domenica 28 marzo 2010

Luci spirituali e aridità, nella dottrina di San Giovanni della Croce e Santa Teresa d'Avila -PRIMA PARTE-



“L'anima che, malgrado le aridità e le prove, si sottomette a ciò che detta la ragione, è più gradita a Dio di quella che, senza seguirla, fa tutte le sue cose con piacere”. (San Giovanni della Croce, Detti di luce e di amore)




San Giovanni della Croce, mistico carmelitano, incoraggia con queste parole, quanti decidano di intraprendere un cammino di conversione e preghiera e sprona allo stesso tempo coloro che già abbiano cominciato a percorrere questa strada di cambiamento interiore.
Con semplicità , il santo spagnolo rammenta che la vita spirituale non è sempre allietata da luci e consolazioni, al contrario, il Signore spesso ci priva di esse, con l'unico scopo di temprarci, stimolarci, mettere alla prova la nostra fede e “purificarci”, rendendoci capaci di amarLo per Sé stesso e non per i doni che, di tanto in tanto, Egli ci offre.
Anche il Santo Padre ci ha ricordato che la nostra fede non deve basarsi esclusivamente su questi “regali spirituali”, affermando, prima dell' Angelus del 28 febbraio, che “la Trasfigurazione ci ricorda che le gioie seminate da Dio nella vita non sono punti di arrivo, ma sono luci che Egli ci dona nel pellegrinaggio terreno, perché Gesù solo sia la nostra Legge e la sua Parola sia il criterio che guida la nostra esistenza”. 
Le parole del Papa ci indicano dunque con chiarezza le basi solide della nostra esistenza di cristiani: Gesù e l'insegnamento che ci viene dalla Sua Parola.
Il Vangelo ci presenta il Figlio di Dio sempre immerso nella preghiera, in un “a Tu per Tu” con il Padre. 
E questa è una modalità del rapporto con Lui che non ha “stacchi”, ma si realizza in un “flusso” ininterrotto, con l'invito, ai cristiani di ogni tempo, ad  una preghiera costante, incessante, a prescindere dalle circostanze. “Pregate incessantemente, senza stancarvi, in ogni necessità”, esorta San Paolo.
Il Vangelo non manca tuttavia di sottolineare, in alcuni momenti particolari, anche  il “salire sul Monte”, o il “ritirarsi a pregare”; tra le due “fasi” della preghiera, non vi è però mancanza di “continuità”: noi possiamo e dobbiamo fare della preghiera una sorta di costante “immersione” in Dio e nell'adorazione, nella lode, nel ringraziamento, anche nell'espressione a Lui dei nostri bisogni. 
Ma, in alcune fasi della nostra vita -anzi, quotidianamente- c'è la necessità di isolarci, per fare della preghiera un momento di maggiore intimità con Dio. 
E' quello che capita a chiunque sia innamorato: l'amato, l'amata, sono sempre presenti nel nostro cuore, qualunque cosa facciamo, dovunque andiamo, non cessiamo di custodire nel cuore la persona   a noi più cara. In certo modo, quell'amore che noi proviamo, ci è di stimolo all'agire, ci rende più “vitali”. Potremmo dire metaforicamente, che quel sentimento “ci anima”. Ma una vera relazione esige anche un momento di solitudine, l'incontro con l'amato in cui poter raccontarsi e ascoltarsi in piena libertà, lontano dagli sguardi degli altri, in totale sincerità.
 Ed è quello che accade anche nella relazione di preghiera personale.
L'esempio degli innamorati può essere utile, oltre che per comprendere la dimensione continua della preghiera, anche  il discorso di San Giovanni sulle aridità spirituali.
L'innamoramento, inteso come fase “iniziale” di un rapporto, è pregno di una forte carica emotiva. Tutto appare nuovo, meno difficoltoso del solito, perché ci sentiamo ricolmi di amore e, soprattutto amati. 
Ma “l'innamoramento” non dura per sempre, o meglio, esso può (e forse dovrebbe!) mantenersi nel tempo laddove fosse inteso come uno scoprire continuamente nell'altro qualcosa che non ce lo faccia apparire come “noioso, piatto e privo di interesse”. 
Ma ad esso deve affiancarsi anche l'amore, ossia quel sentimento che consenta ad una relazione di essere stabile indipendentemente dall'emozionalità del momento. 
Gli sposi, che stanno insieme da molti anni, sapranno di certo meglio di me, che nella vita di coppia si affrontano momenti difficili, in cui occorra dare maggiore spazio alla razionalità, piuttosto che al sentimento. Situazioni in cui il vero traino diventa la volontà, anche quando particolari difficoltà portino a non “sentire” in maniera sensibile l'euforia vitale dell'amore. 
Non per questo, in quei momenti, farsi trascinare dalla volontà di amare l'altro e non semplicemente dall'amore sensibile, significa amare di meno. 
Al contrario, si ama di più, perché si mantiene fede all'impegno assunto nel matrimonio, anche quando il sentimento non viene percepito con i sensi. I matrimoni in cui i coniugi riescono a capire ed attuare questo concetto, sono quelli che riescono ad affrontare e superare lo scoglio del tempo. Quelli in cui, invece, si è convinti che la “passione” sia il termometro della vita di coppia, rappresentano le relazioni in cui la colonnina del mercurio scoppia presto. Finita la passione, finito l'amore. Per chi ragiona in questi termini, la volontà non ha spazio e l'amore viene erroneamente identificato con il “sentire a pelle”.
Per spiegarci meglio, prima di analizzare direttamente le parole di San Giovanni riferite al rapporto con Dio, si potrebbe portare anche un altro esempio.
Un genitore, a volte, è costretto a ricorrere, con i proprio figli, alle “punizioni”. Non mi riferisco a quelle corporali, ma anche ad una “imposizione” che abbia lo scopo di far maturare il figlio, facendogli prendere coscienza del proprio sbaglio e rendendolo quindi in grado di non cadere più nel medesimo errore.
Un padre  e una madre saranno di certo più soddisfatti di un figlio nel momento in cui lo vedranno -per affetto filiale, che si manifesta anche nella giusta obbedienza- mettere in pratica quanto richiesto, sottostare alla punizione, che di certo non eseguirà per amore di ciò che fa, ma con la volontà di rispettare il genitore, che in questo modo lo aiuta a crescere.



Ecco, Dio, che è “Padre Nostro”, ci dice San Giovanni della Croce, è più contento di noi quando agiamo mossi non dalle consolazioni spirituali che a volte ci offre, ma dalla ragione e dalla volontà di amarLo, testimoniandoGli questo nostro amore a maggior ragione nel momento in cui la preghiera, la vita spirituale, non ci offrano particolari “emozioni” sensibili e quindi non ci diano una “immediata” ricompensa.



Fine della prima parte

2 commenti:

  1. Mi è piaciuto l'accostamento tra gli innamorati (l'innamoramento) e il vero amore, sia riguardo agli sposi che nei confronti del Signore, La volontà di amare Dio ed il prossimo deve andare oltre al movimento del cuore e dei sensi, ma riposare dentro l'anima. Allora sarà per sempre!!!

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  2. eheheh, ho preso esempio da San Giovanni della Croce, che usa spesso il paragone fra l'amore fra Dio e l'anima e quello fra due persone che si amano:)
    Grazie per aver letto, un abbraccio!

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