrarsi in perpetuo a Roma precisamente il 24 maggio, anniversario del suo felice ritorno all'Urbe. Tale festa viene celebrata in molte Chiese particolari e istituti religiosi, soprattutto nella Società di san Francesco di Sales, fondata da san Giovanni Bosco († 1888).
I testi eucologici celebrano Dio, che ha stabilito la beata Vergine, «Madre del Figlio» suo (Colletta) come «ausiliatrice e madre al popolo cristiano» (cfr Colletta, Prefazio), affinché, sotto la sua protezione, «affronti intrepido il buon combattimento della fede, e saldamente ancorato all'insegnamento degli Apostoli, proceda sicuro fra le tempeste del mondo» (Prefazio; cfr Colletta; Orazione sulle offerte)".


 Don Bosco, scrivendo di "Maria Ausiliatrice", ci ha lasciato questa splendida pagina:

Quando la beatissima Vergine andò a visitare santa Elisabetta, questa appena la vide fu riempita di Spirito Santo, e talmente piena che si mise a profetizzare ispirata: « Benedetta sei tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo » (Lc 2,42).

Con queste parole lo Spirito Santo per bocca di Elisabetta esaltò Maria, volendo così insegnare che era stata benedetta e favorita da Dio ed eletta a recare agli uomini quella benedizione che, perduta in Eva, si era sospirata per tanti secoli. Alle congratulazioni della sua parente rispose pure Maria con divina ispirazione: « L’anima mia magnifica il Signore, perché ha guardato all’ umiltà della sua ancella; ecco infatti da adesso tutte le generazioni mi diranno beata » (Lc 1,46-48).
Ora, perché la gloria di Maria potesse estendersi a tutte le generazioni e tutte avessero a chiamarla beata, bisognava che qualche beneficio straordinario e perenne venisse da Maria a tutte queste generazioni; cosicché, essendo perpetuo in esse il motivo della loro gratitudine, fosse ragionevole la perpetuità della lode. 
Questo beneficio continuo e mirabile non può essere altro che l’aiuto che Maria presta agli uomini. 
Aiuto che doveva abbracciare tutti i tempi, estendersi a tutti i luoghi e a ogni genere di persone.
Il titolo di « Aiuto dei cristiani » attribuito all’augusta Madre del Salvatore non è cosa nuova nella Chiesa di Gesù Cristo, ma in questi ultimi tempi si è cominciato a proclamarlo per la beata Vergine per un motivo tutto particolare. 
Non si tratta tanto d’invocare Maria per interessi privati, ma per i gravissimi e imminenti pericoli che possono minacciare i fedeli. 
Oggi è la stessa Chiesa cattolica che è assalita: è assalita nelle sue funzioni, nelle sacre sue istituzioni, nel suo Capo, nella sua dottrina, nella sua disciplina; è assalita come Chiesa cattolica, come centro della verità, come maestra di tutti i fedeli
E appunto per meritarsi una speciale protezione del Cielo si ricorre a Maria, come a Madre comune, come a speciale Ausiliatrice dei governanti e dei popoli cattolici.
Perciò con piena verità dichiariamo che Maria è stata veramente costituita da Dio « Aiuto dei cristiani » e che in ogni tempo tale si è dimostrata nelle pubbliche calamità, specialmente a favore di quei popoli che pativano e lottavano per la fede.
La santa Vergine ci aiuti a vivere attaccati alla dottrina e alla fede, di cui è capo il romano Pontefice vicario di Gesù Cristo, e ci ottenga la grazia di perseverare nel divino servizio in terra, per poterla poi un giorno raggiungere nel regno della gloria in cielo".

Invochiamo, in questo giorno di festa, anche l'aiuto di Don Bosco: che ci trasmetta un po' del suo sconfinato amore alla Madonna, affinché possiamo camminare sentendoci sempre affiancati da questa buona Madre che veglia su di noi, ci protegge, ci assiste, ci consola, ci aiuta!


E' possibile seguire le celebrazioni di oggi a Torino sul sito Missioni Don Bosco e su quello di Telepace

sabato 21 maggio 2011

BELLO E BRUTTO.....il significato oltre l'apparenza qual è? -Riflessioni a margine del "Papa secondo Rainaldi"-


"Noi oggi non sperimentiamo solo una crisi dell'arte in quanto tale, e con un'intensità finora sconosciuta.
La crisi dell'arte è un altro sintomo della crisi dell'umanità, che proprio nell'estrema esasperazione del dominio materiale del mondo è precipitata nell'accecamento di fronte alle grandi questioni dell'uomo, a quelle domande sul destino ultimo dell'uomo che vanno 
oltre la dimensione materiale.
Questa situazione può essere certamente definita come 
un accecamento della spirito".

