venerdì 2 aprile 2010

E' LA COMUNIONE CHE CI FA CHIESA! L'appello accorato del Santo Padre, nell'omelia della Messa in Coena Domini






“Che cosa chiede precisamente il Signore? Innanzitutto, Egli prega per i discepoli di quel tempo e di tutti i tempi futuri. Guarda in avanti verso l’ampiezza della storia futura. Vede i pericoli di essa e raccomanda questa comunità al cuore del Padre. Egli chiede al Padre la Chiesa e la sua unità”. 
Si apre così, quasi in chiusura d'omelia, lo squarcio sulla “Via Crucis” della Chiesa Cattolica, un calvario che non ha storia, che in ogni tempo si ripete, con modalità diverse, ma un fine sempre unico: indebolire e “svilire” la dignità della comunità fondata da e su Gesù Cristo. Quello stesso calvario che ultimamente si snoda nuovamente, ben preparato a tavolino da mani e menti più o meno note, con mezzi più o meno scorretti e per finalità più o meno condivisibili. 
Il più ed il meno dipendono dai punti di vista, si potrebbe dire.
Ma il Papa rammenta, nell'omelia della Messa in Cena Domini di questo giovedì Santo, che il “più o meno”, per un cristiano, non ha senso di esistere.
Quel “si si, no no” che il Vangelo consiglia come linguaggio di verità ai seguaci di Cristo, si rispecchia nelle parole scelte da Benedetto XVI per la sua omelia di ieri sera. 
Un' omelia che punta il dito sulla necessità di una scelta di fondo, nella vita di un cristiano: optare per Dio, conoscerlo attraverso Colui che ce lo ha rivelato e diventare “amici”.
Ed in questa amicizia relazionarci non solo con il Creatore, ma anche con le creature, nell'unità della Chiesa che il Signore stesso ha voluto ed ha chiesto al Padre.
E non solo: uscire dall'ottica finto-buonista e finto-pietista di chi, a fronte di bufere che si abbattano contro la Chiesa, così come davanti al “tradimento” dei Giuda di turno ed alle colpevoli responsabilità di alcuni, si “scandalizzi” chiedendosi semplicemente : “Dov'è Dio, ora? Perchè permette questo?" concludendo "La Chiesa fa acqua da tutte le parti!”. 
Il discorso del Santo Padre  prospetta lo scenario del Dio onnisciente ma che lascia libero l'essere umano.
Libero anche di sbagliare, di macchiarsi di crimini e peccati, di minare -in tal modo- l'unità della Chiesa da Lui costruita a prezzo di sangue. Il Sangue del Figlio. 
Ma il Signore,  dice il Papa, sa bene tutto questo. 
Conosce e conosceva anche nel momento della sua “storicità” dell'Incarnazione e della sua agonia nel Getsemani, le difficoltà che la Chiesa avrebbe vissuto e i “pericoli” cui sarebbe potuta e può -tutt'ora- andare incontro. E ciononostante chiede, per questa Sua Chiesa, l'unità.
La parola allora sottesa a queste parole di Benedetto XVI è dunque una sola: FIDUCIA!  
Fiducia nella Chiesa, anche quando sembrerebbe vacillare sotto i colpi di cannone di altre galee -che circondandola da più parti tentano di affondarla- mentre il mare è in tempesta. Fiducia nella purezza di tanti che -ancora oggi- testimoniano con la scelta radicale della consacrazione non solo a parole, ma con i fatti e con l'integrità della condotta e con l'impegno quotidiano, che le mele marce non fanno tutto il canestro di frutta, ma sono solo la parte da “mondare”! 
Fiducia in colui che lo Spirito Santo sceglie per assistere e guidare la barca, anche e soprattutto nei momenti di tempesta, in quelle circostanze storiche durante le quali il Signore sembra “dormire”, ma in verità veglia con lui e ne indirizza la mano sul timone.
“Due volte il Signore dice che questa unità dovrebbe far sì che il mondo creda alla missione di Gesù. Deve quindi essere un’unità che si possa vedere – un’unità che vada tanto al di là di ciò che solitamente è possibile tra gli uomini, da diventare un segno per il mondo ed accreditare la missione di Gesù Cristo”.
Sorge spontaneamente una domanda, ascoltando questo passo dell'omelia del Santo Padre.
Un quesito che precede quello che, di qui a poco, lo stesso Papa ci propone nel suo sermone.
Quale unità, in questo momento, i cristiani cattolici stanno “sfoggiando”? 
L'unità delle difese tardive? Degli appoggi non incondizionati, non a priori, bensì tardivi, troppo “meditati” ed a volte insufficientemente “documentati”?  
L'unità delle dichiarazioni ritrattate, delle espressioni allusive che si prestino a manipolazioni giornalistiche, che richiedano successivamente una “spiegazione ufficiale”? 
