domenica 14 novembre 2010

TRIDUO A SANTA GERTRUDE DI HELFTA. Secondo giorno: il valore della sofferenza



O Dio, che ti sei preparato una degna dimora nel cuore di Santa Geltrude vergine,
rischiara le nostre tenebre 
perché possiamo gustare la gioia della tua viva presenza nel nostro spirito.

Amen



Da "L'Araldo del Divino Amore":

"Quando accade che il corpo prova una sofferenza, l'anima riceve là dove c'è la parte che soffre un raggio come attraversato da una luce solare e in questo modo la rende chiara; inoltre quanto più totale e pesante è la sofferenza tanto più fa risplendere l'anima.
In particolare i dolori e le prove del cuore [vissuti] nell'umiltà, nella pazienza e in simili [virtù] danno tanto candore all'anima, quanto più arrivano a toccarla da vicino, in maniera forte e diretta.
Essenzialmente però essa si rende serena e fulgida per le opere di carità".

Diciamo e sentiamo spesso dire, che la sofferenza santifica, se vissuta con pazienza, fede, rassegnazione.
Ma Santa Gertrude, ci spiega anche quale "meccanismo" si attivi nell'anima, nel momento in cui patiamo un qualche dolore.
E splendida, ed anche confortante, questa immagine dell'anima che viene "chiarificata", resa più trasparente, aiuta a comprendere come il dolore sia una sorta di "carta vetrata" che smussi le nostre asperità, gli angoli, rendendoci, poco a poco, più....lisci...e trasparenti!
In che senso, l'anima viene resa più chiara?
Potremmo dire che accade in tanti modi...ad esempio: nel momento in cui ci colpisce un dolore fisico, riusciamo a riscoprire il valore di tanti doni che normalmente consideriamo poco importanti, o comunque non apprezziamo nella loro interezza.
Se ad esempio fossimo costretti a rimanere con la mano sinistra ingessata per un mese, ci accorgeremmo, improvvisamente, di quante cose facevamo con quella mano, anche senza essere mancini! 
Questa -e altre situazioni simili- possono spingerci (se ci lasciamo lavorare dalla Grazia), a riconoscere il valore della salute come un vero dono, per essere autonomi, per renderci di servizio agli altri.
D'altro canto, il dolore, la prova fisica, possono anche renderci "trasparenti" in un'altra ottica: ci fanno rivalutare l'importanza di molte altre cose, che in tante circostanze portiamo al primo posto della nostra scala gerarchica.
Quanti rapporti familiari, ad esempio, davanti ad una grave malattia di un parente, si rinsaldano?
Santa Gertrude, ci dice, infine, che i dolori del cuore, a certe condizioni (ossia, come li si affronta), sono quelli che maggiormente purificano (rispetto ai dolori materiali).
Il motivo è semplice da capire: ci fanno sperimentare quell'abbandono interiore, in cui a volte, l'unico amico che riusciamo a trovare, l'unico che veramente ci ascolti, su cui possiamo fare affidamento, diventa Gesù.
Quel Gesù abbandonato dai discepoli nell'Orto degli Ulivi, che ha sperimentato la solitudine, anche umana, prima di noi.
L'unico che rimanga sempre in nostra compagnia, quando anche non Lo percepissimo sensibilmente.
L'unico nel quale possiamo riversare interamente il nostro cuore e le nostre pene.

Infine, non dimentichiamo che tutti abbiamo una via ordinaria per purificare la nostra anima e vivere nella serenità di chi ha operato secondo il Vangelo: la carità.

"Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna.
E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. 
E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova".  (Cor 13, 1-3)

Che Santa Gertrude ottenga per noi, dal Signore, di vivere animati dall'ardente desiderio di santificarci, rendendo sempre più "chiara" la nostra anima!

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