(Joseph Ratzinger- Introduzione allo spirito della Liturgia)

Papa Giovanni Paolo II nell'....interpretazione di Oliviero Rainaldi

Le discussioni recentissime sulla statua di Giovanni Paolo II inaugurata a Roma pochi giorni fa, fanno riflettere ancora una volta sul senso dell' "esteriorità o non esteriorità" delle cose, insomma, sul concetto di bello e di brutto, sul loro significato più profondo, su quello a cui dovrebbero rimandare per non lasciarci come spettatori vuoti dinanzi a cose materiali altrettanto vuote.
Quello che il Card. Ratzinger denunciava ai tempi di "Introduzione allo spirito della Liturgia" era in effetti un momento (piuttosto duraturo!) di crisi dell'arte, non solo di quella sacra, ma più in generale di ogni espressione artistica.
Guardandoci intorno notiamo in effetti la bruttezza che cerca di  spadroneggiare in moltissimi campi, dai quadri in cui non si capisce nulla e che non trasmettono alcunché, alla moda che sembra solo un rifacimento di tovaglia da tavola malmessa addosso ai corpi, alle Chiese che in alcuni casi perdono anche gli elementi di "riconoscibilità", lasciando i fedeli un po' interdetti per le forme, le stranezze, l'assenza di connotati tipici di un edificio destinato alla celebrazione del Santo Sacrificio e che non richiamano la bellezza della Bellezza in Persona!

Ora, nella bagarre sulla nuova statua di Giovanni Paolo II c'è un punto che andrebbe sottolineato: tutti, dai fedeli ai media, stanno bene o male rimarcando il senso di "insoddisfazione" (chiamiamolo così....) per questa opera che non assomiglia al Papa e che appare strana nella concretizzazione di un concetto (il Pontefice che ricopre col suo mantello) di per sè bello, ma reso in maniera tale da creare uno stridore evidente fra il simbolo ed il segno impiegato per evidenziarlo.
Questo "vociare" fa pensare perché, normalmente, non si concede così tanto spazio sui giornali, in televisione, a tante altre cose brutte, a tante altre espressioni artistiche che non trasmettono nulla.
O meglio, se ne parla anche, ma non per sottolinearne la bruttezza, quanto per decantare, lodare quelle cose che, in svariati campi, hanno perso finanche la funzionalità, divenendo solo esteriorità fine a sé stessa.

Il fatto che si parli invece della nuova statua del Papa e che da più parti si levino voci di dissenso, spinge a chiedersi il perché di questa "disparità" di posizione di molti mass-media, ma anche di tanta gente comune.
Tralasciando gli aspetti prettamente "gossippari" che staranno forse sfruttando gli stessi media, ritengo che il punto sia uno: Giovanni Paolo II è un Papa recente, la cui memoria è ancora freschissima in tutti noi, è stato riconosciuto come una persona, oltre che un Pontefice, dotato di connotati particolari e specifici, quali la simpatia, la profondità di pensiero, la bellezza anche fisica, la capacità di trasmettere senso di protezione e di tenerezza.
La statua inaugurata in Piazza dei Cinquecento ci dà invece l'immagine di una persona che non è il Papa, che non gli assomiglia nei tratti somatici, nel gestualità, nella capacità di trasmettere sentimenti.
In sostanza, NON LO RAPPRESENTA.

Fermiamoci a pensare: se noi teniamo in casa la foto di qualcuno che amiamo, lo facciamo perché guardandola, anche quando è lontana geograficamente, possiamo ricordarla nei tratti, nelle caratteristiche che ce la fanno amare.
Lo facciamo affinché la foto ci rappresenti quella persona e ce la faccia "percepire".
Chi è che metterebbe, al posto della foto di un figlio o di un marito, la foto di un brutto pupazzo?

Mi domando allora: perché davanti ad altre brutture non ci indigniamo allo stesso modo, non manifestiamo sconcerto, non protestiamo garbatamente?
Forse abbiamo perso il senso della "bellezza" dell'intera esistenza in tutte le sue manifestazioni, che vanno dal vestire all'arredare una casa, dal quadro che contempliamo in un museo all'auto che utilizziamo per gli spostamenti.
Ogni cosa, se vista nell'ottica di un mondo in cui il materiale è una dimensione voluta e creata da Dio, dovrebbe essere testimone della Sua Bellezza e dunque dovremmo rifiutare a priori il brutto....
Se si perde il senso di questo "guardare oltre" le cose in loro stesse, allora bello e brutto si fondono senza che sia più possibile concepire una linea di demarcazione fra l'uno e l'altro.
Tutto diventa meramente "cosa" e non "segno" che rimanda ad altro. All'Altro.

