martedì 27 aprile 2010

Luci spirituali e aridità, nella dottrina di San Giovanni della Croce e Santa Teresa d'Avila -ULTIMA PARTE-



Qui potete leggere la quarta parte

Anche Santa Teresa d'Avila ci fornisce delle indicazioni preziose, per discernere la fonte della luce interiore. 
E' un discorso che la Santa riferisce alla quiete nell'orazione, ma ben si può adattare ad un discorso anche più generale di discernimento dell'origine della consolazione spirituale: “se proviene dal demonio, ritengo che l'anima dotata di esperienza se ne accorgerà, perché lascia inquietudine, poca umiltà e poca disposizione per gli effetti prodotti dallo spirito di Dio, nessuna luce nell'intelletto né fermezza nella verità. Ma può fare poco o nessun danno, se l'anima indirizza a Dio la gioia e la dolcezza che prova in quello stato e  pone in lui ogni suo pensiero e desiderio. Il demonio non può guadagnare nulla, anzi Dio permetterà che, a causa dello stesso diletto che produce nell'anima, perda molto, perché questa, pensando che venga da Dio, si darà spesso all'orazione (o anche alla preghiera semplice, potremmo dire per chi non pratica l'orazione), con vivo desiderio di lui. E se è un'anima umile e non curiosa, né ha cura dei diletti, ancorché spirituali, ma amante della croce, farà poco conto del piacere procuratole dal demonio, mentre non potrà fare altrettanto se è spirito di Dio, che terrà, invece, in gran stima. Tutto ciò che presenta il demonio è una menzogna come lui, ma se vede che l'anima, per effetto di quel piacere  e di quel diletto si umilia (perché di questo deve molto preoccuparsi: procurare in tutte le cose spirituali di uscirne con grande umiltà), non tornerà spesso all'assalto, vedendo che ne esce sconfitto”. E nel “Cammino di perfezione”, la mistica carmelitana ci spiega cosa sia infatti l'umiltà: “l'umiltà non consiste certo nel rifiutare un dono che il re vi fa, ma nell'accettarlo riconoscendo quanto ne siete immeritevoli, e gioirne”.
Agendo con tale “distacco”, il Signore non mancherà di ricompensare l'anima. San Giovanni della Croce afferma che “Dio non mancherà di condurla, di grado in grado, sino all'unione e trasformazione in Lui” e ci concederà quei “favori”, quelle “luci” che ci faranno progredire nella vita spirituale.
Non solo, ma, come spiega Santa Teresa d'Avila, ne avremo tre vantaggi: “la conoscenza della grandezza di Dio, perché più testimonianze abbiamo di essa e più riusciamo a capirla; in secondo luogo la conoscenza di noi stessi e l'umiltà, al pensiero che un essere così basso nei confronti del Creatore di tante meraviglie abbia osato offenderlo al punto che non osa guardarlo; in terzo luogo, infine, il disprezzo di tutte le cose della terra, fatta eccezione per quelle che può rivolgere al servizio di un così grande Dio”.
Ci si potrebbe porre, a questo punto la stessa domanda che si pone, nel “Castello Interiore”, Santa Teresa d'Avila...la quale ci offre anche la sua risposta! “Mi direte: ma in questo modo, senza procurarseli, come si potranno avere? A ciò rispondo che non ve n'è un altro migliore di quello che vi ho indicato, cioè di non far nulla per procurarveli. Eccovene le ragioni: la prima, perché, per ricevere queste grazie, bisogna anzitutto amare Dio senza interesse; la seconda, perché è una piccola mancanza di umiltà pensare che per i nostri miseri servizi si debba ottenere un bene così grande; la terza, perché la vera disposizione a tale scopo, per noi che, infine, abbiamo offeso il Signore, è il desiderio di soffrire e di imitarlo, non di avere diletti spirituali; la quarta, perché Sua Maestà non è obbligato a darceli, come non è obbligato a darci il paradiso se osserviamo i suoi comandamenti, potendoci salvare anche senza di questo; egli sa meglio di noi ciò che ci conviene e chi siano coloro che lo amano davvero. La quinta ragione è che” se lavorassimo noi stessi per procurarci queste gioie, “lavoreremmo invano, Infatti, non essendo quest'acqua condotta attraverso canali (ossia, non sono “luci” che ci possiamo procurare da noi stessi, alimentandoci con qualche cosa) giovano a poco i nostri sforzi, se la fonte non vuol fornirla”. 