E qui si è in verità solo alla prima parte del quesito, quello che investe le alte sfere delle gerarchie ecclesiastiche, a volte troppo “impegnate” o poco preparate a certi eventi, per dimostrare una piena e immediata “unità” al Vicario di Cristo. 
Altre volte -ben peggiori delle prime- queste stesse gerarchie appaiono lontane dal pensiero e dal magistero papale (“più o meno" palesemente) e quindi, per nulla interessate a calarsi in un ruolo difensivo-strategico che non converrebbe loro.
Ma c'è un secondo quesito, che si potrebbe rivolgere alla “Chiesa locale”, quella composta da piccole diocesi, piccole parrocchie, piccole comunità di fedeli laici. 
Quale unità si sta dimostrando a questo livello? 
Quella delle “parrocchie senza Papa”, che scelgono il silenzio come “strategia” più o meno consapevole, per glissare su un argomento forse “scottante” o sul quale non si ha la necessaria conoscenza di fatti ed eventi (dati alla mano) per difendere l'operato del Santo Padre?
O  quella -nell'uno e nell'altro caso- del disinteresse “orante”, per cui non si ritiene che abbia un senso (e tanto meno che ci sia l'urgenza di) pregare e chiedere di pregare espressamente per questo momento così drammatico nella storia della Chiesa? 
Ed infine....l'unità è forse quella dei tanti fedeli laici, completamente apatici, neppure minimamente interessati a “capire”, ma ai quali basti leggere (più o meno) distrattamente qualche titolone di giornale, per avere (sempre più o meno) l'idea della verità e dunque poter attaccare o difendere (a secondo dei “più o meno” per i quali si propenda in seguito), il Papa e la Chiesa?
Sono domande magistralmente “riassunte” nell'elevato ed accorato appello del Papa.
Un appello che ripropone l'invito alla sequela di Gesù, che a ciascun cattolico “chiede vivi tu, mediante la fede, nella comunione con me e così nella comunione con Dio? O non vivi forse piuttosto per te stesso, allontanandoti così dalla fede? E non sei forse con ciò colpevole della divisione che oscura la mia missione nel mondo; che preclude agli uomini l’accesso all’amore di Dio? È stata una componente della Passione storica di Gesù e rimane una parte di quella sua Passione che si prolunga nella storia, l’aver Egli visto e il vedere tutto ciò che minaccia, distrugge l’unità. Quando noi meditiamo sulla Passione del Signore, dobbiamo anche percepire il dolore di Gesù per il fatto che siamo in contrasto con la sua preghiera; che facciamo resistenza al suo amore; che ci opponiamo all’unità, che deve essere per il mondo testimonianza della sua missione”.
La voce del Papa attualizza la voce di Cristo, quella voce che da secoli ripete: “Molti sono i chiamati, ma pochi  eletti”(Mt 22,14) e  “se un regno è diviso in se stesso, quel regno non può reggersi” (Mc 3, 24).  
Se ogni cattolico, a partire dal battesimo, viene chiamato a far parte della comunità universale della Chiesa e se questa comunità ha come suo fondamento visibile di unione su questa terra, il Vicario di Cristo, c'è da chiedersi allora quello che Gesù stesso, nelle parole del Santo Padre, rivolge come inquietante interrogativo a ciascuno dei suoi seguaci, dei suoi discepoli d'oggi. “Vivo io, mediante la fede, nella comunione? Ed in questa comunione alimento la fede VERA in Cristo Gesù, che trovi fondamento nella Parola, nel Sacramenti, nel Magistero della Chiesa, unica interprete della rivelazione divina”? 
 Se a tali domande la risposta è “NO” allora c'è forse da dire che il relativismo e la fede fai da te, da cui molte volte il Santo Padre ha messo in guardia i cristiani cattolici d'oggi, ha preso spazio nella propria vita interiore e quell'acqua con cui, ogni giovedì Santo si ripete il rito della “lavanda dei piedi” è diventata l'acqua della secolarizzazione, che ha sciacquato via il senso dell'unità, della fede "immutabile" nella sua sostanza e nella sua ortodossia, per lasciar spazio ad un credo individuale, senza punti di riferimento, che non sia testimone visibile dell'unità richiesta da Cristo e rammentata dal Papa.
L'omelia di ieri è dunque uno sprone ad una riflessione profonda -personale e collettiva- sulla capacità di testimoniare, con fiducia, quell'unità a cui Gesù ha chiamato, chiama e chiamerà i suoi discepoli, unità che si dimostra -oggi più che mai- con la vicinanza, con la “conoscenza”, con la relazione amichevole col Santo Padre e con il suo prezioso magistero.


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