Quello che sta accadendo con la statua del Papa dovrebbe spingerci a chiedere: riusciamo a ricordare, a tenere impresso nel nostro animo il VOLTO SPLENDIDO DI DIO, di UN DIO INCARNATO, che ha un VOLTO UMANO, TENEREZZA UMANA, che ci vuole trasmettere un senso di PROTEZIONE,di SICUREZZA, tanto da rifiutare tutto quello che è brutto, perché NON LO RAPPRESENTA, NON CI CONSENTE DI RICORDARLO E TENERLO VIVO IN NOI E DI DONARLO AGLI ALTRI PER COME EGLI E'?

Scriveva sempre il Card. Ratzinger, nel suo libro:
"Il nostro mondo delle immagini non supera più l'apparenza sensibile e lo scorrere delle immagini che ci circondano significa, allo stesso tempo, anche la fine dell'immagine:oltre ciò che può essere fotografato non c'è più nulla da vedere.
A questo punto, però, non è impossibile solamente l'arte sacra; l'arte stessa resta priva di un oggetto, in senso letterale.
L'arte diventa sperimentazione con mondi che si crea da sé, una vuota creatività che non percepisce più lo Spirito Creatore.
Essa tenta di prendere il suo posto e non riesce a fare altro che produrre l'arbitrario e il vuoto, che rendere l'uomo cosciente dell'assurdità della sua pretesa creatrice".

In sintesi: abbiamo separato l'arte dal suo oggetto, che è DIO, quel Dio che dovrebbe riflettersi in ogni manifestazione, espressione umana, per essere sempre presente ai nostri occhi, nella nostra realtà, nella nostra esistenza.
Ogni artista finisce col creare una propria visione personale delle cose, che si fanno solo elementi senza rimandi, materialità "finita", a sé stante, limitata, chiusa...come dice il Papa: vuota, priva di rimandi all'Infinito, che non fa comprendere come l'arte non sia un fine, ma un mezzo.
La vera creatività non è la libertà senza regole -che si fa invece arbitrio- in quanto "l'arte non può essere prodotta, così come si commissionano e si producono delle apparecchiature tecniche.
Essa è sempre un dono.
L'ispirazione non la si può decidere, la si deve ricevere- gratuitamente-. 
Il rinnovamento dell'arte nella fede non sarà conseguito né con il denaro né con le commissioni.
Esso presuppone, prima di ogni altra cosa, il dono di una nuova visione.
Per questo tutti noi dovremmo essere preoccupati di giungere nuovamente a una fede capace di vedere.
Dove questo avviene, anche l'arte trova la sua giusta espressione".

Chiediamo al Signore di renderci sempre disponibili a ricevere questo dono, un regalo che si esprime tanto nella capacità di produrre vera arte, quanto anche di rifiutare le espressioni finto-artistiche  brutte e vuote, che al di là del valore economico (troppo spesso sproporzionato), non riescono ad essere rappresentative dell'Unica Vera Bellezza.

Buon fine settimana a tutti.

sabato 14 maggio 2011

TEMPUS FUGIT? CARPE DIEM!

Salvador Dalì- Uno dei tanti "orologi molli"- particolare dell'opera "La persistenza della memoria"


"Comprendi la forza di queste tre parole: 
un Dio,un momento,un'eternità.
  • Un Dio che ti vede, 
  • un momento che ti fugge,
  • un'eternità che ti attende.
Un Dio che è tutto, un momento che è nulla, un'eternità che toglie o che dà tutto.
Un Dio che tu servi così male, un momento di cui ti approfitti così poco, un'eternità che tu rischi così temerariamente".

(DON BOSCO)



I Santi non smettono mai di ripeterci che "Tempus fugit, Carpe Diem"!: il tempo fugge, cogli l'attimo....perché l'attimo è l'istante prezioso in cui possiamo costruire la nostra vita futura, quella eterna e tramite il quale siamo chiamati a guadagnarci il Paradiso.

Avendo sotto gli occhi questo pensiero di Don Bosco, ho collegato alla sua figura quella della sua concittadina, la serva di Dio Suor Maria Consolata Betrone, alla quale Gesù svelò la "piccolissima via d'amore": una speciale vocazione in cui ogni istante è quello in cui la creatura può e deve dire il suo "si" al Signore, attraverso l'incessante atto d'amore.