Dunque, nel momento in cui Dio vorrà offrirci qualche luce e consolazione spirituale, che produca gli effetti “positivi” di cui parla San Giovanni della Croce, rendiamoGli lode e facciamone buon uso, per il progresso spirituale personale e dei nostri fratelli. Afferma infatti Santa Teresa d'Avila, nel Libro della Vita: “è necessario rinnovare le forze per servire Dio e cercare di non essere ingrati, perché ci concede i suoi doni a questa condizione: che se non facciamo buon uso del tesoro che ci dà e dell'alto stato in cui ci pone, ce lo riprenderà, facendoci restare molto più poveri di prima, per dare le sue gioie a coloro in cui risplendano con proprio ed altrui vantaggio”. 
Anche “L'imitazione di Cristo” ci offre lo stesso consiglio: “Quando, dunque, ti viene concessa da Dio una consolazione spirituale, ricevila e ringrazia; ma renditi conto che è dono di Dio, non frutto del tuo merito. Non insuperbirtene, non esserne troppo lieto, non presumere scioccamente di te; al contrario, per questo dono sii più umile, più cauto e prudente in tutte le tue azioni, perché quell'ora passerà e le terrà dietro la prova. Quando, però, ti sarà tolta la consolazione divina, non disperare; attendi con umiltà e pazienza un'altra visita celeste, perché Egli può darti una consolazione anche più grande”.
Nell'intervallare luci e aridità, il Signore vuole infatti disporre l'anima, oltre che all'umiltà e alla capacità di amarLo in sé stesso e non per i suoi doni, anche ad una maggiore unità con Lui, ed ad una più intensa comprensione della Verità. Sempre nell'Imitazione di Cristo, leggiamo infatti: “La consolazione divina è concessa perché l'uomo sia più forte a sostenere le  tribolazioni”.
In un certo senso, potremmo qui applicare le parole del Vangelo di Marco, in cui Gesù, prima della moltiplicazione dei pani e dei pesci, disse: “Sento compassione di questa folla, perché già da tre giorni mi stanno dietro e non hanno da mangiare. Se li rimando digiuni alle proprie case, verranno meno per via; e alcuni di loro vengono di lontano”. (Mt 8,2-3). A livello “spirituale”, è come se Nostro Signore ci dicesse di non temere le aridità, perché conosce bene la nostra natura incostante e fragile e per questo motivo non disdegnerà di offrirci qualche consolazione interiore, per renderci più sopportabile il cammino in salita verso di Lui!
 Un cammino che necessariamente passa attraverso la “croce”, come ci rammenta, ancora una volta, “L'imitazione di Cristo”: “Nessuno diventa idoneo a comprendere le cose celesti, se prima non si sia assoggettato a sopportare per Cristo le avversità. Il merito nostro ed il profitto della nostra condizione spirituale non consistono nell'abbondanza delle soavi consolazioni, ma piuttosto nella sopportazione delle pesanti difficoltà e pene. E se ci fosse stato qualche cosa di meglio e di più utile della sofferenza per la salvezza degli uomini, Cristo certamente ce lo avrebbe indicato con la parola e con l'esempio”.
“Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mt 16,24)
Possano, queste parole di Gesù, condurci a Lui, anche e soprattutto nel momento della prova e dell'aridità spirituali, sicuri che Dio dispone ogni cosa per il nostro bene eterno e per la Sua Gloria e che il Suo aiuto, anche quando a noi non appare palesemente, non verrà mai a mancarci, se lo  invocheremo con cuore sincero. 

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