"Amami solo, amami sempre, rispondi con grande amore un si a tutto, a tutte, sempre; ecco la tua via. Nient'altro che questo, a tutto il resto penso e provvedo Io": sono le parole con cui Nostro Signore illustrò la piccolissima via d'amore alla monaca clarissa cappuccina.
Sono le stesse parole con cui anche a noi, oggi, rivela il Suo desiderio infinito di essere amato, sempre, in tutti, in tutto.

In questa ottica di "amore continuo" nulla di quello che viviamo appare più banale o inutile: ogni gesto di amore che compiamo anche quando siamo svogliati, impegnati in cose che riteniamo più importanti, un accettare con amore e pazienza un imprevisto...tutto diventa un  un  mezzo tangibile per dire il nostro SI a Dio, per fare della nostra esistenza un "si a tutto e tutti" cogliendo l'attimo che Gesù ci offre per la santificazione nostra e di altri!

La piccolissima via dell'atto d'amore non è semplice, richiede costanza e pazienza, la famosa "fedeltà eroica" per la quale pregava la stessa Suor Consolata; è vero che non tutte le anime vi sono chiamate in maniera particolare (è in sostanza, anche questa, una speciale vocazione!) ma di fondo, ogni cristiano cattolico otterrà la felicità eterna nella misura in cui avrà amato, come ci rammentano i primi due comandamenti, che Gesù ci ricorda nel Santo Vangelo:


"Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente.

Questo è il più grande e il primo dei comandamenti.
E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso" 
(Mt 22,36-40)

L'uomo è chiamato dunque all'amore, verso Dio e verso la creatura.
Questo amore può e deve manifestarlo sempre, in ogni circostanza, con ogni persona.
Non è semplice, ma diventa più "facile" se ci poniamo  nella giusta ottica per guardare ogni cosa: quella di Dio!

Scrive Don Dolindo Ruotolo (sacerdote napoletano morto in concetto di santità):
"Tutto quello che ci attrae alle creature come tali, non è che il nostro egoismo.

Noi ne consideriamo la bellezza perché ci piace, la bontà perché è conforme alle nostre convinzioni, l'utilità perché giova al nostro tornaconto o alla nostra passione.
Amando le creature per se stesse, l'uomo si riconcentra tutto nella materia, si degrada, si forma un idolo, si dimentica di Dio e praticamente apostata da Lui".

Insomma: l'uomo è portato ad amare "sensibilmente", spontaneamente, finché trova rispondenza in determinate cose dell'altro, ma è spinto invece ad allontanarsi quando non sente simpatia, non trova punti in comune, non sente rispondenza nell'altro.
E' qui che viene il difficile, è qui che siamo chiamati ad innalzarci dal "momento" di cui parla Don Bosco all'Immutabile che è Dio, in cui tutto può essere visto sotto una luce diversa.

Scrive sempre Don Dolindo:
"Noi amiamo il sole per la sua luce e amiamo, per conseguenza, anche il cristallo dove si riflette.
Togliete quel cristallo dai raggi del sole, ed esso diventa un corpo trasparente e, se lo mettiamo al buio, è solo un corpo durissimo.
Non si può togliere, dunque, il cristallo dai raggi del sole senza togliergli ogni ragione di attrattiva.
Non è un'opera d'arte, non è un oggetto utile; non è che un piccolo sole in miniatura, quando il sole inonda.
Tu non ti curi di vedere se quel cristallo è elegante, è sfaccettato, è pulito, se non in funzione del sole e lo consideri con ammirazione quando vi luccica il sole".

Nel "Castello Interiore" Santa Teresa d'Avila paragona l'anima proprio ad un diamante, ad un cristallo: semplificando, potremmo dire che possediamo in noi un punto che, esposto alla luce di Dio, la riflette e ci consente di vederci ed amarci reciprocamente proprio in virtù del nostro essere oggetti che riflettono Dio....superando dunque le miserie umane!
Se ci guardiamo al di fuori di questa luce insorgeranno invece mille difficoltà nell'amarci, nell'andare oltre il "momento che è nulla" ed ogni difetto, antipatia, egoismo, avranno la meglio sull'amore!
Il Carpe Diem ci è possibile solo se sappiamo cogliere Colui che sta al di sopra del tempo che fugge: Dio, l'Eterno, l'Immutabile, l'Infinito!

E' bello ricordare, su questo punto, l'esempio di Santa Teresina, che nel manoscritto C di Storia di un'anima, così scriveva:
"C'è in comunità una sorella che il talento di dispiacermi in tutto: i suoi modi di fare, le sue parole, il suo carattere mi sembravano molto sgradevoli; eppure è una santa religiosa che deve essere molto gradita al buon Dio, perciò non volevo cedere all'antipatia naturale che provavo.

Mi sono detta che la carità non doveva consistere nei sentimenti, ma nelle opere, perciò mi sono impegnata a fare per questa sorella ciò che avrei fatto per la persona che amo di più.
Ogni volta che la incontravo pregavo per lei il buon Dio, offrendogli tutte le sue virtù e i suoi meriti.
Sentivo bene che questo faceva piacere a Gesù, perché non c'è artista che non ami ricevere lodi per le sue opere, e Gesù, l'artista delle anime, è felice quando non ci fermiamo all'esteriorità, ma penetriamo fino al santuario intimo che Egli si è scelto come dimora e ne ammiriamo la bellezza.
Non mi limitavo a pregare molto per la sorella che mi procurava tante lotte: mi sforzavo di farle tutti i favori possibili e, quando avevo la tentazione di risponderle in modo sgarbato, mi limitavo a farle il mio più gentile sorriso e mi sforzavo di sviare il discorso".
Quando le fu chiesto dalla consorella la ragione di tanti "sorrisi", Santa Teresina rispose: "Ciò che mi attirava era Gesù nascosto in fondo alla sua anima"!

Santa Teresa di Gesù Bambino sapeva bene che nelle tentazioni contro la carità occorre darsi da fare ed agire praticando la virtù contraria al vizio dell'egoismo verso cui si è spinti....ma è bello notare con quanta delicatezza riuscisse ad applicare, in casi estremi (la tentazione di rispondere sgarbatamente) anche la sua tattica della "diserzione": sapendo che l'essere umano è facile alla debolezza, fuggiva dal fare discorsi in via primaria, quando eccessivamente tentata...e si limitava inizialmente a sorridere.

E' una tattica che possiamo applicare anche noi: un sorriso, in circostanze simili, ci costerà forse molto meno che tante parole inutili, e sortirà un effetto certamente maggiore di molte frasi.

A volte, un gesto apparentemente banale disarma l'altro, nasconde le nostre lotte e ci consente di amare!
Un sorriso davanti all'imprevisto, ad un cambiamento dei nostri piani non dipendente da noi, ad un favore inatteso che ci viene richiesto....è il nostro modo concreto (ed anche interiore) di dire "SI"!

  • Approfittiamo dunque di ogni momento, per non sprecare nulla, secondo quando ci rammenta Don Bosco;
  • ricordiamoci che un atto d'amore, agli occhi di Gesù, vale moltissimo, più di tante preghiere che non trovino sbocco effettivo nella carità, come ci invita invece a fare la piccolissima via d'amore;
  • seguiamo anche l'esempio di Santa Teresina e vinciamo noi stessi impegnandoci ad amare vedendo nell'altro un cristallo in cui -come dice anche Santa Teresa d'Avila, come ci ricorda Don Dolindo- si riflette proprio Dio, Artista di ogni creatura.
In questo modo potremo rovesciare il finale del "Carpe Diem" di Orazio, il quale così scriveva:
"Breve è la vita- rinuncia a speranze lontane. Parliamo e fugge il tempo geloso: carpe diem, non pensare a domani".

Si, il tempo è geloso, perché nessun momento ritorna indietro, ma noi abbiamo una speranza, quella che, come ci dice San Paolo, "non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori, per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato" (Rom 5, 1-5).
Il nostro Carpe Diem deve essere dunque non rivolto ad un godimento effimero di quello che non potremmo altrimenti recuperare una volta "passato", ma un proiettarci verso l'eternità, che già fin d'ora possiamo costruire guardando alla meta finale: DIO!

Il pittore Salvador Dalì dipinse gli orologi "molli" per indicare la soggettività della percezione del tempo, che dipenderebbe dalle circostanze, dagli individui, dallo stato d'animo.
Oggettivizziamo il nostro tempo: puntiamo le lancette verso l'Eternità, misuriamo le ore, i minuti, i secondi, non con un orologio che si deforma al mutare dei nostri moti interni, ma con quello precisissimo e sempre funzionante di Gesù!
Facciamo, anzi, che il nostro orologio diventi il Suo Cuore, che batte veramente, perché è un CUORE DI CARNE!
Che ogni battito del Suo adorabile Cuore diventi la lancetta dei secondi che scandisce la nostra vita, per ricordarci le Sue parole: AMAMI! Amami sempre, amami in tutti, vedendo Me in loro!

Buon fine settimana a tutti!